In occasione dell’ottantesimo anniversario del Museo nazionale dell’Iran, una mostra ospita circa cinquanta opere del Louvre parigino e apre riflessioni sulla diplomazia culturale
TEHERAN. A seguito delle elezioni presidenziali nel giugno 2013, il dialogo politico internazionale è stato ripreso su iniziativa delle nuove autorità iraniane. Infatti, il piano d’azione congiunto (Joint Plan of Action), anche conosciuto come Genève interim agreement, è stato molto influente nel ristabilire una relazione di fiducia con l’Iran. Nel gennaio 2016, dopo la revoca delle sanzioni contro il Paese asiatico, il presidente Hassan Rouhani ha visitato per la prima volta la Francia e l’Italia, con l’intento di ricostruire i legami economici con l’Europa. In questo delicato momento diplomatico, dove hanno un ruolo rilevante l’incertezza dell’accordo nucleare iraniano (il presidente statunitense Donald Trump ha infatti minacciato di venir meno all’impegno preso), le preoccupazioni francesi per i test sui missili balistici di Teheran e le relazioni dell’Iran con il resto del Medio Oriente, la Francia e l’Iran dovrebbero rafforzare ulteriormente la loro reciproca fiducia. Il presidente francese Emmanuel Macron punta al “potere morbido” della diplomazia culturale, nella speranza che possa contribuire a rafforzare i legami bilaterali.
Il 5 marzo scorso, a Teheran, il ministro francese degli affari esteri e dello sviluppo internazionale Jean-Yves Le Drian ha inaugurato la mostra dal titolo “Il Louvre di Teheran” (fino all’8 giugno). In occasione dell’ottantesimo anniversario del Museo nazionale dell’Iran, la rassegna ospita circa cinquanta opere del Louvre parigino. Tra gli splendidi oggetti provenienti dalla Francia si segnalano una sfinge egiziana di 2.400 anni, un busto dell’imperatore romano Marco Aurelio e alcuni disegni di Rembrandt e Delacroix. Sono anche in mostra una selezione di foto dalla serie Look at me di Abbas Kiarostami, regista iraniano (1940-2016) che ha fotografato i visitatori mimetizzandosi tra essi durante le sue visite al museo dal 1996 al 2012.
L’Iran ha avuto fin dal Medioevo rapporti amichevoli con la Francia. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, i legami tra i due paesi si rafforzarono. Quando Reza Shah (il primo re della dinastia Pahlavi, 1878-1944) conquistò il potere nel 1925, Teheran divenne essenzialmente una tela bianca su cui costruire una nuova identità urbana. L’intento di Reza Shah era di delineare un paesaggio architettonico unico, esibendo il design moderno europeo combinato con l’antica influenza iraniana. Durante questo periodo, l’Iran ha accolto molti architetti francesi, mettendoli alla guida di progetti architettonici e archeologici. Questi si recarono così in Iran, diventando responsabili della costruzione di molti edifici. Tra gli altri, è emblematico André Godard (1888-1965): diplomato all’École des Beaux-Arts, è nominato direttore del primo museo di antichità di Teheran, il Museo nazionale dell’Iran, e diventa preside della Facoltà di Belle arti all’Università di Tehran.
L’influenza francese e delle belle arti non si limitò solo all’educazione accademica, ma coinvolse aspetti della cultura, dell’archeologia, dell’arte, della lingua e della società iraniana. Come ha specificato il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian, «nel turbolento oceano di diplomazia internazionale, la diplomazia culturale è un faro che dobbiamo tenere acceso»; aggiungendo inoltre che «qualunque siano i disaccordi con l’Iran, vogliamo mantenere e sviluppare una relazione culturale con la società iraniana».
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Medio Oriente , mostre , musei
Last modified: 14 Marzo 2018