Ennesimo tentativo di definire la trasformazione urbana dell’estremità nord dell’asse centrale della capitale. Ma il mega-progetto di Rogers Stirk Harbour + Partners sembra obsoleto nell’offerta di spazi per uffici
MADRID. Dopo le misure ecologiche messe in atto dall’ex sindaca Manuela Carmena per migliorare la qualità dell’aria della capitale e ridurre le differenze tra quartieri centrali e periferici, la nuova giunta municipale, in carica dallo scorso giugno, ha cambiato radicalmente rotta, iniziando con la deroga (poi ritirata) delle misure di restrizione del traffico, la soppressione delle piste ciclabili attualmente in atto nel centro della capitale e con l’approvazione, all’unanimità, del mega-progetto “Madrid nuevo Norte”: un’espansione di 300 ettari di terreno nella terminazione nord dell’asse centrale e strutturante la città che è il Paseo de la Castellana (continuazione del Paseo del Prado).
Dietro al progetto, ancora in attesa di approvazione definitiva dell’ente regionale e di cui non si conoscono i dettagli ma solo alcune immagini spettacolari, ci sono decadi di trattative e progetti falliti, una poderosa banca e una prestigiosa firma di architettura: la prima è BBVA, seconda solo al gruppo Santander, sorta dalla dissoluzione della banca pubblica Argentaria e proprietaria del 30% dei terreni; il secondo è lo studio inglese Rogers Stirk Harbour + Partners e concretamente, Simon Smithson, in collaborazione con RH Arquitectos, già autori di una delle proposte elaborate in precedenza.
Grandi numeri, grandi disparità
L’operazione prevede un’edificabilità di oltre 2,8 milioni di mq, di cui 1,7 destinati ad uffici. Senza entrare nel merito del carattere obsoleto di una proposta urbana di questo tipo, la realizzazione di un Central business district (CBD) ad alta densità, concentrato nella zona nord, viene ad accentuare le differenze con la fascia sud dell’area metropolitana, storicamente più povera.
“Madrid nuevo Norte” nasce come “Operazione Chamartín”, dal nome della stazione ferroviaria omonima, firmata dagli architetti Corrales e Molezún negli anni 70 del secolo scorso con un disegno lineare: dieci volte a botte parallele e di diversa scala ed estensione, che sormontano il piano del ferro. L’edificio originario, non soggetto a vincolo patrimoniale e già alterato da modificazioni parziali ed alcuni ampliamenti, rischia di essere gravemente compromesso.
Una sequela di progetti e polemiche
Le origini dell’operazione rimontano alla fine della transizione democratica, e concretamente al 1985: il sindaco progressista Tierno Galván, promotore della “movida” (che nella sua concezione iniziale era un movimento artistico, culturale, oltre che ovviamente ludico), mette a punto un Piano regolatore mirato a riparare le conseguenze della speculazione edilizia delle decadi precedenti (’60 e ’70), riqualificando le aree industriali e dando nuovo uso ai terreni militari. In questa linea, nel 1993 il Governo socialista lancia un concorso con l’obiettivo di migliorare le infrastrutture ferroviarie: preparare la stazione Chamartín all’arrivo dell’Alta velocità, collegandola con la metropolitana, l’aeroporto e, tramite il tunnel già esistente, con la stazione di Atocha.
Da allora si contano almeno quattro progetti redatti dai poteri politici succedutisi nel tempo. Il primo, per concorso aggiudicato a Ricardo Bofill, su un’estensione di 62 ettari già allora ceduti ad Argentaria e all’impresa costruttrice San José con 375.000 mq di edificabilità. In seguito, è la volta di Ezquiaga Arquitectura, RH Arquitectos e, penultima, l’equipe tecnica dell’ex sindaca Carmena (Madrid Puerta Norte).
Uno studio comparativo dei progetti rivela un aumento progressivo delle aree coinvolte (da 62 a 300 ettari) e un incremento significativo degli indici di edificabilità. Una tendenza leggermente contenuta dalla squadra dell’ex sindaca, la quale ha sorprendentemente approvato, nella sua ultima giunta e già come membro dell’opposizione, il progetto che dovrebbe essere definitivo, rinunciando così a una proposta discussa con le associazioni civiche, più rispettosa verso lo spazio pubblico e meno speculativa. Il progetto di RSH + Partners e RH Arquitectos si estende notevolmente e, non potendo costruire sopra i binari, che prevede di sotterrare parzialmente, aumenta l’edificabilità nelle zone limitrofe con edifici di 40/50 piani, arrivando in alcuni settori a un’occupazione di 6mq/mq.
Dopo vent’anni di diatribe politiche e giudiziarie tra gli enti statali, regionali e municipali coinvolti, la banca e i proprietari dei terreni espropriati per un uso inizialmente ferroviario, ci chiediamo se “Madrid nuevo Norte” sia un modello di città al passo coi tempi. Nel caso della capitale spagnola non sembra esistere una domanda reale di uffici che giustifichi l’edificabilità prevista, mentre il “buy to leave” a cui si riferisce la sociologa Saskia Sassen a proposito del capitale accumulato nella crisi internazionale, sembra essere il motore dell’operazione. Questa Madrid che fomenta la disuguaglianza sociale e retrocede nel progetto di una città più sostenibile non ci piace.
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Last modified: 28 Ottobre 2019
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