Riceviamo e pubblichiamo una provocazione circa la formazione architettonica “fabbrica d’illusioni”; meglio puntare su ingegneria edile-architettura
Penso che sia giunto il momento di parlare della funzione sociale delle facoltà di architettura.
I tanti giovani che vi si iscrivono lo fanno con l’obiettivo di conseguire la laurea (possibilmente nei cinque anni e con 110 e lode) e poi di superare brillantemente gli esami di Stato (una pagliacciata da rimuovere attraverso la riscrittura dell’art 33 della Costituzione). E lo fanno col sogno di diventare come Wright o Le Corbusier o Mies, oppure come Tatlin o Michelucci o Terragni. O, almeno, come Renzo Piano o Norman Foster. Le due star più note dell’architettura contemporanea, presenti in ogni angolo del mondo conosciuto come non lo sono stati i maestri dell’architettura moderna. Men che meno il grande Frank Lloyd Wright, al quale non è stato consentito di realizzare una sua piccola opera sul Canal Grande (il “Masieri Memorial” realizzato poi su un diverso progetto di Carlo Scarpa) apparendo inammissibile ai soloni di quella Soprintendenza inserire un’opera di “architettura organica” nel contesto storico e artistico veneziano. Salvo poi autorizzare la realizzazione del banalissimo – e instabile – ponte di Calatrava, poi affiancato dall’allucinante cubo bianco come ampliamento del settecentesco Hotel Santa Chiara (nella foto di copertina).
Ma questi giovani si accorgono presto o tardi che non lo diventeranno mai. Perciò sostengo che le facoltà d’architettura sono fabbriche d’illusioni. Si sa da alcuni millenni che l’architettura è un’arte. Come lo sono la pittura, la scultura, la musica, la poesia. E non è possibile insegnarla. Come non si può insegnare a diventare pittori, scultori, musicisti, poeti, giornalisti e scrittori. Non erano laureati Quasimodo, Guttuso, Manzù, Puccini e nemmeno Pasolini, Moravia, Sciascia, Montanelli… E non erano laureati in architettura nemmeno Wright, Le Corbusier, Mies, Tatlin, Michelucci, Scarpa…
Ho maturato la convinzione che una facoltà che ha il compito di formare i futuri “costruttori” deve privilegiare l’insegnamento della téchne. Come la chiamava Aristotele per distinguerla dalla sophia, che è la magistrale padronanza della teknè. Essendo impossibile insegnare la sophia, occorre impegnarsi nell’insegnare la teknè; ossia l’insieme delle norme che riguardano le così dette “finalità pratiche” delle costruzioni (proteggere dal freddo e dal caldo, riparare dalla pioggia e dal vento, godere della luce e del sole, isolare dai rumori, garantire la durevolezza, assicurare la stabilità in caso di terremoti…), che sono essenziali per progettare e realizzare edifici sicuri, confortevoli, gradevoli, durevoli. Possibilmente belli. Ma non necessariamente. Del resto, nel patrimonio edilizio di tutte le città del mondo sono pochissime le opere “mirabili”, quelle meritevoli di una particolare attenzione. E di tutela. Ma tuttavia sufficienti per soddisfare il nostro “bisogno di bellezza”.
Perciò la massa dei laureati che le facoltà di architettura sfornano a migliaia ogni anno ripiega nell’insegnamento nelle scuole medie e nei licei. E anche in qualcuna delle tante, troppe università del nostro paese. Oppure ripiega nel pubblico impiego negli uffici tecnici dei Comuni, delle Province, delle Asl, degli Iacp. E nelle Soprintendenze. Con “licenza di progettare”. Come dire, imbruttire, involgarire le nostre città e manomettere il nostro patrimonio storico e artistico. Con risultati esecrabili. Che, purtroppo, siamo in pochissimi a denunciare.
Perciò, essendo il nostro paese l’unico al mondo a sprecare ingenti risorse economiche per tenere in piedi due facoltà che preparano due professionisti, destinati a fare le stesse cose, abbiamo il dovere di abolirne una. E, per le ragioni appena dette, penso che vadano abolite le facoltà di architettura e che vadano potenziate quelle di ingegneria edile-architettura. È stato Le Corbusier a scrivere nel 1923 in Vers un’architecture che “Gli ingegneri sono sani e virili, attivi e utili, morali e gioiosi (…). Abbiamo bisogno di case ascetiche e pulite, disciplinate e frugali. Gli ingegneri provvedono al bisogno ed essi costruiranno”. Ed è stato Leonardo Sciascia che in Todo modo ha scritto “L’architettura e la sociologia sono le due grandi imposture del nostro tempo”.
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Last modified: 7 Marzo 2017
[…] Leggi la lettera che ha dato il via al dibattito […]
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