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Francesca PetrettoWritten by: Progetti

«Il Bauhaus viene da Weimar!»

«Il Bauhaus viene da Weimar!»

Visita al nuovo Bauhaus Museum di Heike Hanada nella città-modello del Moderno

 

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WEIMAR (GERMANIA). Quando, nel 2012, vinse il concorso internazionale bandito dalla Klassik Stiftung Weimar imponendosi su altri 562 progetti, l’architetta, artista e docente universitaria tedesca Heike Hanada fu travolta dall’improvvisa notorietà, accedendo al pantheon dei grandi nomi dell’architettura del nostro tempo. Perché costruire per il Bauhaus a Weimar, sua città natale, significa assumersi coraggiosamente la responsabilità di dover operare in una realtà storico-architettonica più che complessa. La vittoria di Hanada, affiancata in un secondo momento dal collega berlinese Benedict Tonon, è anche l’inizio di un riscatto a lungo atteso che qui, nella culla della Kultur tedesca, fa giustizia a centinaia di storie di mortificazione, emarginazione e furto vissute dalle ragazze che in massa (il doppio rispetto agli studenti maschi) accorsero alla scuola di Gropius, immatricolandosi nei corsi di arte ed architettura e venendo altresì dirottate nella Frauenklasse di tessitura, creata ad hoc per loro. (Alle loro biografie sarà dedicato un prossimo approfondimento).

 

La città

Rispetto all’anno passato la culla del Bauhaus mostra i segni dell’annunciata trasformazione: il Quartier Weimarer Moderne prende significativamente forma in seno al progetto Weimar XXI, sul limitare nord-ovest dell’antico centro cittadino. D’altro canto non si sarebbe mai potuta permettere di arrivare in ritardo all’appuntamento del centenario, rischiando di non potervi legittimare il proprio primato di Modellstadt der Moderne.

Lo slogan così perentoriamente ribadito in ogni opuscolo turistico e cartello pubblicitario – Bauhaus Kommt aus Weimar! – trova una reale conferma nel nuovo assetto urbanistico-architettonico & culturale di questa insolita facies moderna (alternativa ai classici Goethe, Schiller & Co.) della città e nell’affluenza massiccia di turisti ed estimatori provenienti da ogni angolo del pianeta (in meno di un mese dall’inaugurazione del museo oltre 30.000 visitatori!).

 

Chi è il rifiutato?

Alcuni giornali tedeschi descrivono il nuovo museo come un fortilizio

, un bunker fuori terra chiuso ad ogni possibilità di dialogo col contorno costruito dal nazifascismo; una sorta di bastione in cemento con poche feritoie difensive sui lati nord ed est. Ma Hanada, raccontando la scelta di non-dialogo a monte del suo progetto, non usa mai termini che alludono a un atteggiamento difensivo per descriverlo. Ricorda piuttosto che fu Weimar, sei anni dopo averlo partorito, a bandire il Bauhaus, intollerabilmente entartet (degenerato) per i nazisti. C’è stata dunque una “chiusura” a cui ispirarsi, tuttavia subita, non voluta: quella che le rimaneva da affrontare come contingenza costruita, mastodontica, impressionante nei suoi portici oscuri e ancor più beffarda negli accesi colori del dopo-restauro, in questo snodo urbano carico di criticità.

 

Senza clamori

Il museo vi si oppone discreto, come un tempio introflesso, un megaron che al suo interno, nella cella, custodisce il tesoro sacro di oltre 13.000 pezzi originali del primo Bauhaus; perciò non ha bisogno di clamori. Ma è impossibile non vederlo entrando in città dalla stazione centrale a nord, mantenendo il mostro-nazista sulla sinistra, sulla linea di demarcazione fra l’architettura di regime e il verde intenso del parco repubblicano sulla destra. La solitudine lo rafforza, schietto, di severo grigio bianco alla luce del sole, appena illuminato da un abbraccio di collane a led di notte. Se poi con occhio attento, percorrendone il perimetro o seduti sulla terrazza del caffè, si leggono più d’appresso i suoi dettagli costruttivi, non mancano alcune piacevoli sorprese, come le molte citazioni dell’antico o di un classico declinato in chiave moderno-contemporanea.

Ecco dunque l’alto podio – il basamento lievemente più brunito su cui poggia tutto il monolito; i profili delle aperture – le cornici aggettanti delle poche finestre e porte nitidamente sottolineate come in un palazzo rinascimentale; il fregio-dedica Bauhaus Museum che corre, cadenzato e in stampatello minuscolo morbidamente arrotondato (un po’ à-la-Behrens), lungo i prospetti poco sotto la cornice di copertura.

 

Riferimenti

Non bisogna cercarci un richiamo alla tradizione

(Bauhaus e tradizione sono due termini antitetici), quanto piuttosto l’avvenuta messa a punto di un linguaggio che vuole superare i limiti del Moderno proiettandosi nel contemporaneo, e un esercizio estetico ottimamente riuscito, che arricchisce il semplice parallelepipedo in cemento di un’altra profondità di significati.

Per quanto concerne proporzioni e intercalare delle aperture, Hanada si rifà al modello di casa Wittgenstein a Vienna (1926-28); mentre l’ampio finestrone che si apre sul prospetto a nord ricorda le eleganti aperture del Van-de-Velde-Bau, oggi sede universitaria nella parte sud della città. Il progetto vincitore di concorso prevedeva in origine che i prospetti fossero in vetro opalino, ma un innalzamento dei costi in via di costruzione, e i successivi tagli al budget, hanno costretto gli architetti a ripensarli, utilizzando in loro vece dei pannelli in calcestruzzo facciavista.

