Alla Fondazione Cini di Venezia oltre 200 lavori restituiscono la produzione vetraria di Ettore Sottsass: oggetti del desiderio in un allestimento che si fa piccolo tempio della fama ma non restituisce la complessità del suo artefice
VENEZIA. Le Stanze del Vetro, meritoria creatura di Fondazione Cini e Pentagram Stiftung deputata a studiare e valorizzare l’arte vetraria del Novecento, allestiscono sino al 30 luglio una retrospettiva tematica a cent’anni dalla nascita di Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917 – Milano 2007) e a dieci dalla sua dipartita. Come ogni mezzo di comunicazione, anche questa esposizione è luogo di manipolazione e di scelte: qui il taglio, pure per l’allestimento, è molto tradizionale e concepisce una sorta di piccolo tempio della fama, un Pantheon effimero a scala ridotta capace di raccogliere la selezione curatoriale dei vetri più significativi.
Gli artefatti in mostra, collegati da un fil rouge temporale, si prestano alla classica visione estetico-contemplativa: autonomi o in piccoli agglomerati, distolti dal loro contesto originale o da ipotetiche ambientazioni e raramente confortati dai corrispondenti disegni, allignano lungo un percorso, un’esatta sequenza cartesiana architettata reiterando vari grappoli di forme, tecniche, materiali e partiture di colori.
Apprendere a diretto contatto di oggetti che possono vivere di vita propria è certo un eccellente modo di confrontarsi con la realtà. Tuttavia, al di là dall’affascinante sinfonia di tinte e forme, leitmotif leggibile nella superficie di questa mostra, gran parte dei visitatori potrebbe non comprendere pienamente l’ardua téchne fondata nella tradizione muranese e la sete inesausta di ricerca che ha spinto Sottsass a osare oltre le Colonne d’Ercole della consuetudine, producendo gli esemplari più singolari (vetro maritato con plastica, corian, colle e altri materiali).
Probabilmente a cagione del taglio circoscritto esclusivamente al vetro, non sono immediatamente evidenti soprattutto le relazioni degli artefatti esposti con l’intrinseca complessità del pensiero e dell’opera del loro autore: è difficile ma non impossibile spiegare perché un vaso di vetro non sia semplicemente un vaso di vetro e perché il Nostro sia differente da altri progettisti di vaglia che pur col vetro hanno avuto a che fare.
Il grosso della produzione vetraria di Sottsass realizzata per Vistosi, Toso, Venini, Alessi, Baccarat, Egizia, Fontana Arte, Zani, Swarovski e altri data dalla seconda metà degli anni settanta in avanti. Tuttavia a monte di essa sta un’attività multiforme e a dir poco ponderosa che pur una mostra molto specifica non può tacere. Un dinamismo fatto di peculiari contributi critici, rilevanti realizzazioni nel campo del disegno industriale ancor più che in architettura e di forti impulsi addensatisi in singolari riviste d’avanguardia, come ad esempio in “Room East 128. Chronicle” o “Pianeta Fresco”, realizzate con la moglie Fernanda Pivano. Di tutto ciò in mostra non v’è traccia, se non nell’eccellente e originale selezione di volumi specifici a disposizione nel bookshop.
Per la prima volta è esposto il nucleo di pezzi, progettati e realizzati per la reception della Millennium House appartenente al celebre collezionista del Qatar Saud Al-Thani (master project di Arata Isozaki presentato alla Biennale del 2002: più che di una villa, sarebbe opportuno parlare di un piccolo villaggio con elementi concepiti da diversi architetti di grido). Tuttavia questi artefatti, visibili da due diaframmi su di un ripiano astratto, non restituiscono appieno idea dell’ipotetico, eventuale rapporto con lo spazio per cui erano stati concepiti.
La gran parte degli artefatti esposti proviene dalla collezione personale di Ernest Mourmans: un raro, almeno all’epoca, gallerista committente di design. Architetto anch’egli, commissionò la sua propria dimora a Sottsass che ne progettò la costruzione a fine anni novanta a Lanaken, cittadina belga addossata all’olandese Maastricht. La grande casa ospita principalmente due tipi di collezioni molto diverse fra loro: una di avifauna in via di estinzione e un’altra d’arte, riflettendo la complessa immagine del committente e restituendone l’idea nella multiforme articolazione dei padiglioni interconnessi; interni che dialogano strettamente con le singolari collezioni, con l’esterno e con i materiali con cui sono realizzati. Una sorta di opera d’arte totale in cui anche i vetri colloquiano con il contenitore.
Forse per questa mostra non era possibile fare diversamente ma abituati a quanto la Fondazione Cini offre, come nel caso della complessa operazione di riproduzione del grande dipinto di Paolo Veronese per il refettorio – iniziativa che ha posto e continua a porre dopo dieci anni problemi inediti e affascinanti, come quello dell’originalità della riproduzione e della migrazione dell’aura – non riusciamo a figurarci la più piccola sbavatura.
Ettore Sottsass: il vetro
Le Stanze del Vetro, Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia, 10 aprile – 30 luglio
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Last modified: 18 Aprile 2017