Una mostra ricostruisce il contributo dell’urbanista reggiano sui temi del progetto abitativo e comunitario. A Bologna, presso la Sala Borsa fino al 4 febbraio
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BOLOGNA. All’interno dei molti fattori che hanno determinato i migliori esiti dell’urbanistica emiliana del secondo dopoguerra, un ruolo non secondario hanno avuto alcune originali figure di architetti-urbanisti, la cui attività si è svolta in un continuo dialogo e legame tra società, politica e professione.
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Attualità di un’esperienza
L’opera di Osvaldo Piacentini (1922-1985) rappresenta un caso esemplare: il suo impegno professionale di architetto-urbanista ha cercato costantemente di tenere assieme il radicamento nel contesto locale e l’attenzione verso i più estesi temi di salvaguardia e sviluppo del territorio; ha intrecciato un’operatività fertile e pragmatica con la continua propensione a cogliere gli incarichi professionali come più ampie occasioni di ricerca e sperimentazione; ha, infine, provato a legittimare la figura dell’architetto-urbanista quale soggetto attivo nel dialogo tra istituzioni, domanda sociale e progetto del territorio fisico (un’impostazione che gli veniva non solo dalla vicinanza con il cattolicesimo sociale di Dossetti, ma soprattutto da un’interpretazione originale del Regionalismo americano di Lewis Mumford, Clarence Stein, Henry Wright).
Il patrimonio di ricerche, piani e progetti, prodotti da Piacentini nei suoi trentacinque anni d’intensa attività, restituisce tutti i passaggi cruciali e più avanzati per la disciplina urbanistica del periodo: la politica regionale come legame tra pianificazione spaziale e programmazione economica (il primo schema per il Piano territoriale regionale-PTR, 1986); i temi di salvaguardia e cura delle attività radicate nel territorio (i piani di zona agricoli o per le aree montane, il Progetto Appennino, 1980); il contenuto ecologico-ambientale della pianificazione (la “matrice ambientale”, messa a punto per il PTR); infine, un impegno di lungo periodo per il progetto urbanistico dei quartieri di edilizia abitativa, intesi come formazione comunitaria e di sostegno identitario per la crescita periferica delle città.
Pur in forme mutate, tali temi restano al centro dell’attuale agenda di amministrazione del territorio. In particolare, l’ultimo (il disegno dei quartieri di edilizia residenziale) trova evidente riscontro nel dibattito corrente sulla riabilitazione delle periferie e costituisce il cuore della mostra presso la Sala Borsa di Bologna, organizzata congiuntamente dall’Archivio Osvaldo Piacentini, dalla Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia e dall’Urban Center di Bologna e curata da Lorenzo Baldini e Silvia La Ferrara.
La mostra
Piacentini trovò a Reggio Emilia terreno particolarmente fertile per le sue idee: nel 1947 ebbe modo di dare vita con Silvano Gasparini, Aldo Ligabue, Antonio Pastorini, Pasquale Pattacini, Athos Porta, Eugenio Salvarani e Franco Valli (all’epoca in gran parte ancora studenti) allo “Studio Cooperativo di progettazione civile”, la cui attività professionale vera e propria iniziò alla fine del 1949. Nel 1952 cambiò la ragione sociale in “Cooperativa Architetti e Ingegneri” e sarà la prima cooperativa di progettazione in Italia, la cui storia continua tutt’oggi sotto le sigle CAIREPRO (e proprio in questo mese di gennaio, per la ricorrenza del 70° di fondazione del sodalizio, è uscito il libro di Paolo Genta e Andrea Zamboni dal titolo Coscienza Visione Progetto. La Cooperativa Architetti e Ingegneri di Reggio Emilia, Quodlibet Edizioni) e CAIRE-Consorzio. Fu da subito un “collettivo” (secondo una terminologia oggi riferita a svariati ambiti artistici) basato sullo scambio reciproco, tant’è che tutti i lavori portavano unicamente la sigla del gruppo e non dei singoli professionisti. Da lì in avanti la collaborazione con figure di rilievo in ambito architettonico (Franco Marescotti e Franco Albini) e politico (il già citato Dossetti e Ivano Curti) permise un consolidamento della loro presenza sulla scena architettonica italiana.
La partecipazione al concorso nazionale per il quartiere Saint-Gobain a Pisa fruttò nel 1952 il 1° premio sia nella categoria urbanistica che architettura. Del progetto furono realizzati ad opera della cooperativa solo la parte urbanistica, mentre la definizione di quella architettonica andò ad Ignazio Gardella. L’inclusione del gruppo, su concorso, fra i progettisti INA-CASA e la conseguente progettazione dei quartieri residenziali di Sant’Agnese a Modena (1953) e di San Donato a Bologna (1957), fu un altro passo importante nella carriera della cooperativa. Insediamenti densi e a costi contenuti, queste le richieste INA, a cui fecero seguito progettazioni mai banali (previsti sempre asili, aree verdi e centri di aggregazione), vivaci (gli edifici si dispongono liberamente nei lotti), dalla struttura in cemento armato e dal tipico rivestimento in mattone faccia a vista. Nel caso di San Donato si rivela l’influsso della cultura architettonica nordeuropea. Col nucleo residenziale “Nebbiara”, nel 1961 la cooperativa riceve il premio Emilia Romagna dell’Istituto Nazionale di Architettura.
Importanti le sezioni della mostra dedicate alla realizzazione di PEEP e PRG in tutta Italia e al progetto della chiesa di San Donato (non realizzato). Questi documenti purtroppo risultano un po’ penalizzati dalla scarsa illuminazione dei pannelli (la mostra è stata collocata non negli spazi dell’Urban Center al 2° piano ma al centro della piazza coperta della Sala Borsa, da cui si accede alla biblioteca civica: sede ottimale per il passaggio d’involontari visitatori, meno invece per le condizioni espositive). In mostra schizzi, foto, lucidi, carte, plastici, libri, indagini e altri materiali (c’è anche la possibilità di ascoltare una suite musicale ispirata al lavoro degli architetti della cooperativa), a evidenziare i percorsi che hanno guidato le scelte progettuali. In programma anche una visita in bicicletta al quartiere INA di San Donato (al momento in cui si scrive non è dato sapere quando si terrà, per aggiornamenti visitare i siti indicati).
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Dal 12 gennaio al 4 febbraio
BOLOGNA, Sala Borsa (piazza coperta), Piazza del Nettuno 3
La mostra è visitabile gratuitamente nei seguenti orari:
lunedì 14.30-20; da martedì a venerdì 10-20; sabato 10 -19
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Last modified: 24 Gennaio 2018