Il capoluogo etneo rappresenta una vasta polarità territoriale, ma la gestione priva di prospettive ne mortifica le potenzialità
Da tempo si dibatte sulla pianificazione di Catania e sul suo ruolo all’interno del vasto agglomerato urbano costituito sia dai paesi etnei sia dai comuni più esterni che giornalmente gravitano sulla città e i suoi servizi.
Grazie al potenziamento dell’Università, alla nascita del polo elettronico dell’EtnaValley e allo sviluppo dell’aeroporto, Catania ha esteso la sua influenza ben oltre i confini della sua area metropolitana. Nonostante i duri colpi assestati dalla crisi, la città continua quindi ad essere il principale polo commerciale e logistico della Sicilia e, con i suoi 311.777 abitanti, è il decimo comune d’Italia per popolazione e, con circa 1,7 milioni di abitanti su una superficie di 2.400 kmq, è altresì il centro dell’area metropolitana a più alta densità abitativa dell’isola.
Mobilità e centri commerciali
Ciò che più caratterizza questa città densa di risorse e contraddizioni è la sua spasmodica attenzione alla mobilità. La sua tangenziale è un sempre più intasato nastro viario che, a sud di Misterbianco, permette la connessione con le autostrade per Palermo e per Siracusa, con l’asse dei servizi verso il porto e l’aeroporto e con la viabilità interna, mentre a nord si collega alla cintura etnea e all’autostrada per Messina. A partire dagli anni ’70, la crescita esponenziale dei comuni etnei ha saturato quest’infrastruttura che era stata concepita il decennio precedente nell’ambito del Piano ASI e sulla quale, negli ultimi venti anni, si sono addensati tanti centri commerciali da determinare una concentrazione tra le più alte a livello europeo, seconda solo ad Oslo. Tra i vari centri commerciali, il più grande e noto è l’Etnapolis, disegnato da Massimiliano e Doriana Fuksas. Nonostante gli scarsi livelli di consumo, la provincia etnea ha la più alta densità di centri commerciali per numero di abitanti e, secondo i dati di Confcommercio, in un’area di soli 86 kmq si condensa una superficie commerciale utile di 460 mq ogni mille abitanti. La concentrazione di queste ormai sempre più vuote cattedrali del commercio evidenzia i limiti di una crescita urbana che è stata spinta dall’approccio immobiliare invece che da una reale domanda.
All’interno della città, l’asse viario più saturo è la circonvallazione, su cui s’attestano la cittadella universitaria con il Policlinico. Su quest’asse sta anche sviluppandosi il sistema della metropolitana che, entro il 2024, dovrebbe raggiungere l’aeroporto Vincenzo Bellini a Fontanarossa. Oltre ad essere il primo scalo del meridione per numero di passeggeri ed il secondo d’Italia per livelli di traffico nazionale, l’aeroporto etneo – secondo il rapporto di Assaeroporti – nel 2018 è stato il quinto scalo nazionale per traffico passeggeri. Per migliorarne l’operatività, a luglio 2018 è stato inaugurato il nuovo terminal. Nell’ottobre 2018 sono inoltre stati aggiudicati i lavori di demolizione e smaltimento propedeutici alla rifunzionalizzazione della vecchia aerostazione disegnata da Riccardo Morandi. A lavori ultimati l’aeroporto sarà dotato di tre terminal e anche per questo si parla sempre più frequentemente dell’ampliamento delle piste.
Quale futuro?
Catania, grazie al ruolo strategico lungo la costa jonica che da Reggio Calabria si spinge fino a La Valletta, è a tutti gli effetti una polarità territoriale. Tuttavia, essendo sottoposta alle pressioni dei gruppi di potere economico del momento, la città sembra non aver ancora individuato la linea su cui pianificare il suo sviluppo. Altre città dell’isola, pur tra non poche difficoltà, paiono invece aver trovato una strada. Palermo, attraverso il recupero del centro storico avviato con il suo P.P.E., ha riscoperto la naturale vocazione di polo culturale e lo stesso sta accadendo nell’isola di Ortigia a Siracusa. La città dell’Etna invece, anche per l’assenza di una Facoltà d’Architettura che, solo in tempi recenti, è stata localizzata a Siracusa, non ha mai ripensato criticamente i suoi indirizzi di sviluppo, rimanendo per lo più schiacciata dalle esigenze dei costruttori e degli ingegneri spesso formatisi nell’ateneo catanese.
L’In/Arch ha lavorato per coprire l’assenza di un dibattito architettonico e vi è spesso riuscita pur non essendo facilitata dalla carenza di fondi che ha instaurato un rapporto di dipendenza con i costruttori locali. Altrettanto vivace è stato il ruolo della Fondazione degli Architetti di Catania, tra le più attive a livello regionale, che ha realizzato molte interessanti iniziative volte a ripensare la città attraverso il progetto d’architettura.
