Lo stato di conservazione dei nove siti pedemontani tra Piemonte e Lombardia, patrimonio Unesco. Tra carenza di fondi, restauri, governo della vegetazione, furti e vandalismi
Chi visita un Sacro Monte ha l’impressione di camminare in una città addormentata. Eserciti di statue dipinte, con vestiti e parrucche, come in un “gran teatro montano”, raccontano episodi della vita di Cristo, di Maria o Santi. Percorsi punteggiati da tempietti che arrivano ad ospitare trecento statue guidano il visitatore nella natura alpina, in uno stretto dialogo tra architettura, pittura, scultura e paesaggio. Costruiti dalla fine del Quattrocento, i Sacri Monti ebbero grande diffusione con la Controriforma, quando, in un’Europa lacerata dalle guerre di religione, la diocesi milanese promosse la costruzione di queste “fiaccole della fede accese lungo le Alpi, a difesa contro le minacce del Nord”, come aveva scritto Rudolf Wittkower nel 1959.
Una gestione in perenne emergenza
I Sacri Monti sono una realtà unica e complessa, ma fatalmente fragile: le cappelle che li compongono sono esposte al rigido clima invernale, alle abbondanti precipitazioni primaverili e alla costante umidità. Le statue (a Varallo più di ottocento) e gli affreschi sono in perenne stato di emergenza. I percorsi, i sentieri e il ricchissimo patrimonio vegetale necessitano una costante cura e manutenzione. Come gestire un patrimonio così ricco, ma così delicato da conservare?
Non si tratta di una questione recente: è una storia antica quanto i Sacri Monti stessi. Negli atti delle visite pastorali dei vescovi che, nel corso del Seicento, si recavano nelle valli alpine a ispezionare i cantieri dei Sacri Monti, si può notare la costante preoccupazione nella manutenzione dei tetti e dei pluviali, nel controllo della vegetazione e nella pulizia delle cappelle. L’opera di manutenzione è proseguita senza interruzioni fino alle soppressioni napoleoniche, quando i complessi, godendo di una certa sfortuna critica, furono abbandonati al loro destino. La riscoperta dei Sacri Monti intorno agli anni ’60 del Novecento riaccese l’interesse non solo nel mondo accademico ma anche nelle istituzioni: nel 1977 la Regione Piemonte inserì le tre aree dei Sacri Monti di Crea, Orta e Varallo nel primo Piano regionale dei parchi e riserve e nel 1980 Varallo, il primo e più importante tra i Sacri Monti, fu istituito Riserva naturale speciale. Era l’inizio del percorso che nel 2003 portò nove Sacri Monti in Piemonte e Lombardia (Belmonte, Crea, Domodossola, Ghiffa, Oropa, Orta, Ossuccio, Varallo, Varese) al riconoscimento di Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco.
A partire dal 2015 i sette Sacri Monti piemontesi Unesco, prima divisi in istituzioni autonome, sono stati raccolti sotto un unico ente regionale, l’Ente di gestione dei Sacri Monti, che ha il compito di conservare, restaurare, valorizzare e promuovere il loro straordinario patrimonio. Per quanto giovane, l’Ente ha una struttura ormai consolidata, che fonda le sue radici sull’esperienza maturata negli ultimi trent’anni nei Sacri Monti di Varallo e Orta.
Quella dell’Ente è una sfida quotidiana, che deve valutare la cronica carenza di fondi, la pianificazione degli interventi a lungo e a breve termine e la necessità di una costante opera di manutenzione (si veda l’articolo di Elena de Filippis, direttrice dell’Ente). Non si tratta soltanto di restaurare gli ambienti interni, ma soprattutto di risolvere e prevenire le cause, controllare il continuo interscambio tra interno e esterno, tra contenitore e contenuto. L’Ente ha elaborato un piano di conservazione programmato, basato su indagini annuali che permettono di valutare, cappella per cappella, la condizione di manti di copertura, i sistemi di scolo delle acque, i pluviali, l’eventuale presenza di lesioni strutturali e lo stato di conservazione degli apparati pittorici e scultorei.
