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Siza e Souto de Moura: scoprire le differenze

Siza e Souto de Moura: scoprire le differenze

Visita parallela alle due mostre monografiche che rendono omaggio ai 65 e ai 40 anni di attività dei due maestri portoghesi

 

PORTO (PORTOGALLO). Nel Museo di Arte contemporanea di Serralves, l’esposizione “Álvaro Siza: In/disciplina”, celebra i 20 anni di vita dell’edificio progettato dallo stesso Siza. A Matosinhos, a 15 minuti di distanza da Serralves, la Casa da Arquitectura presenta “Souto de Moura – Memória, Projectos, Obras”. Le due esposizioni monografiche percorrono i 65 anni di attività di Siza, con una selezione di 30 progetti concepiti tra il 1954 e il 2019, e i 40 anni di attività di Souto de Moura, con una selezione di 40 progetti tra il 1979 e il 2019. Nel mezzo di questi numeri e date, è interessante notare che entrambi gli architetti sono stati insigniti del Pritzker Prize all’età di 59 anni: Siza nel 1992 e Souto de Moura nel 2011.

 

Eduardo Souto de Moura

L’esposizione di Matosinhos nasce dal recente deposito della totalità del suo archivio presso la Casa da Arquitectura. Su un tavolo di 60 metri, che si estende dentro la navata della sala principale, sono esposti 34 progetti con modelli, disegni, foto e schizzi originali delle diverse fasi, in un allestimento scenico che privilegia l’illuminazione dei plastici e distacca le fotografie di Luís Ferreira Alves. I curatori hanno proposto “un viaggio ordinato in forma cronologica”, senza divisione per temi, programma, scala o fasi.

L’esposizione si apre con il progetto della riconversione di una rovina nel Gerês (1980-82) e si chiude con la cappella del Vaticano per la Biennale di Venezia (2018): due opere che sottolineano l’importanza del tema della rovina nell’opera di Souto. Nonostante l’assenza di possibilità di lettura assunta dai curatori nella struttura dell’esposizione, possiamo costatare, nel giro del tavolo a fondo sala, esattamente a metà del “viaggio”, un salto di scala nel percorso di Souto che coincide con l’enorme fotografia del progetto della riconversione della fascia litoranea di Matosinhos-Sul (1995-2002). Da tale “svolta” iniziano infatti a sorgere i progetti che corrispondono al cambio di scala e di programma: la metropolitana di Porto (1997-2005), lo stadio municipale di Braga (2000-2003) o la Casa das Histórias (2005-2009); opere che si rivelano fondamentali per il riconoscimento internazionale, nell’attribuzione del Pritzker. La mostra continua poi nella Galeria da Casa, con la presentazione di sei progetti attualmente in corso, in una sala che riproduce l’ambiente di lavoro dell’ufficio di Souto, con illuminazione e proporzioni spaziali simili, con disegni e pannelli alle pareti, e plastici sparsi sui tavoli. Su una parete, troviamo le 66 pagine della relazione del tirocinio alla ESBAP (1980) di Souto: una piccola reliquia che avrebbe dovuto essere inclusa nella sezione “Memoria” del catalogo.

Álvaro Siza

Per l’allestimento espositivo di Serralves, i curatori si sono ispirati al “tavolo rovesciato” del controsoffitto – che permette l’ingresso di luce zenitale – replicandone le dimensioni esatte, ma ruotandolo di nuovo, per divenire il tavolo di supporto dei disegni e modelli, un delicato omaggio a uno degli elementi architettonici più marcanti del museo concepito dall’architetto. Però, l’opzione di collocare i modelli sull’asse centrale del tavolo, molto profondo, ha finito per condizionare l’accesso e la scoperta dei dettagli e delle diverse prospettive dei plastici. La lettura dei modelli risulta infatti migliore a Matosinhos, per la possibilità di girarci intorno e toccarli. Ma la presentazione di 17 facsimili dei famosi quaderni neri di Siza, per la libera consultazione, si è rivelata invece un’opzione felice e pertinente per la comprensione dell’annunciato mondo indisciplinato del maestro, permettendo di scoprire tra le pagine appunti inediti, molte volte sovrapposti a disegni ossessivi di dettagli o di figure umane. Il motto di questa mostra, secondo i curatori, è stata l’«in/disciplina» di Siza, con cui «l’autore concepisce e costruisce i suoi progetti esplorando indisciplinatamente le potenzialità del contesto, del disegno e della forma: luogo a luogo, opera ad opera». Percorrendo l’esposizione, si capisce che i curatori offrono anche un’altra chiave di lettura: l’idea di «laboratorio disciplinare», con cui Siza approfondisce relazioni, processi e metodi in un determinato contesto spazio-temporale.