Ripensare il lungomare
A far da contraltare al tema della mobilità che sembra essere al primo posto nell’agenda urbana di Catania c’è il continuo ritorno alla riflessione sui suoi lungomare. Un primo progetto fu elaborato nel 2002 dagli architetti catalani Bohigas e Martorell attraverso un disegno che dall’area ex Italcementi ripensava la fascia costiera fino al porto di Ognina; nel 2012 il Tar mise la parola fine a questo progetto.
Nel 2018, uno degli ultimi atti della giunta guidata dal sindaco Enzo Bianco è stato il lancio del concorso di progettazione per la riqualificazione del waterfront. Mai esaminata la decina di candidature pervenute in quanto, con il pretesto dei rilievi degli Ordini professionali, la nuova giunta guidata da Salvo Pugliese ha annullato il precedente bando rilanciandone un altro che ha visto un’ancor più esigua partecipazione: appena cinque i gruppi valutati nella fase finale. Al primo posto della competizione si è classificato il team costituito da Park Associati con il Consorzio stabile di ingegneria R1 e la Coprat con consulenti Projet Base, MIC, Smart Land, Luca Ruggiero, Gianni Petino e Teresa Graziano. Al secondo posto il gruppo di Calì architetti, Arriola & Fiol arquitectes e ACA Amore Campione Architettura con Sebastiano Impallomeni e David Soler, mentre terza la Società di Architettura Ternullo / Melo Architects con Baldios arquitectos paisagistas, Miguel Fernandes, Ana Escoval, Fanor Serrano Pedroza, André Remédio, Pedro Reis, Enza Messina.
Pur differenziandosi di un solo punto, primo e secondo classificato si soffermano su aspetti diversi e complementari. L’interessante proposta vincitrice, oltre a definire nuove volumetrie, presenta uno studio attento sulle relazioni e sulla continuità del disegno urbano reinterpretato in chiave green. Il secondo si concentra sulle singole soluzioni architettoniche e, in particolare modo, sul disegno della nuova stazione marittima mentre il terzo, inseguendo un certo minimalismo e la ricerca di un manuale dello spazio pubblico, sembra non aver saputo cogliere appieno la scala urbana.
Investimenti pubblici locali out
Come emerge dall’inchiesta pubblicata il 21 aprile su «Il Sole 24 ore», la spesa del Comune è tra le più basse d’Italia con appena 80,3 euro per abitante, contro il primato dei 461,1 euro pro capite di Trieste. Nonostante alcuni segnali positivi, il dato fotografa lo stato dei servizi della città etnea, soprattutto se si considera che dai comuni transita il 70% della spesa totale degli investimenti fissi della pubblica amministrazione territoriale.
Occorre infine aggiungere che la Municipalità è recentemente assurta agli onori della cronaca per il dissesto finanziario. Anche per questo al momento non si sa quale sarà il prosieguo del masterplan per il waterfront, così come non è ancora chiaro quale sia lo sviluppo del progetto di riqualificazione e riempimento del vuoto del quartiere San Berillo, firmato nel 2012 da Mario Cucinella Architects e sistematicamente rilanciato dalle riviste on line.
Catania, per la sua posizione geopolitica, potrebbe essere una delle realtà più ricche del nostro Paese, ma una gestione spesso asfittica ne ha mortificato le potenzialità, esprimendo tutte le contraddizioni e le difficoltà di un territorio che fatica a conquistare a pieno titolo la qualità urbana che le spetterebbe.
POSTILLA (15 maggio 2019). L’immagine inviataci dal raggruppamento vincitore del concorso per il Waterfront di Catania e pubblicata contestualmente all’articolo viene rimossa su richiesta degli stessi vincitori poiché, a loro volta, invitati dal Comune di Catania a non diffondere il progetto. I concorsi dovrebbero servire sia per selezionare la migliore proposta progettuale sia per promuovere un ampio dibattito sul ruolo dell’architettura. Risulta quindi singolare che, a oltre un mese dalla proclamazione, non siano stati rivelati i contenuti dei progetti vincitori, rendendo così impossibile il confronto pubblico sulle soluzioni previste per ridefinire alcune delle aree più rappresentative della città. Nell’articolo avevamo già evidenziato che l’incerta conduzione del bando non ha favorito quell’ampia partecipazione che sarebbe stata invece necessaria per affrontare questo tema; ora, la tutt’altro che velata volontà di eliminare il confronto pubblico confezionando una presentazione senza appello non fa ben sperare per il futuro di Catania.
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concorsi , infrastrutture , rigenerazione urbana , ritratti di città , sicilia , waterfront
Last modified: 15 Maggio 2019