Dal 2015 l’Ente applica questo sistema di controllo sui sette Sacri Monti, per più di 140 cappelle, con l’obiettivo di costruire ogni anno una gerarchia di urgenze. La scarsità di fondi, ottenuti in genere da fondazioni bancarie (come la Compagnia di San Paolo o la Isabel und Balz Baechi Stiftung), tramite contributi statali o partecipando a progetti di ricerca europei (come si può vedere anche a questo link), non permette mai di affrontare tutte le criticità, ma soltanto quelle improrogabili: evitare picchi di discesa e preparare le cappelle al restauro in attesa di nuove sovvenzioni sono gli obiettivi minimi dell’Ente.
Restaurare le cappelle non basta
Occorre anche controllare il sistema del verde, affinché sia mantenuto quel delicato equilibrio tra natura e architettura che caratterizza i Sacri Monti. La vegetazione, se trascurata, può diventare un pericolo per le cappelle e per i visitatori stessi e sono necessarie continue (e onerose) operazioni di potatura, disboscamento, diradamento e messa in sicurezza. Un interessante programma di riqualificazione del verde è partito da qualche mese al Sacro Monte di Oropa, dove la fitta vegetazione cresciuta nell’area sommitale aveva compromesso l’illuminazione delle cappelle e celato il percorso di visita.
La perizia delle maestranze
Quello che a un primo sguardo potrebbe sembrare un’operazione amministrativa e teorica, è invece una realtà operativa, fortemente radicata sul territorio, che implica la presenza costante di tecnici, maestranze e artigiani.
Il lavoro di pianificazione, infatti, non è spesso sufficiente: anche le cappelle in buono stato di conservazione rischiano di diventare urgenze in caso di precipitazioni eccezionali. La presenza di artigiani in loco per il pronto intervento sui tetti può evitare che in poco tempo tutti gli sforzi di manutenzione ordinaria orchestrati dall’Ente siano vanificati dagli eventi atmosferici. Trovare artigiani che possano operare in queste realtà non è semplice: spesso le ditte locali non conoscono le tecniche costruttive tradizionali e un cattivo intervento di restauro può generare danni irreparabili.
È proprio dalla necessità di formare un nucleo di artigiani e riattivare un circuito di maestranze che con il tempo sta scomparendo, che ha preso vita l’ultimo progetto europeo Interreg (marzo 2019 – maggio 2022), che coinvolge molte realtà accademiche e produttive tra Piemonte e Canton Ticino. I fondi europei permetteranno di mettere in contatto il mondo universitario con il territorio e la realtà pratica del cantiere: sui Sacri Monti di Orta, Varallo e Ghiffa saranno a breve avviati una decina di cantieri sperimentali didattici per formare le maestranze e intrecciare diagnostica avanzata, soluzioni tecniche innovative e tradizione. La consapevolezza e conoscenza del proprio patrimonio può diventare un motore per queste valli, generare un circuito economico virtuoso e attivare un turismo che superi i confini locali.
In balia degli eventi
Nonostante gli sforzi dell’Ente, la situazione di alcuni Sacri Monti è ancora critica
: i fondi non bastano a intervenire in maniera efficace in realtà meno famose di Varallo e Orta. Spesso manca una corretta illuminazione, i percorsi sono cancellati dalla vegetazione spontanea e le scene interne, nascoste dietro intrecci di reti metalliche e vetri sporchi, sono in un pessimo stato di conservazione. La carenza di personale e di sistemi di sicurezza favorisce furti e vandalismi, come è avvenuto nel 2003 nella cappella del Paradiso a Oropa, capolavoro del grande scultore valsesiano Giovanni d’Enrico.
Desta ancora una certa impressione affacciarsi tra i cancelli della cappella e osservare le teste mozzate dei santi in paradiso. Come un cupo ammonimento, l’arte decapitata di Oropa è una tragica metafora del rischio che corre una realtà fragile come quella dei Sacri Monti. La quasi totale assenza di sovvenzioni pubbliche a supporto della conoscenza, tutela e conservazione rappresenta la silenziosa spada di Damocle che incombe sopra ogni cappella, albero e statua dei Sacri Monti, nonostante l’affannarsi continuo dell’Ente regionale nel mantenimento di questi delicati ecosistemi artistici e architettonici.
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paesaggio , restauro
Last modified: 15 Ottobre 2019