Visita alla mostra a cura di Maristella Casciato e Fulvio Irace nel quarantesimo della scomparsa. Fino al 13 aprile al MAXXI
ROMA. La mostra “Gio Ponti. Amare l’architettura” offre uno spaccato significativo della produzione dell’architetto milanese, tratteggiando la figura di un professionista, artista e intellettuale a tutto tondo. L’evento s’inserisce tra le iniziative organizzate per i quarant’anni dalla morte di Ponti (1891-1979), una distanza che consente di guardare alla sua opera senza condizionamenti ideologici.
Come nel caso di Mario Ridolfi, infatti, la sottovalutazione e poi la riscoperta di Ponti sono state legate in fasi diverse a un’interpretazione forzata della sua figura, prima come architetto della borghesia poco interessato ai problemi etici e sociali posti dal Movimento moderno, poi come precursore di quel gusto postmoderno che si andava affermando negli anni ’80, quando Ugo La Pietra e lo stesso co-curatore Fulvio Irace gli dedicano le prime monografie. La selezione dei materiali esposti, frutto di un lavoro di ricerca presso il CSAC e il Gio Ponti Archives, non è stata semplice, vista l’incredibile mole di progetti e documenti prodotti da Ponti nel lungo arco della sua vita. Così come non è stato facile suddividere in otto nuclei tematici l’opera di un architetto totale che interpreta sempre il progetto come sintesi formale, a prescindere dalla scala e dal tema affrontato.
Disegni, modelli originali, immagini d’epoca e scatti appositamente commissionati a fotografi d’architettura, libri e riviste, oggetti di design, sono organizzati in parte rispetto ai temi di progetto o di ricerca: la sezione “Verso la casa esatta” è dedicata alla ricerca sullo spazio domestico e centrata sull’appartamento dell’architetto in via Dezza a Milano, mentre le ville unifamiliari e i complessi turistici progettati in ambienti dalla forte caratterizzazione naturalistica sono collocati nella sezione “Abitare la natura”. Non senza qualche inevitabile forzatura, si tenta anche una classificazione dei temi compositivi ricorrenti nell’opera dell’architetto: i progetti che lavorano su volumi compatti sono ricondotti alla categoria “Classicismi”; quelli che declinano il tema del piano traforato si trovano nella sezione “Architettura della superficie” ma anche in “Facciate leggere”, mentre la sezione “L’architettura è un cristallo” raccoglie le opere dalle forme chiuse e sfaccettate. Le sezioni “Apparizioni di grattacieli” e “Lo spettacolo delle città” fanno invece riferimento alla scala dei progetti, raccogliendo i piani urbani e le opere che hanno contribuito a costruire l’immagine di diverse città, prima fra tutte Milano. Le forme e i colori ricorrenti nei progetti e nella grafica di Ponti sono riproposte nei supporti che compongono l’allestimento, nel tentativo di ricreare uno spazio “pontiano” con tavoli e pannelli, ma anche attraverso la ricostruzione di una reading room dove i visitatori possono apprezzare le qualità dei suoi ambienti domestici seduti sulle eleganti poltrone Molteni disegnate nel 1953 per la sua casa.
La rassegna consente di scoprire non solo la visione estetica di Ponti, ma anche il suo contributo fondamentale all’affermazione dei valori dell’architettura. Le frasi più celebri e suggestive dell’architetto milanese, tratte da interviste e scritti, sono stampate sulle pareti del MAXXI e accompagnano il percorso di avvicinamento allo spazio della mostra anticipando la sua visione dell’architettura e dell’arte. Accanto ai progetti esposti si trovano anche alcuni contributi video in cui Ponti in prima persona spiega i suoi progetti in modo brillante e comunicativo rivolgendosi al grande pubblico. Lo stesso titolo della mostra evoca un suo noto libro del 1957, un tentativo di costruire una cultura condivisa che riconoscesse l’architettura come espressione della civiltà italiana, nel contesto di un Paese che si andava ricostruendo dopo i disastri della guerra. Un’architettura per tutti, “scenario e soccorso della nostra vita”, un’architettura da amare in tutte le sue espressioni, “la antica, la moderna”. Un progetto culturale nato in un contesto nel quale la committenza pubblica e privata sembrava condividere la fiducia nell’architettura come arte in grado di dare forma alle ambizioni di un Paese che guardava con fiducia al proprio futuro; anche se l’esposizione lascia soltanto intuire la realtà nella quale Ponti operava, scontando il limite dell’approccio monografico orientato a celebrare soprattutto il genio e l’esperienza eccezionale del singolo protagonista. La mostra è in questo senso una preziosa occasione per riflettere sull’eredità culturale di Ponti, difficile purtroppo da rintracciare se si considerano lo stato di profonda delegittimazione nel quale versa la disciplina in Italia e il ruolo sempre più marginale che riveste nelle trasformazioni del territorio.
“Gio Ponti. Amare l’architettura”
A cura di Maristella Casciato e Fulvio Irace con Margherita Guccione, Salvatore Licitra, Francesca Zanella
in collaborazione con
CSAC – Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma
Gio Ponti Archives
Progetto fotografico: Paolo Rosselli
MAXXI, Galleria 5 – Roma
27 novembre 2019 – 13 aprile 2020
Catalogo a cura di Maristella Casciato e Fulvio Irace (Forma Edizioni, Firenze 2019)
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allestimenti , MAXXI , mostre , roma
Last modified: 9 Dicembre 2019