I migliori stand scelti per voi e i vincitori del Best Communicator Award
VERONA. C’era una volta il Marmomacc: da quest’anno orfano di una “C”, ma compensato da un bel segno più nel logo, il Marmomac è sempre l’occasione per i visitatori non direttamente coinvolti nel business di girovagare tra i padiglioni a caccia di novità, attenti al contenuto ma anche al contenitore. Ecco l’architetto-flâneur in azione di stand in stand, e le tendenze proposte dall’autunno veronese. Già dal piazzale d’ingresso, la materia nella sua cruda essenza si manifesta come la protagonista: e basta allora un layout attento alla scala e alla disposizione dei blocchi di cava, come quello di Eurotrading-Eurobrasil (Gruppo Antolini), a ricreare un evocativo spazio simbolico che pare popolato di figure totemiche.
Il passaggio tra i padiglioni dedicati al versante più tecnologico della fiera rivela poi l’inattesa forza espressiva delle ciclopiche macchine di lavorazione dei marmi: senza altro allestimento se non la loro disposizione in loco, si viene rapiti dalla potenza di questi giganteschi mostri di Vega che operano per il bene del mondo lapideo, così come dall’esibizione delle frese di precisione impegnate in meccaniche contorsioni che neanche Nadia Comaneci ai tempi d’oro.
Ma entriamo nel vivo dell’esposizione. Facendosi largo nella scabra essenzialità dei più, si fa notare Nikolaus Bagnara con il padiglione disegnato da Luca Martorano e Mattia Albicini, che accosta la preziosità delle essenze lapidee a un raffinato repertorio di arredi e complementi vintage in un’elegante sequenza di ambienti.
Sulla medesima linea – tanto verde, comodi arredi e comfort domestico a connotare la preziosità del prodotto – si pongono diversi altri espositori: il luxury avanza, e la metafora tessile della costruzione architettonica scivola sempre più verso un’immagine seducente di superficie preziosa. Dalla tettonica alla texture. Raffinato per configurazione spaziale e design dei componenti è anche lo stand di Grassi Pietre già presentato lo scorso anno (evviva il recupero intelligente!) su progetto di Something studio.
Stemperare la durezza della materia e soprattutto ammorbidire l’inevitabile effetto tombale delle lastre ad altezza loculo (oibò) ha portato molti ad accostare marmi e pietre a superfici o grigliati lignei: il contrasto è vivificante, perché dopo un po’ l’occhio ha bisogno di punti di appoggio rassicuranti. Ecco così i bambù, gli alberelli o le canestre ricolme di frutti colorati, ed ecco che il contrasto vivifica la naturale bellezza di marmi e pietre.
Accanto alla costruzione di spazi ben definiti, enucleati dal caos del padiglione, l’altra modalità dispositiva ricorrente è quella opposta: “fregarsene” e anzi dilatare lo spazio a disposizione in un open space identificato sostanzialmente da un suolo artificiale, ovviamente lapideo. Da Henraux il catalogo dei prodotti è disposto su piani-parete conficcati in questo nuovo suolo, mentre una via intermedia tra chiusura e apertura è quella proposta da Marmo Elite, con un recinto sollevato dal suolo a far la gioia dei feticisti del piede, e un rivestimento interno delle quinte a specchio ad esaltare un lucidissimo dancefloor in marmo venato bluastro.
Variante sul tema: pavimento e soffitto sospeso, come quello dalla superficie sfaccettata proposto da Tyrolit, assai efficace nel ricreare l’aura di uno spazio ben identificato.
Lo stand di Laminam è connotato da un recinto di cavalletti metallici dalla genuina composizione paratattica, sui quali sono disposte grandi lastre ironicamente “fermate” alla base da una palla da basket. Che sollievo questa ironica leggerezza, dopo tanta lapidea pesantezza! L’effetto playground è esaltato dall’esibizione di giocatori di basket acrobatici, con musica a palla: folla di curiosi e design della performance riuscitissimo.
Quasi un unicum è invece l’evocazione di un artificiale paesaggio di cava, quello di Levantina, un crescendo sfaccettato e retro illuminato che accoglie visitatori e clienti in maniera informale, alternativa ai paludati salottini che appaiono a volte un po’ loschi.
Come ad esempio le urne oversize – un meshup tra Gae Aulenti e Obelix – di Tosco Marmi Palissandro disegnate da Andrea Milani, che accolgono al loro interno (presumibilmente tra scongiuri e gestualità apotropaiche) il core business commerciale della fiera: ma si fanno notare e dunque funzionano, tanto da aggiudicarsi il Best Communicator Award per la sezione Design Italia, il premio ideato da Veronafiere nel 2007 e dedicato ai migliori stand divisi in quattro categorie con due vincitori, uno italiano e uno straniero. Il riconoscimento per l’estero nella medesima categoria è andato invece ai greci di Pavdlis Marble Granite.
La sezione Stone del premio ha visto prevalere Errebi Marmi per l’Italia e Akdo Silkar (Turchia) per l’estero, mentre i premi della sezione Machinery sono andati a Breton (Italia) e ai francesi di Thibaut; infine la sezione Tolls ha premiato l’azienda Nicolai Diamanti e la statunitense Blick Industries.
Nell’insieme, si coglie l’assenza in questa edizione 2017 di Marmomac di alcuni marchi che si caratterizzavano tradizionalmente per il coinvolgimento di nomi eccellenti del panorama internazionale dell’architettura, e che diventavano inevitabili termini di riferimento anche per l’exhibit design degli stand. Mettiamoci una pietra sopra.
In copertina: i vincitori del Best Communicator Award 2017 – photo Veronafiere-ENNEVI
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Marmomac 2017
Last modified: 2 Ottobre 2017