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Alessandro ColomboWritten by: Progetti

GES-2 a Mosca: dalla civiltà delle macchine all’arte

GES-2 a Mosca: dalla civiltà delle macchine all’arte

Visita alla futura sede della V-A-C Foundation, progettata da Renzo Piano Building Workshop, che s’inaugurerà nel settembre 2020 con il progetto dell’artista islandese Ragnar Kjartansson

 

MOSCA. La V-A-C Foundation vede la luce nel 2009 grazie all’intuizione di Leonid Mikhelson (CEO della gas company Novatek) e Teresa larocci Mavica. Al centro della missione: una produzione culturale con un calendario da allora costante di mostre, performance dal vivo, programmi socioculturali e progetti coprodotti con partner internazionali concretizzatosi anche con l’apertura, nel 2017, di una sede espositiva veneziana lungo le Zattere.

GES-2 è una centrale elettrica del 1907, situata sul Bolotnaya Embankment nell’isola di Balchug, nel centro della capitale russa. Dismessa, è stata acquisita dalla V-A-C Foundation nel 2014 e il Renzo Piano Building Workshop è stato incaricato di progettare un nuovo importante polo culturale. L’edificio principale si sta trasformando in un’area di attività molteplici a pianta aperta al passaggio protetto dei visitatori che qui troveranno spazi per mostre, programmi performativi e di apprendimento, nonché un teatro da 420 posti a sedere con vista, garantita dalla facciata in vetro, su un boschetto di betulle. Saranno inoltre presenti una biblioteca, uno shop, caffetterie, un ristorante e un blocco residenziale. GES-2 sarà energeticamente efficiente grazie all’utilizzo di pannelli solari e di un sistema che raccoglie e ricicla l’acqua piovana. L’ex magazzino di vodka Smirnoff, edificio storico adiacente con struttura a volte in mattoni di cotto, diventerà un laboratorio aperto alla comunità artistica e creativa, per essere così il centro di sperimentazione e produzione culturale della V-A-C Foundation presso GES-2.

Dopo aver visitato il cantiere al suo esordio due anni fa siamo tornati a seguirne l’evoluzione poco prima della sua presentazione alla stampa, avvenuta lo scorso 28-29 ottobre. Qui raccogliamo alcune impressioni e riflessioni.

 

Il nostro sopralluogo

Una pattuglia già consistente di betulle, rigidamente costrette nel loro pane di terra, inizia a popolare il dolce declivio che completa lo spazio aperto alle spalle della vecchia centrale, completamente rinnovata e ripensata. È questa l’immagine che più colpisce nella visita al cantiere voluto da un piccolo titano, il tycoon Mikhelson che, affidando il progetto a RPBW, offre una meravigliosa sede moscovita alla sua V-A-C Foundation. Gli alti edifici grigi, residenze che parlano di un’Unione Sovietica ormai lontana, fondendosi col cielo plumbeo e la pioggia battente di questa fredda giornata di ottobre, sembrano assentire immobili al cambiamento – epocale – di stato dell’area.

Rispetto alla nostra precedente visita, la costruzione è in via di compimento. Quella che era la centrale che dava energia alla città, quelli che erano scuri depositi di vodka, quello che era un tetro ma glorioso sito della civiltà delle macchine a Mosca, si accinge ad essere il luogo ove celebrare l’arte, la visione di un magnate, l’architettura di firma italiana tornata in grande stile sulle rive della Moscova.

Il cantiere ribolle di attività. Nelle grandi navate del vecchio edificio, tenuto miracolosamente in piedi da un esoscheletro che ha permesso di scavarvi per profondità vertiginose sotto, di fianco, e di sostenerlo in copertura, un esercito di operai dà vita ad un concerto di suoni, luci, colori, voci che susciterebbe l’invidia di qualsiasi scenografo, compositore ed anche artista e sarebbe un perfetto film sull’azione civilizzatrice che il progresso porta nella civiltà occidentale, non immemore di una gloriosa tradizione del realismo socialista che qui è pur sempre stata di casa.

I virtuosismi non mancano: già si vede il super tetto vetrato opera d’italiani e tedeschi qui riuniti allo scopo; la finta dolce collina che cela piani interrati adibiti non solo a garage ma anche a luoghi di rappresentazione e meravigliosi caveaux che potranno sfidare il futuro e, finanche, un nuovo diluvio universale. Le volte a crociera del deposito fluviale che era della Smirnoff sono state mirabilmente smontate e rimontate, scucite e cucite quasi fossero di carta e non di grevi mattoni vecchi di secoli. Non manca la grazia dei casseri in tavole di legno che lasciano l’impronta della fibra sulla delicata pendenza che, all’intradosso, dà forma artificiale al bosco naturale dello spazio aperto. Tutto il repertorio di un’attività ormai cinquantennale di RPBW sembra essere pronto a dare qui il meglio di sé. Sarà un luogo aperto, vivace e vivibile ove fare incontrare generazioni, culture e pensieri per dare nuovo slancio al panorama artistico russo e mondiale.

