Visita al nuovo quartiere progettato su masterplan di OMA: il più lungo edificio di Parigi è base per residenze sociali, spazi commerciali, uffici e start up. Ma l’esito finale è deludente
PARIGI. Il recupero dell’Entrepôt MacDonald, che con i suoi 617 metri rimane il più lungo edificio della città, è nato nel 2007 dal masterplan coordinato dallo studio OMA con un gruppo di 13 architetti. Sfruttando le condizioni ideali di una delle più vaste aree industriali dismesse della città, 200 ettari serviti da una ricca rete di trasporti e infrastrutture in prossimità della ZAC Claude Bernard nel nord-est parigino, è stata concepita una struttura urbana in sintonia con le teorie care a Rem Koolhaas: la città integralmente interconnessa con la viabilità. Dopo il parziale fallimento della stazione internazionale ferroviaria di Lille, che negli anni ’90 è stato il suo progetto faro, OMA ripropone i medesimi temi all’interno di Parigi ad una scala più urbana.
L’imponente lunghezza della facciata, un vero e proprio “muro urbano brutalista” che si affaccia sul Boulevard MacDonald, passa da grande cesura del passato a simbolo del nuovo quartiere, che sfrutta la forte preesistenza per emergere dal solito anonimato dei nuovi interventi. Infatti se esiste una falla nel processo di grande trasformazione immobiliare in atto a Parigi nell’ultimo ventennio (Javel, Montparnasse, Bercy, Tolbiac, Batignolles, Boulogne-Billancourt), è quella di aver dato vita ad architetture anonime e discutibili. Questo fenomeno, peraltro mondiale, è di fatto osteggiato dall’attuale sindaca Anne Hidalgo, molto interessata alla qualità architettonica e allo sviluppo di una reale città sostenibile ma costretta a fare i conti con la forza della speculazione immobiliare. Nel corso degli anni, nonostante il tradizionale pieno controllo pubblico sui masterplan, i successivi sviluppi progettuali dei singoli frazionamenti privati sono stati un terremoto per le regole urbanistiche iniziali. Solamente nel caso di Bercy, grazie al piano di Jean-Pierre Buffi, si sono create le condizioni ideali di confronto e rispetto tra urbanistica e architettura, una sorta di evoluzione del “metodo haussmanniano”.
Il masterplan dell’Entrepôt MacDonald si basa su quattro interventi sostanziali.
- La salvaguardia della sua caratteristica facciata principale sul boulevard, integralmente conservata nella struttura e nei dettagli in calcestruzzo del piano superiore, enfatizzata dalla smaterializzazione del piano terreno con le ampie superfici vetrate degli spazi commerciali della grande distribuzione, anche se purtroppo assai offuscate da decorazioni e insegne.
- La sopraelevazione dei nuovi edifici sulla storica piastra industriale, passando dai 13 m iniziali d’altezza ai 28 delle nuove edificazioni che si staccano in modo deciso dal linguaggio modernista della preesistenza. Il sovradimensionamento della struttura originaria in calcestruzzo ha permesso di assorbire agevolmente l’aggiunta di 5-6 piani supplementari, passando da 13.000 a 165.000 mq di superficie utile. Nei primi due piani gli 80 m di larghezza della piastra originaria sono stati parzialmente svuotati e bucati da patii, per organizzare al meglio lo spazio delle singole unità interne, mentre i nuovi edifici al di sopra sono chiaramente più stretti e separati da una corte aperta con giardini pensili che si frappongono alle nuove costruzioni.
- La realizzazione di una nuova piazza che spacca in due tronconi l’edificio e diventa il centro delle connessioni urbane del nuovo quartiere, intervento enfatizzato dall’attraversamento del tram. L’edificio viene quindi diviso, lasciando però intatta la facciata principale verso nord, con una porzione della piastra storica che diventa passerella chiusa a collegare i due blocchi.
- La scelta di non stabilire regole troppo rigide per le nuove architetture che devono emergere e differenziarsi in modo netto dalla piastra industriale.
Il risultato è, al solito, abbastanza deludente. Se, infatti, da un lato emergono due progetti interessanti (la scuola media “Còllege Suzanne Lacore” di Kengo Kuma e il contenitore Cargo per start-up di Odile Decq), per il resto lo sviluppo architettonico ha prodotto un risultato bizzarro, con un confuso eclettismo. L’architettura francese non brilla in questo periodo storico, e di certo pesano sia i vincoli amministrativi, sia le differenti visioni degli investitori immobiliari che spesso pensano esclusivamente al concept di vendita. Assai deludente e datato Christian de Portzamparc con i giochi puramente formali di allineamenti della facciata; confuso sulla fronte principale e kitsch nel retro Hondelatte&Laporte con il social housing per giovani; più interessanti ma affogati in questo contesto gli edifici residenziali “metallici” di Brenac&Gonzalez, Habiter Autrement e FAA-XDGA e De Geyter Architects. Il premio al kitsch va tuttavia all’ostello per giovani di Stephane Maupin con un edificio che vuole riprodurre una «borsetta gigante di lusso per dare la possibilità a tutti di avere questa visione di benessere irraggiungibile». Non a caso, tutti questi interventi sono posizionati sul fronte sud, dove sicuramente c’è stata poca attenzione al controllo generale sul progetto, ad eccezione della testata occupata del liceo di Kuma. Per il resto, il risultato è molto discutibile e la vista dalla massicciata della metropolitana abbastanza deprimente.
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Immagine di copertina: ©Matthias Van Rossen via www.uncubemagazine.com
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I numeri del progetto
L’edificio (617x80x13 m) è stato realizzato interamente in calcestruzzo a fine anni ‘60 dall’architetto Marcel Forest, specializzato in strutture industriali, destinato a magazzino di servizio per la SNTR Colberson, all’epoca il più grande spedizioniere espresso francese. Entrepôt MacDonald è ancora oggi l’edificio più lungo della città: 617 m, esattamente come la centralissima Ile Saint Louis. Dagli originali 13.000 mq degli uffici e magazzini sono stati recuperati e sviluppati circa 165.000 mq. Il programma ha previsto 50% di residenze, 30% uffici e il 20% ad uso commerciale.
Abitanti residenti: 3.500
Posti di lavoro creati: 4.000
Promotore immobiliare: SAS Paris Nord-Est
Progettista masterplan: OMA, Rem Koolhaas – Floris Alkemade
Paesaggista: Michel Desvigne
Progetti residenze (74.000 mq di cui il 50% a carattere sociale): F. Alkemade, X. De Geyter, C. de Portzamparc, N. Michelin, Gigon&Guyer, R. Hondelatte, M. Laport, Brenac-Gonzalez, J. de Smedt, M. Haag
Progetti residenze studenti/ostelli: AUC, S. Maupin
Uffici (25.000 mq + 16.000 mq di supporto): F. Leclercq, O. Decq
Commercio (32.000 mq), parcheggi (1.300 posti): F. Alkemade, X. De Geyter
Edificio pubblico Còllege Suzanne Lacore (1.000; 18.000 mq): K. Kuma
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oma , parigi , rem koolhaas , rigenerazione urbana
Last modified: 10 Gennaio 2018