In alcune esposizioni fotografiche in Svizzera l’interazione di paesaggio naturale, manufatto d’ingegneria e proposta artistica
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Se guardare il paesaggio alpino, viverlo e attraversarlo non ci basta più, forse due eventi proposti nella vicina Svizzera possono aiutarci, pur nella loro durata effimera, a scoprire nuovi contenuti attraverso la fotografia che, esposta en plein air, assume il compito di agente rivelatore per decrittare i segni dell’antropizzazione delle valli alpine.
Su una diga nel Vallese…
Alla diga di Mauvoisin, nel Vallese, il Museo di Bagnes presenta
, sino all’arrivo delle prime nevi, l’esposizione fotografica “I come from the other side” di Claudio Moser.
La diga, costruita nel 1957, ha un’altezza di 250 metri – che ne fa la seconda più alta della Svizzera e la più alta ad arco – e può essere scoperta grazie a un sentiero proposto dalla Société de développement du val de Bagnes che ne conduce i visitatori sino al coronamento, attraverso un’antica galleria di scavo in cui, con testi e immagini d’epoca, viene ripercorsa la storia industriale di questa parte del Vallese.
Il coronamento è lungo 520 metri ed è qui che trovano collocazione le 28 fotografie di grande formato e due specchi, nell’allestimento proposto da Claudio Moser con il curatore Jean-Paul Fellay, co direttore del Centro Culturale Svizzero di Parigi.
La diga e il lago alimentato dalle acque che scendono dall’alta valle e, in particolare, da quelle che scendono dal ghiacciaio del Gietro e dal ghiacciaio d’Otemma, diventano così una sfida che l’autore invitato dal museo ha dovuto risolvere nell’allestimento dell’esposizione fotografica.
Dopo Robert Hofer nel 2011, Christian Lutz nel 2012, Hughes Dubois nel 2013, Geert Goiris nel 2014, Kasia Klimpel nel 2015, Alain Bublex nel 2016, Claudio Moser ha scelto una serie di immagini che mescolano natura e periferia urbana contrastando con l’imponente muro di cemento della diga, la calma della superficie dell’acqua e la potenza della natura alpina di alta quota, rilanciando, per analogia o contrasto, nuove interpretazioni per il luogo.
Completata da una seconda mostra concepita espressamente per la sede del Museo di Bagnes, visitabile sino al 3 settembre scorso, il lavoro di Claudio Moser ha saputo, anche grazie a video e registrazioni, indagare le peculiarità della valle di Bagnes restituendole in chiave contemporanea.
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… e sugli argini in Val Verzasca
In Val Verzasca
, invece, sono gli argini a ospitare le opere di 20 fotografi scelti per la quarta edizione del Verzasca FotoFest, sino al 31 ottobre 2017: Adriane Ohanesian, USA (www.adrianeohanesian.com)- Arguiñe Escandón, Spagna (www.cargocollective.com/arguiescandon) – Arunà Canevascini, CH (www.arunacanevascini.com), Bill McCullough, USA (www.billmccullough.com) – Camilla de Maffei, Italia (www.camillademaffei.com) – Delio Beretta, CH – Ettore Moni, Italia (www.ettoremoni.com) Federico Estol, Uruguay (www.federicoestol.com) – Giles Clarke, USA (www.gilesnclarke.com) Madoka Ikegami, Giappone (www.madokaikegami.com) – Maëlle Grand Bossi, Svizzera Mariela Sancari, Argentina-Messico (www.marielasancari.com) – Nicolas Janowski, Argentina (www.nicolasjanowski.net) – Ronan Guillou, Francia (www.ronanguillou.com ) Pierre Emmanuel Fehr, CH (www.pierremfehr.com), Salvatore Vitale, CH (www.kaleaktephotography.com), Stéphanie Buret, CH (www.stephanieburet.com),Tommaso Rada, Italia (www.radatommaso.com), Victoria Harriague, Argentina, Yoko Ishii, Giappone.
Gli argini sono quelli fisici del fiume Verzasca, che contengono e indirizzano il corso d’acqua. Gli argini possono essere naturali o artificiali creazioni umane; sono fisici e metafisici, psicologici, sociologici e filosofici. Queste sono le molteplici dimensioni del concetto che gli organizzatori hanno scelto per l’edizione 2017, un contenitore senza limiti di riflessione, che rende tangibile la costrizione del limite dell’argine, così come la sua assenza e anche la sospensione fra l’una e l’altra condizione.
Riflessioni e concetti espressi dalle fotografie dei 20 fotografi invitati a esporre alcuni loro lavori nella mostra en plein air. I partecipanti provengono da diversi Paesi del mondo, pluralità che permette di osservare le molteplici prospettive e sensibilità, dandone respiro cosmopolita.
A loro si aggiungono tre fotografi che hanno trascorso un periodo di residenza in Val Verzasca e le cui opere vengono presentate, sempre en plein air, ma sui muri dell’abitato di Sonogno: Gayatri Ganju (India) (www.gayatriganju.com), Jessica Wolfelsperger (Svizzera) (www.jessicawolfelsperger.com), Jorge Panchoaga (Colombia) (www.jorgepanchoaga.com).
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Sempre a Sonogno, il rustico Tecc Der Giacomina ospita la mostra “1% Privilege in a Time of Global Inequality”, curata dallo statunitense Myles Little, photo editor di “Time Magazine”, mentre nell’ambito di Verzasca Foto Off, dal 2 al 30 settembre, il Pozzo della Misura (Lavertezzo-Posse) ospita la mostra subacquea “Switzerland Underwater”, un progetto di sensibilizzazione della fotografa brasiliana Valeria Machado, una cui sintesi è proposta sul coronamento di un’altra diga, quella di Verzasca, famosa perché ospita la piattaforma di bungee jumping dove sono state girate le scene del famoso film di James Bond, “GoldenEye“.
È dall’interazione di paesaggio naturale, manufatto d’ingegneria e proposta artistica che nascono nuovi spunti per la lettura del paesaggio alpino che trovano, proprio nella contaminazione, nuove possibilità progettuali e di scambio a livello internazionale.
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fotografia , mostre
Last modified: 8 Settembre 2017