Il curatore Davide Ruzzon illustra l’avvio di una ricerca internazionale sul rapporto tra neuroscienze e architettura
Tra le catastrofi, un secolo dopo, alla Grande Guerra possiamo riconoscere anche quella di aver decretato la morte del sogno nato ad Hellerau – località vicina a Dresda – di unire le scienze dell’uomo con l’arte e la cultura umanistica. Nel contesto di questa città-giardino, voluta dal Werkbund tedesco, sulla scorta delle scoperte della moderna psico-fisiologia, infatti, venne avviata una scuola, guidata da Jacques Dalcroze per “coordinare la mente che concepisce, il cervello che ordina, il nervo che trasmette e il muscolo che esegue”. Un successo. In poco tempo, i più grandi artisti, architetti e studiosi iniziarono a passare da Hellerau: sembrava l’inizio di un nuovo modo di concepire la creatività artistica. La guerra cancellò tutto, alcuni tra i fondatori morirono e la scuola disegnata da Heinrich Tessenow venne abbandonata. Il Bauhaus in parte riprese, in maniera tiepida, il suo insegnamento con Moholy-Nagy, Itten, Kandinsky ed Albers ma, come ricorda Harry Mallgrave nel suo volume Architecture and embodiment, infine il nazismo travolse il poco rimasto vivo, costringendo Walter Gropius ad emigrare negli Stati Uniti e producendo la diaspora di tutto quel sapere.
Proviamo ad immaginare cosa sarebbe accaduto all’architettura se le guerre non si fossero scatenate e se il germogliante patto con le scienze si fosse davvero radicato? Credo sia una bella domanda. Cosa avrebbero detto, ad inizio 900, se solo avessero potuto immaginare le scoperte che le neuroscienze avrebbero sviluppato pochi decenni dopo? Infatti, grazie alle tecniche di neuro-immagine – strumenti raffinati quanto mai prima – una serie di ricerche, dagli anni ottanta, hanno fornito un’enorme conoscenza sul rapporto cervello/corpo, sul ruolo delle emozioni-sentimenti nello sviluppo del pensiero e sull’interazione continua ed inconscia tra ambiente e cervello. Questi studi hanno consegnato la consapevolezza dell’impatto dell’architettura sull’uomo, rendendo disponibile la conoscenza di come gli elementi che compongono la sinfonia architettonica agiscano sull’uomo e influenzino il suo comportamento.
La guerra rimosse, quasi completamente, la dimensione biologica dell’uomo dall’orizzonte del progetto architettonico, quando era ormai chiaro che la componente innata delle reazioni principali delle persone è iscritta nel genoma, è universale, e gioca un ruolo chiave nello sviluppo degli individui, dalla culla alla tomba.
Su questi antefatti, il 10 novembre 2015 a Venezia la ricerca “Rooms” è stata presentata all’Università IUAV: progetto promosso da TArch e curato da chi scrive con Vittorio Gallese, neuroscienziato di Parma, tra gli scopritori dei neuroni specchio. “Rooms” coinvolge molte persone, in 23 aree, in tutti i continenti). Con IUAV è partner la Aalto University di Helsinki, la McGill di Montreal e la AOA di Mumbai, mentre Oikos è sponsor. Nel comitato scientifico Renato Bocchi, Harry Mallgrave, Juhani Pallasmaa, Alberto Perez-Gomez e Rohit Shinkre, mentre nel board figurano Meghal Arya, Sarah Robison, Alessandro Melis, Giovanni Vio e Manuel Palerm (backstage a cura di Overview Editore).
Nel 2016, si è tentato di avviare “Rooms” attraverso un crowdfunding, anche con il fine di usare i social media per amplificare il messaggio. Dopo questo passaggio, il progetto sarà avviato con modalità classiche di fundraising, appoggiato da istituzioni e fondazioni. Tra qualche settimana avrà inizio “RoomsBeta”. Il test coinvolgerà due gruppi di 30 persone per ogni edificio: uno con gli utenti degli spazi, il secondo con persone prive della stessa esperienza diretta. Questa prima fase, condotta con Alessandro Luigini e Katia Accossato, sarà dedicata all’apprendimento e a tre università, in Italia, Olanda e Spagna a far da scenario: Bolzano (sede di Bressanone), Eindhoven e Granada, edifici progettati da Kohlmayer Oberst Architekten, Mecanoo (immagine di copertina; © Mecanoo) e Cruz y Ortiz. I sei gruppi saranno condotti, con Antonio Filoni, all’interno della piattaforma gestita dalla società duepuntozero di DOXA: questi, dopo aver visionato una sequenza d’immagini, risponderanno a cinque domande concepite per valutare l’influenza dello spazio sulle capacità simulative dei soggetti.
Il fine della “RoomsBeta” sarà quello di sviluppare un’ipotesi di tipo comportamentale, da raffinare nel corso di “Rooms”, ampliando ai cinque continenti l’estensione geografica. La ricerca sarà in parte condotta in un laboratorio dotato di realtà virtuali immersive e di strumenti per la scansione dell’attività cerebrale.
About Author
Tag
ricerca
Last modified: 7 Febbraio 2024