 

Interni

Alla severità dei profili esterni risponde, nell’organizzazione spaziale interna, una maggiore libertà d’interpretazione

, con lunghe scale a cascata (ancora una citazione super-classica) che collegano i cinque piani in alzato talvolta multilivello, ovvero che si affacciano gli uni sugli altri (stavolta un classico dell’architettura museale moderna). Il museo non è solo contenitore e nemmeno vezzo da archistar che gareggia col contenuto: esso diventa funzionale sia alle collezioni che ospita sia alle attività ad esse correlate (laboratori, assemblee e workshop), luogo per ripensare l’oggi. La ricerca di spazi scorrevoli-ininterrotti si è basata sullo studio di esempi di raumplan orizzontali e verticali, fra Mies, Loos e Le Corbusier, qui trasformati in possibilità di movimento-collegamento in diagonale: «Il nuovo museo offre le possibilità di uno spazio asimmetrico, scorrevole e quindi organico», dice Hanada.

 

Materiali

Il rimando al non-finito è costante

, e rievoca il carattere di officina, classe/laboratorio del Bauhaus, quello di una sala industriale. I materiali sono non raffinati ergo non museali, al fine di garantire a curatori e visitatori una maggiore libertà di organizzazione e fruizione degli spazi. Le pareti interne bianche non sono intonacate: il colore è dato dall’aggiunta di limewash/whitewash all’impasto di cemento; i soffitti lasciano a vista le nervature in calcestruzzo; i profili delle porte e finestre sono in semplice acciaio grigio argento con rivestimento a polvere; il portale principale, gli ascensori e i contatori sono rivestiti con Galvalume.

 

Un edificio-laboratorio aperto sul domani

Il nuovo museo si presenta come un’architettura contemporanea non convenzionale, un edificio-laboratorio il cui design è molto più che una sala d’arte classica. I visitatori possono interagire indiscriminatamente con contenitore e contenuto, invitati a ripensarli al di là della sola riflessione o fruizione visiva.

Pregiati esemplari della collezione e loro allestimento a parte, la prova architettonica è superata a pieni voti.

Il progetto della Città modello del Moderno vi prende forma in maniera interessante e aperta a contraddizioni e stimoli del contemporaneo. La scuola si è svecchiata: ecco la chiave del suo successo cent’anni dopo. Gli studenti della Bauhaus Universität che cooperano come guide turistiche volontarie in città fanno ben sperare per l’immediato futuro non solo di Weimar e della Germania ma anche dell’Europa; degni eredi, finalmente senza distinzioni di genere e ricchi di più ampi orizzonti ancora percorribili, dello spirito rivoluzionario di chi cento anni or sono li ha preceduti.

La carta d’identità del progetto

Committente: Klassik Stiftung Weimar
Concorso: aggiudicazione 2012, primo premio 169.000 euro
Progetto: Heike Hanada (Berlino) + Bendict Tonon (Berlino)
Funzioni: superfici museali e spazi di mediazione, bookshop, lounge e caffetteria
Allestimento museale/collezione Bauhaus Weimar: Holzer Kobler Architekturen (Zurigo/Berlino)
Superficie espositiva: 2.000 mq circa
Cantiere: 2015-2018
Costo: 22,6 milioni
Inaugurazione: 6 aprile 2019

 

Percorsi del moderno a Weimar / Die Moderne und das Bauhaus in Weimar

Quartier Weimarer Moderne: Bauhaus Museum Weimar + Werklabor (www.klassik-stiftung.de/ferienprogramme)
Haus am Horn di Georg Muche con Marcel Breuer, Theodor Bogler, Alma Siedhoff-Buscher: prima e unica architettura Bauhaus a Weimar (1923; Patrimonio UNESCO dal 1996, riapertura dal 18 maggio 2019)
Haus Hohe Pappeln di Henry van de Velde (1907-08)
Neues Museum Weimar + Werkcafé + Buchwerk (www.klassik-stiftung.de/ferienprogramme; dal 6 aprile 2019 ospita la mostra “Ven de Velde, Nietzsche und die Moderne um 1900”)
Nietzsche-Archiv, con interni originali al piano terra progettati da Henry van de Velde (1902-03)

 

Calendario eventi

28 aprile 2019: 100 jahre bauhaus-marathon (www.100-jahre-bauhaus-marathon.de);
dal mese di maggio: ogni primo giovedì del mese, Workshop al Bauhaus-Museum o al Neues Museum
18 maggio 2019: riapertura della Haus am Horn (www.klassik-stiftung.de); lunga notte dei musei (www.nachtdermuseen.com) in occasione del compleanno di Walter Gropius
10 agosto 2019: Fest am Platz – Bauhaus für alle
26-29 settembre 2019: Triennale der Moderne in Weimar, Vision Bauhaus (www.triennaledermoderne.de)
20-22 novembre 2019: Weimarer Kontroversen 2019 (www.weimarer-kontroversen.de)

Autore

  • Francesca Petretto

    Nata ad Alghero (1974), dopo la maturità classica conseguita a Sassari si è laureata all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Ha sempre affiancato agli aspetti più tecnici della professione la passione per le humanae litterae, prediligendo la ricerca storica e delle fonti e specializzandosi in interventi di conservazione di monumenti antichi e infine storia dell'architettura. Vive a Berlino, dove esegue attività di ricerca storica in ambito artistico-architettonico e lavora in giro per la Germania come autrice, giornalista freelance e curatrice. Scrive inoltre per alcune riviste di architettura e arte italiane e straniere

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Last modified: 10 Luglio 2019