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Written by: Città e Territorio

Habitat III: crescita urbana, opportunità o problema?

Habitat III: crescita urbana, opportunità o problema?

Seconda delle due puntate dedicate al report di Habitat III, la conferenza mondiale delle Nazioni Unite che indaga sul futuro dell’uomo nelle città

LEGGI LA PRIMA PARTE

Scenari futuri

È evidente che il panorama fin qui descritto proietti i problemi principali dell’umanità all’interno dei centri urbani. Secondo gli studi della London School of Economics però la città non rappresenta necessariamente un problema, quanto piuttosto una risposta efficiente a tutte le dinamiche finanziarie e sociali e persino a quelle ambientali, se è vero che le città virtuose come Portland e Copenaghen hanno indici d’inquinamento inferiori a quelli nazionali.

Densificare significa accorciare le distanze e di conseguenza ridurre le emissioni legate ai trasporti; questa deduzione apparentemente banale, se resa assoluta segna la fine di un’epoca in cui si era formata la convinzione che la diffusione del web avrebbe sostituito le relazioni virtuali a quelle fisiche. Piuttosto, alla contrapposizione tradizionale di lettura tra città e campagna, si sostituisce quella tra la città e l’intercittà teorizzata da Sassen, cioè quella rete transnazionale di relazioni immateriali che è in grado di determinare alcune delle comuni caratteristiche dei centri urbani di tutto il mondo. Forse non si tratta di una vera e propria contrapposizione, quanto piuttosto di una sovrapposizione, perché in realtà la città è il luogo dove queste reti intangibili si rendono visibili.

Le geografie intercittà, non solo quelle oggi più evidenti come i flussi migratori, ma anche quelle più esili ed apparentemente evanescenti, reclamano piattaforme di governo globali, in grado di gestire relazioni non solo del tipo tradizionale, ma anche delle economie informali, sempre più rilevanti nella nostra società, e delle loro “ricadute” sulla gestione dei modelli urbani come risposta a pressioni globalizzate.

Non sempre per esempio il fenomeno della digitalizzazione incrementa il livello organizzativo di una città; piuttosto, esso alimenta le interferenze nei sistemi d’uso tradizionali da parte di un abitante. Pensiamo per esempio alle opzioni di scelta che si pongono ad un cittadino che volesse scegliere un ristorante per la sera oppure cambiare le gomme di un’automobile, o ancora prendiamo in considerazione le geografie deviate dei flussi di movimento dai sistemi satellitari di traffico intelligenti, cioè in grado di suggerire percorsi diversi a seconda della rilevazione istantanea di densità di automobili presenti su un determinato percorso. La fruizione della rete stradale si dilata e si comprime come un cuore pulsante, generando indotti inaspettati, talvolta incontrollati, che sfuggono alla preventivazione a cui ci avevano abituato i modelli analitici e logici tradizionali e che rendono talvolta più sfumato l’effetto di catalizzazione delle attività economiche e commerciali da parte delle reti viarie.

Il fenomeno di urbanizzazione avviene per motivi molto diversi perché attraversa situazioni e contesti talvolta diametralmente opposti, ma le popolazioni divengono urbane prevalentemente per un fattore legato alle opportunità, vere o supposte. Se quasi sempre la percentuale di PIL generato dalla città è superiore a quella del valore nazionale corrispondente, non sempre invece il tasso di disoccupazione è inferiore e ciò determina situazioni meno favorevoli soprattutto nelle metropoli più ricche. Il futuro della metropoli sarà disegnato secondo questi criteri ma il tema dei prossimi venti anni sarà quello di metterle in grado di dare una risposta ad un problema a cui le città del mondo non sono ancora preparate.

Le politiche sullo spazio pubblico dovranno porsi come freno alla privatizzazione delle aree urbane, altrimenti sarà una città piena di abitanti ma vuota di cittadini. Gli obiettivi descritti nella nuova agenda urbana di Habitat III si prefiggono di ridurre la pressione sociale determinata da densità e dimensioni, che le regole attuali non sono abituate a governare, di gestire le coesitenze multiculturali generate dalle migrazioni (dal multiculturale alla ”intercultura”), di creare quelle condizioni di lavoro che i nuovi abitanti si aspettano e per ora la città non è in grado di offrire, di garantire per la totalità della popolazione urbana l’accesso all’acqua, così come agli altri servizi basici come l’elettricità, le infrastrutture fognarie, i servizi sanitari e la gestione dei rifiuti.

Se tutto questo non avverrà la crescita urbana assumerà toni apocalittici. Se invece saremo in grado di dare risposte adeguate l’urbanizzazione non diverrà un problema ma la grande opportunità.

 

Bibliografia

Culture Urban Future, 2016, ed. United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, Paris, France

Ekos, 2016, ed. Edicuatorial, Quito, Ecuador

Richard Burdett, Miguel Kanai, La costruzione della città in un’era di trasformazione urbana globale, in Città Architettura e Società, Catalogo della 10. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia

Autore

  • Andrea Gritti e Franco Tagliabue Volonté

    Andrea Gritti è architetto PhD e ricercatore in composizione architettonica e urbana è docente presso la Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni del Politecnico di Milano. Si occupa del rapporto tra progetto architettonico e patrimonio culturale ed è il coordinatore del Laboratorio Re-cycle Italy per il Politecnico di Milano. Dal 2010 si occupa di interventi di prevenzione, emergenza e ricostruzione delle aree colpite da catastrofi naturali, all’interno di gruppi internazionali di ricerca per i quali ha coordinato numerosi eventi. Franco Tagliabue Volontè, titolare dello studio ifdesign di Milano, vincitore dell’Ecola Award di Berlino, CID Award di Chicago, del Premio Europeo dello Spazio Pubblico di Barcellona e di numerosi altri riconoscimenti, invitato alla Biennale di Venezia e alla Biennale di Shenzhen-Hong Kong, dal 2002 insegna Progettazione alle Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano ed è stato visiting professor alla UTE di Quito. Invitato in seminari nazionali ed internazionali sul tema delle catastrofi naturali, partecipa al programma DAAD Disaster City TU Berlin- Politecnico di Milano e con A. Gritti e R. d’Alencon si è impegnato nei programmi di ricostruzione in aiuto delle popolazioni colpite dal sisma dell’aprile 2016 della costa di Esmeralda in Ecuador. Ha scritto con Nina Bassoli il libro "Stem Procedure – Strategie di rigenerazione post-sisma" (Maggioli editore)

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Last modified: 30 Gennaio 2017