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Michele RodaWritten by: Reviews

Il linguaggio della città di oggi e i suoi possibili domani

Il linguaggio della città di oggi e i suoi possibili domani

Due volumi raccontano e propongono visioni sulla città: dal “manuale” di Deyan Sudjic al “manifesto” di Carlo Ratti e Matthew Claudel

 

Sensori, reti, programmatori da una parte. Monumenti, società, politiche dall’altra. Nessun dubbio sul fatto che nelle città si giochi il nostro futuro. Ma su cosa rappresentino oggi ci sono gli approcci più diversi. Due libri ne raccontano gli estremi, in parte alternativi in parte complementari. Perché la complessità del tema urbano deriva proprio dal sovrapporsi delle interpretazioni: quella di Carlo Ratti, insieme a Matthew Claudel, racconta una città modellata dai flussi di informazione, interferita da una virtualità capace di plasmare la fisicità. Più ancorate nella tradizione disciplinare sono invece le città di Deyan Sudjic, articolati esiti di incontri e conflitti che si materializzano in luoghi ed edifici.

La lingua per entrambi è l’inglese. Ma c’è tanta Italia nei 2 testi: aspetto scontato per Ratti, torinese che ha trovato la sua America al MIT. Londra è invece luogo di ricerca e di costante riferimento per Sudjic, che però precisa di aver scritto gran parte del testo in una fattoria toscana «a mezz’ora dal Palazzo Pubblico di Siena, un’occasione per spendere del tempo contemplando il famoso affresco di Ambrogio Lorenzetti, L’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo». Proprio gli aspetti politici – elementi fondamentali di costruzione della città – riecheggiano in “The Language of Cities”. Strutturato in 6 capitoli, si apre con un questione “Cosa è una città” a cui Sudjic dà una risposta spiazzante: «Città è una parola che si usa per descrivere sostanzialmente tutto». Un manualetto – teso tra storia e attualità (come le vicende di Gezi Park ad Istanbul) – che si muove con agilità, e qualche collegamento ardito, tra aneddoti, suggestioni, fatti urbani raccontati con taglio giornalistico. Se Londra è il caso studio esemplare, Sudjic spazia in un orizzonte enorme: di luoghi (dalla Lagos di Koolhaas alla Silicon Valley) ma anche di figure che in campi diversi hanno segnato la storia urbana: da Walt Disney al regista Anthony Minghella. Un collage di situazioni che si ritrova dall’apparato iconografico: 55 immagini in bianco e nero, molte sono metropoli riprese dall’alto. Ma non mancano facce e persone.

Il messaggio finale («Una città di successo è un’entità che si riconfigura continuamente, cambiando la sua struttura sociale e il suo significato, anche se le forme non sembrano mutare») è quasi un assist al lavoro di Ratti e Claudel che già nel titolo (“The City of Tomorrow. Sensors, Networks, Hackers, and the Future of Urban Life”) dichiara un punto di vista alternativo. Meno manuale e più manifesto, dove Sudjic racconta, Ratti propone visioni per una città immaginata prima ancora che immaginaria. Attraverso un repertorio di dati e analisi, ma anche di immagini dove proprio la città reale sembra dissolversi. Gli 11 capitoli – divisi in 4 parti – sono uno slalom, spesso spericolato, tra flussi, bits, informazioni, dati, virtualità. Così anche le figure attingono al repertorio dell’informatica e della tecnologia. Il crinale su cui si sviluppa il testo è proprio nella forza della rivoluzione digitale «in procinto di essere la trasformazione più radicalmente distruttiva del nostro ambiente costruito» di concretizzarsi anche con modifiche della consistenza fisica dei luoghi. La posizione di Ratti si esprime proprio in una logica di duplice interazione («La rivoluzione digitale non ha ucciso gli spazi urbani – anzi è molto lontana da questo – ma nemmeno li ha lasciati immutati») che deve essere il nuovo orizzonte di ragionamento di urbanisti e architetti. Emerge una città dai contorni sfumati: «semplicemente una piattaforma e un amplificatore di cui ci si può servire per qualsiasi finalità», la conclusione di Ratti. Infinitamente piccolo e infinitamente grande, infinitamente lento e infinitamente veloce si mischiano in queste nuove strane realtà. Megalopoli da 40 milioni di abitanti o condensatori di relazioni che stanno nella memoria di un tablet, le città oggi esprimono un senso di inesplorato che Sudjic sintetizza così: “Non abbiamo nessuna esperienza abbastanza lunga per capire come queste città possano funzionare”.

Deyan Sudjic, The Language of Cities, Allen Lane – Penguin Random House, Londra, 2016, 240 pagine, € 30

 

 

 

 

 

 

 

Carlo RattiMatthew Claudel, The City of Tomorrow. Sensors, Networks, Hackers, and the Future of Urban Life, Yale University Press, London, 2016, 192 pagine, € 18

 

 

 

 

 

 

 

 

Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 24 Maggio 2017