Questa chiave di lettura ne percorre i quattro blocchi temporali, che ordinano i 30 progetti in senso cronologico. Il primo blocco (1954-1979) presenta le prime opere a Matosinhos e l’esperienza del SAAL (Serviço Ambulatorio de Apoio Local) a São Victor e a Bouça, come i due primi «laboratori disciplinari». Nella seconda parte (1980-1988) è presentata Berlino, con i vari concorsi e il “Bonjour tristesse”, mentre nel terzo blocco (1988-1999) c’è l’esperienza di Lisbona con il quartiere del Chiado e l’Expo 98. L’ultimo settore (2000-2019) chiude il percorso con i progetti recenti, del XXI secolo, nel quale, secondo i curatori, «Siza prende il mondo, per intero, come un suo decisivo “laboratorio disciplinare”, conquistando una peculiare condizione: né locale, né globale, ma prima di tutto universale». Di fronte a questa possibile lettura, pensiamo che l’idea di «laboratorio disciplinare» avrebbe potuto essere il vero motto della mostra. Oltre ai 30 progetti, la mostra presenta altre tre sezioni: “Percorsi, 1933-1992”, sull’universo personale di Siza; “Testimonianze, 2018-2019”, con 26 videointerviste di architetti di tutto il mondo; e “Registri, 1960-2019”, omaggio ai vari fotografi ed editori che ne hanno pubblicato le opere in riviste e libri.

Scoprire le differenze

Viviamo oggi un momento in cui curiosamente c’interessa capire meglio le differenze e le contraddizioni che esistono tra Siza e Souto de Moura, più che incontrarne similitudini e continuità. Non si tratta, perciò, di celebrare la singolarità del percorso o dell’opera; si tratta, soprattutto, di confrontare l’individualità e l’autonomia di ciascun architetto, di ciascun discorso. Oltre al condividere lo stesso contesto e la stessa cultura architettonica, resta evidente, con l’ampia retrospettiva di queste due grandi mostre, che siamo di fronte a mondi con diversi ritmi, riferimenti e linguaggi che contrastano la narrazione delle tre generazioni di architetti che si susseguono nella mitica sequenza dinastica e da matrioska in cui Souto de Moura (1952) deriva da Siza (1933), che a sua volta deriva da Fernando Távora (1923). Per questo, vorremmo opporre la tendenza a una lettura in continuità, e provare una dissociazione tra Siza e Souto, in un esercizio immaginario di interpretazione autonoma di ciascuno, come se non esistessero le circostanze della vicinanza personale e professionale. Souto deve così essere inteso per la sua architettura, per la sua opera, per il suo discorso, andando oltre le coincidenze.

Tra Matosinhos e Porto, lanciamo la sfida a scoprire le differenze tra queste due mostre; non solo di posizionamento teorico o linguistico, ma anche nell’approccio dei curatori. A Matosinhos è presentata una sfilata di progetti che vuole «sottolineare la rilevanza dell’opera di Souto», con un proposito chiaramente «documentale», «disponibile alla più diverse analisi, interpretazioni, speculazioni». A Porto, è messo in atto un discorso che cerca di organizzare il percorso di Siza come un corpo di frammenti in costante relazione: un corpo esemplarmente illustrato attraverso il disegno scelto per divulgare l’esposizione. Entrambe le mostre presentano elementi fondamentali per una maggior comprensione del processo individuale del pensiero progettuale in corso. Tra un approccio dei curatori più neutro e uno più discorsivo, sentiamo che si sarebbe potuto andare oltre alla decostruzione dei percorsi, delle perplessità, delle crisi e dei momenti di stallo. Al posto di una limpida chiarezza in una linea espositiva cronologicamente continua e documentaristica, Siza e Souto meriterebbero una maggiore volontà di perturbarne le opere, un’interpretazione critica che ne addizioni dramma, interrogativi, complessità e disequilibrio.

(testo adattato da “Ípsilon, Público”, 22 novembre 2019. Traduzione di Elisa Pegorin)

 

“Álvaro Siza: In/disciplina”
A cura di Nuno Grande e Carles Muro
Museo di Arte Contemporanea, Fondazione Serralves, Porto
Fino al 2 febbraio 2020

“Souto de Moura – Memória, Projectos, Obras”
A cura di Francesco Dal Co e Nuno Graça Moura
Casa da Arquitectura, Matosinhos
Fino al 6 settembre 2020

Autore

  • Pedro Baía

    Critico di architettura per il quotidiano «Público» dal 2017. Co-fondatore e co-direttore di Circo de Ideias, dove coordina dal 2008 varie pubblicazioni di architettura, conferenze e mostre. Ricercatore al Laboratorio di Paesaggio, patrimonio e territorio dell’Università del Minho, con il progetto di ricerca «Team Ten Farwest: revisione critica del Movimento moderno in Portogallo e Spagna, 1951-1981»

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Last modified: 11 Dicembre 2019