What else? Verrebbe da chiedersi con un poco d’irriverenza comunicativa mutuata dai tempi mediatici che abbiamo ultimamente vissuto. Cos’altro pensare se non che tutto ciò sia stato reso possibile dagli straordinari mezzi che un sol uomo ha messo a disposizione di un altro sol uomo (si fa per dire, ovviamente, perché questo è un lavoro corale di centinaia di persone, ma ci sia permessa la figura quasi retorica), nell’instaurarsi di un rapporto fra magnate e architetto, fra sovrano e demiurgo che, in fondo, è antico quanto la nostra civiltà? E che questo abbia permesso di plasmare i luoghi già da tempo urbanizzati, d’invertire il corso della storia, di far scaturire il bello dal grigio della fatica di decenni, di secoli che qui si sono stratificati e dei quali rimarrà solo la memoria, ma edulcorata da uno splendore generale che tutto farà sembrare migliore, giusto e necessario? Tutto invero inneggia all’ecologia, alla sostenibilità, alla modernità, ma non è questo forse il dolce inganno del nostro fare che tutto riesce a usare, per chi ha i mezzi, al fine di affermare, una volta di più, la nostra capacità di addomesticare la storia plasmando il presente per delineare il futuro? Solo un dubbio, questo, solo un pensiero che ci accompagna lasciando il brulicare del cantiere, le scarpe infangate, gli abiti umidi di pioggia, gli occhi colmi d’immagini, lo spirito nutrito di architettura.

 

GES-2: il progetto in dettaglio

Su una superficie di 20 000 mq dell’isola di Balchug, il centro culturale GES-2 è costituito dalla centrale elettrica dismessa, dalle Vaults (ex magazzini Smirnoff) e da un’ampia area esterna.

Edificio GES-2 (40.000 mq). Il complesso è composto da cinque partiSeguendo il corso della Moscova, il Front Building (edificio antistante) ospita la Second Square, un grande spazio d’incontro con una piccola biblioteca situata sul balcone affacciato sulla piazza. Il Right Risalit (avancorpo destro) ospita sei appartamenti e spazi per il lavoro comune destinati ai creativi che partecipano al programma di residenza internazionale. Il Left Risalit (avancorpo sinistro) diventerà un laboratorio per le arti culinarie. Il Main Building (edificio principale), che ospita l’area espositiva principale della GES-2 al livello -1. Sebbene interrata, essa è inondata di luce naturale che filtra dai soffitti a doppia altezza; attraverso gli spazi espositivi si possono raggiungere anche i workshop nell’edificio denominato “the Vaults”. La Prospekt della GES-2, arteria principale del complesso, situata al livello 1, è circondata da spazi dedicati a mostre e programmi di apprendimento. La parte posteriore dell’edificio principale include una caffetteria, un negozio e la Playhouse (teatro), uno spazio performativo trasformabile con nove possibili configurazioni di palcoscenico, che può accogliere fino a 420 persone ospitando conferenze, spettacoli teatrali, concerti e proiezioni cinematografiche.

Vaults (2.000 mq). Gli ex magazzini della vodka Smirnoff diventeranno il cuore creativo di GES-2: non solo un nuovo spazio per i workshop bensì un mezzo comune di produzione agli artisti di Mosca, al fine di lanciare nuove collaborazioni e sperimentare discipline diverse. Sono previsti i seguenti laboratori: workshop del legno, dei metalli, del tessile e della ceramica; stampa in 3D; workshop di montaggio e finitura; studio di registrazione; suite di editing cinematografico; sala d’ascolto; archivio dei materiali; laboratorio fotografico; studio d’incisione; laboratorio di panificazione.

Area esterna (10.000 mq). La costruzione del Pier (pontile) situato di fronte a GES-2 è quasi completa. In futuro, le navi passeggeri potranno attraccare qui. Dietro l’edificio GES-2 si trova un cortile: uno spazio verde con un boschetto di betulle e un luogo aperto per concerti e proiezioni estive. Un sentiero che attraversa il boschetto conduce i visitatori a una piattaforma panoramica che corre parallela al Ponte dei Patriarchi. Sotto il boschetto si trova un Dno (sotterraneo/fondale) a due piani, che funge da parcheggio con oltre 200 posti ma può anche trasformarsi in uno spazio per performance musicali. Al di sotto, si trova un secondo Dno, deposito di opere d’arte di 2.000 mq che ospita la collezione della V-A-C, accessibile ai visitatori su appuntamento

Immagine di copertina: il cantiere di GES-2 (foto V–A–C _© Gleb Leonov)

 

 

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 5 Novembre 2019