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Veronica RodenigoWritten by: Design Professione e Formazione

Marmomac 2017: come sarà Marmomac & the City

Marmomac 2017: come sarà Marmomac & the City

Intervista a Laura De Stefano, curatrice dello speciale format che porta dodici opere realizzate in marmo negli spazi più rappresentativi della città di Verona

 

Dopo i focus dedicati a Soul of City e Territorio & Design con Marmomac & the City si chiude il nostro percorso di avvicinamento alla fiera dedicata a design, innovazione e tecnologie applicate al settore lapideo. A Verona dal 27 al 30 settembre ci saremo anche noi per seguire l’appuntamento giorno per giorno.

 

Intanto la curatrice Laura De Stefano ci illustra le peculiarità della sesta edizione dell’iniziativa realizzata in collaborazione con Veronafiere, Comune e Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona. 12 opere in precedenza già presentate all’interno del padiglione fieristico The Italian Stone Theatre giungono in città e sino a fine ottobre instaurano un dialogo tra spazio pubblico, cittadini e visitatori divenendo temporanei landmark.

 

Marmomac & the City -specifica la curatrice- è l’unico evento che Marmomac porta all’interno del tessuto urbano rivolgendosi così non solo a progettisti e operatori. In questo modo anche l’utente finale ha occasione d’osservare le realizzazioni e di trarne magari uno stimolo.

A mio avviso è importante che la gente conosca il nuovo utilizzo di un materiale antico. Verona, città marmorina per eccellenza, non manca certo di esempi storici e stratificati: dall’Arena alle porte urbiche sino ai selciati stessi delle strade. Ebbene, l’elemento litico è fruibile anche oggi ma con il vantaggio delle nuove tecnologie: da quando vi sono software sempre più sofisticati, tagli a getto d’acqua, macchine da taglio a controllo numerico a 5 assi, è possibile rendere il materiale molto più leggero e utilizzarlo con meno spreco, sfruttando anche gli scarti di lavorazione. Si possono realizzare spirali sottilissime, pareti quasi trasparenti, texture elaborate, lavorazioni con curve e tagli… Cose impensabili sino a qualche anno fa.

 

I cittadini come percepiscono questa iniziativa?

All’inizio le reazioni erano di stupore, curiosità, a volte anche di critica. Adesso, giunti alla sesta edizione, i cittadini quasi ci aspettano. Addirittura, in luoghi rappresentativi come Piazza Erbe e Piazza Bra, molti si sono affezionati alle opere collocate in passato tanto da richiederne la permanenza.

Alcune aziende sarebbero state anche disponibili a donarle ma l’amministrazione non ha accettato l’offerta. Mi riferisco, ad esempio, al porta-biciclette in marmo di Carrara presso Porta Borsari (“MITO” di M.Cazzani con Franchi Umberto Marmi, 2012) o al mega vaso con l’ulivo in Via Mazzini (“Big Mac” di L.Bocchietto con Franchi Umberto Marmi, 2013). Realizzazioni di arredo urbano davvero notevoli che avrebbero impreziosito il centro di Verona, cosa che spesso non succede con quanto installato negli ultimi anni…

 

 

Come è aiutato il pubblico ad avvicinarsi a questi lavori?

L’aspetto didattico è particolarmente curato attraverso le didascalie. Tutte le tipologie dei marmi utilizzati per le opere sono denominate su un totem collocato in loco e il visitatore scopre così materiali e colori diversi: verde, rosso, arancio, sfumature bianche… La gente impara a conoscere che non esistono soltanto il granito e il marmo di Carrara.

Di contro, mi è capitato anche di ricevere qualche critica. Cito ad esempio il balcone di Giulietta, “Amarmi” (di michbold con Barsi Marmi) collocato lo scorso anno in Piazza Erbe. Si trattava di una scalinata dalla quale, una volta raggiunta la sommità connotata da un grande cuore, si poteva avere la visione dell’intera piazza. La gente da lì realizzava video, faceva delle dichiarazioni… insomma, c’era sempre una folla attorno all’opera. Le immagini sono poi circolate in tutto il mondo attraverso i social, postate da tedeschi, francesi, americani, giapponesi, russi. Ovviamente qualcuno ha tacciato la cosa come nazional-popolare; l’aspetto kitsch era innegabile, ma se è vero che in una piazza si può benissimo collocare un’opera concettuale, è altrettanto vero che la gente è maggiormente attratta dalla chaise longue, dalla fioriera…

 

 

Dalle realizzazioni, insomma, che può abitare

Certo. La gente preferisce vivere l’opera. Ricordo a tal proposito un altro esempio: nel 2013 fu esposta una panchina in marmo rosso Verona, “Bench of love” (realizzata con Cave Marmi AC), con lo schienale fatto a cuore. Chiaramente era abbastanza folkloristica ma costituiva, al tempo stesso, la summa tra il materiale locale e la shakespeariana vicenda amorosa. Anche in quel caso l’opera riscosse molto successo tra i turisti che facevano la fila per immortalarsi seduti e abbracciati. La manifestazione, del resto, non vuole essere una mostra d’arte. È un’iniziativa per il cittadino veronese, per il turista che attraverso queste realizzazioni può anche usufruire d’un punto di osservazione inedito dello spazio urbano. Si viene a creare insomma una forte relazione tra spazio, oggetto e fruitore: le opere diventano landmark temporanei e riconoscibili.

