A proposito di deontologia e orizzonti della professione, riceviamo e pubblichiamo una lettera a margine del dibattito sul ruolo e il futuro degli Ordini professionali, inerente il Giuramento di Vitruvio
Ciò che lega gli architetti del passato e del futuro è la profonda passione per la ricerca dell’architettura che ancora non abbiamo, attraverso il progetto, che conduce ad un continuo e seducente appropriarsi di conoscenza ed innovazione, capace di rivelarci le forme, i linguaggi e modi di abitare che potranno essere risposta per il futuro.
Il mestiere dell’architetto genera un fascino collettivo, anche in coloro che vivono gli ambienti costruiti e gli spazi aperti da essi ideati, appropriandosi volontariamente o indirettamente delle percezioni, emozioni e benessere che questi sono in grado di trasmettere. Luoghi in cui atmosfere e relazioni sono in grado di modificare sensibilmente la nostra epigenetica, la cultura, la capacità di riconoscere il BELLO pensato in armonia con il paesaggio. Una riflessione che si apre dal momento in cui l’uomo ha scelto di ABITARE, abbandonando i suoi istinti e diventando parte di una comunità, in cui l’architettura, più importante artificio da lui creato, è diventata mezzo nel quale e attraverso il quale si è relazionato con il contesto naturale, ed ha rivelato nei secoli la propria identità.
Ed ecco che emerge il ruolo centrale dell’architetto: colui che genera idee capaci di donarci tutto questo, riuscendo a soddisfare le esigenze dell’intero corpo sociale, in grado di migliorarne la qualità di vita e di relazioni nel tempo. Figura chiave chiamata oggi a risolvere il tema della rigenerazione dello sprawl urbano e della ricostruzione, in un contesto umano e territoriale che inizia dalla scala sociale per arrivare a quella urbana ed architettonica.
Un ponte continuo con il passato che si rivela, nelle parole del più antico trattato che descrive la figura dell’architetto, come tecnico dalle plurime e complementari competenze, teoriche e pratiche, che vanno dal disegno alla medicina, dalla musica alla filosofia, dalla storia alla matematica ecc.; e che proprio attraverso queste virtù è capace di migliorare consapevolmente ed eticamente il contesto culturale e naturale in cui abitiamo. Una ricchezza ed unicità già raccontata da Vitruvio, di cui oggi è necessario riscoprire valori e competenze per privilegiarne la scelta, fra i cittadini e le amministrazioni.
Un’esigenza di cui potranno essere portavoce gli Ordini professionali, diventando custodi della cultura del costruire, sempre di più aperti a collaborazioni con le università, quali luoghi della formazione e supporto alla valorizzazione dei giovani tecnici. Consapevoli di come il progetto dell’architettura, oggi e nel futuro, potrà agganciare le esigenze di giustizia ed equità provenienti dalla società, in cui l’etica è la condizione principe ad ogni insegnamento ed atto progettuale si rivelino nella CONOSCENZA, CORRETTEZZA, nel senso di BENE COMUNE, nella QUALITÀ DELL’ARCHITETTURA e nelle RESPONSABILITÀ del professionista; aprendo così una riflessione sull’importanza del ruolo dell’architetto nella società odierna.
Assunti su cui è stato elaborato e reso vivo un atto unico: il Giuramento di Vitruvio. Un’idea del professor Salvatore Settis, resa concreta dall’incontro fra il professor Paolo Clini, del Centro Studi Vitruviani di Fano, e Andrea Rinaldi, presidente dell’Ordine degli Architetti PPC di Reggio Emilia, che ne ha richiesto la redazione.
Il documento così elaborato trova i suoi riferimenti nel trattato De Architectura, nel codice deontologico degli architetti e nel Giuramento d’Ippocrate per i medici, modello che ne ha ispirato la struttura e gli intenti culturali. Un atto dal valore simbolico che auspica un agire virtuoso del progettista verso le richieste di committenti, privati ed amministrazioni pubbliche o imprese, consapevole di essere punto di equilibrio fra le diverse parti. Al fine del bene imminente e futuro delle comunità, nel rispetto della natura, rafforzando il valore del suo mestiere come tecnico e figura di riferimento umana e sociale. Un documento che si potrà adattare alle esigenze delle società nel tempo, come nei secoli ha fatto quello ippocrateo, riscoprendo gli obiettivi ed i valori etici della professione dell’architetto.
Ad oggi il giuramento è stato adottato a livello regionale in Emilia Romagna. L’auspicio è la sua diffusione a scala nazionale ed internazionale, presso gli ordini tecnici professionali e società scientifiche che si stanno muovendo in questa direzione.
Immagine di copertina: collage dalla ricerca “Vitruvio e l’abitare contemporaneo”
GIURAMENTO DI VITRUVIO
Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:
1) di custodire ed accrescere la conoscenza in diversi campi, umanistici, di scienze ed arte, per operare a favore della società e dell’ambiente
2) di essere generoso, leale e moralmente integro, verso il committente e verso il paesaggio naturale ed urbano, concreta espressione del corpo sociale
3) di avere una visione lungimirante nell’agire sul patrimonio culturale e naturalistico, per garantire il bene comune, tutelando il futuro dei giovani e delle comunità
4) di cercare l’armonia con la natura nella qualità dell’architettura, attraverso lo studio della sua forma del linguaggio e dei materiali. Per donare qualità di vita attraverso i nuovi interventi sul paesaggio e sul costruito
5) di essere responsabile, nei confronti della viva memoria del nostro passato, lievito per il presente e fonte di riferimenti da conservare ed innovare per costruire il futuro
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deontologia , Ordini professionali
Last modified: 13 Giugno 2017