 

Quali sono i criteri di scelta di questi oggetti in relazione proprio al contesto urbano e quali le difficoltà tecniche della loro collocazione?

La scelta è sempre molto difficile perché bisogna rapportarsi con una città già pregna di significato, di storia. Il criterio è quello di porre in dialogo l’opera con la quinta urbana. Non sempre vi si riesce in maniera ottimale. A volte la fusione tra opera nuova e contesto antico è risolto. Gli spazi identificati sono poi quelli simbolici: Piazza delle Erbe, Piazza Bra, Piazzetta Navona, Porta dei Borsari, solo per citarne alcuni.

Sono necessarie inoltre molta attenzione, cura e un’altissima professionalità per la movimentazione delle opere, spesso difficile, faticosa e rischiosa. È l’azienda stessa che si premura della collocazione, ma non bisogna mai trascurare che realizzazioni pesanti e di grandi dimensioni possono essere molto fragili. Tutto ciò non sarebbe possibile senza una sinergia tra istituzioni, ente fieristico, Sovrintendenza e Ordine degli architetti.

 

Può anticiparci una peculiarità di questa edizione?

Quest’anno le modalità di partecipazione sono cambiate. Nelle precedenti edizioni veniva indetta una call per le aziende e queste proponevano un’opera magari già presentata in altre fiere. Altre realtà potevano proporre una realizzazione ad hoc (come nel caso del citato balcone di Giulietta) mentre le chaise longue di granito, ad esempio, erano già state realizzate per un albergo svizzero…Da quest’anno invece, per dare rilievo ai lavori che da tre anni a questa parte vengono esposti all’interno del padiglione The Italian Stone Theatre e che poi però, nella maggior parte dei casi, non vengono più esposti, abbiamo scelto di far partecipare a Marmomac & The City solo opere già presentate nel padiglione 1. Si vuole dare a queste creazioni un’ulteriore visibilità.

Né manca, come in passato, il dialogo con le realtà culturali come il Museo di Castelvecchio e la Biblioteca Civica, dove quest’anno abbiamo scelto di collocare tre opere di piccole dimensioni che, per la loro fragilità, non potevano essere installate all’aperto. Con la collaborazione di enti e istituzioni credo si possa fare veramente molto per la città.

 

 

Aziende, opere, designer partecipanti, luoghi in città

Antolini: opera Zenit, designer Raffaello Galiotto (Gran Guardia); Cereser Marmi: opera Gong, designer Giorgio Canale (Biblioteca Civica); Franchi Umberto Marmi: opera Erodoscape, designer Kengo Kuma (via Mazzini); Generelli: opera Moebius seats, designer Giuseppe Fallacara (Biblioteca Civica); Gmm: opera Caleido, designer Raffaello Galiotto (piazzetta Navona); Grassi Pietre: opera Pedra, designer Massimo Iosa Ghini (Biblioteca Civica); Helios Automazioni: opera Spongia, designer Raffaello Galiotto (Gran Guardia); Levantina: opera Dynamic Cities, designer Joaquín Alvado (Piazza Bra); Margraf: opera Organic, designer Raffaello Galiotto (Gran Guardia); Marmi Strada: opera Agave, designer Raffaello Galiotto (Portoni Borsari); Odone Angelo: opera Crio, designer Raffaello Galiotto (Gran Guardia); Pimar: opera Hyperwall, designer Giuseppe Fallacara (Piazza Erbe)

 

Immagine di copertina: Marmomac & the City 2015, Piazza Bra, “Kaleidoscope” di I. Iosifidis con Stone Group International

credits: gaiazuffa.eu

Autore

  • Si laurea nel 2002 in Lettere Moderne (indirizzo storico-artistico) all’Università degli Studi di Trieste con una tesi di ricerca in Storia Medievale. Dopo un master in Art and Culture Management al Mart di Rovereto e uno stage presso “Il Giornale dell’Arte” (Società Editrice Umberto Allemandi & C, Torino) alterna didattica e collaborazioni editoriali ad attività di comunicazione e ufficio stampa. Attualmente svolge attività giornalistica occupandosi di temi artistico-culturali. Dal 2008, a seguito di un’esperienza in redazione, collabora con "Il Giornale dell'Architettura" per il quale segue fiere di settore e format speciali. Nel 2016, in occasione della 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, ha ideato e gestito il progetto “Speciale Biennale Live”. È corrispondente de "Il Giornale dell’Arte” e curatore del supplemento “Vedere a Venezia”

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Last modified: 20 Settembre 2017