Fino al 15 gennaio il Macro Testaccio ripercorre con una mostra 50 anni di carriera, tra i grandi progetti e le occasioni rimaste sulla carta
ROMA. Una mostra antologica allestita al Macro Testaccio racconta il lavoro progettuale di Francesco Cellini attraverso un arco temporale di quasi cinquant’anni. Dall’ipnotica ricerca formale della tesi di laurea del 1969, che porta alle estreme conseguenze geometriche e spaziali i temi posti dall’architettura kahniana già ripresi in ambito romano dal GRAU (Gruppo Romano Architetti Urbanisti), ai progetti più recenti per il Mausoleo di Augusto e l’area ferroviaria centrale di Bari, al visitatore si presenta un panorama di progetti estremamente eterogenei per scala (dall’oggetto di design al piano urbanistico), contesto (paesaggi naturali, realtà urbane consolidate o sfrangiate, siti archeologici), tipologia d’intervento (nuova edificazione, restauro, paesaggio e spazio pubblico) e committenza (pubblica e privata).
In questa articolata produzione si possono però individuare temi compositivi e formali ricorrenti: l’incontro tra geometrie euclidee, con una particolare predilezione per l’intersezione di figure piane e parallelepipedi con sfere o superfici coniche (ponte dell’Accademia e Padiglione Italia a Venezia, chiesa di San Giovanni Battista a Lecce); la sezione come matrice del progetto e le strutture spaziali a muri paralleli, spesso “affettate” secondo direttrici diagonali che derivano dalle preesistenze o dalla forma del lotto (padiglione Italia a Venezia, complesso residenziale a Orvieto Scalo, complesso turistico a Sestriere, centro di canottaggio a Baschi, complesso residenziale nell’area ex Junghans a Venezia). Temi e figure che ritornano in forme diverse, come ossessioni personali di un architetto-autore che non perde mai la dimensione artigianale dell’attività progettuale, avvalendosi di volta in volta del contributo di pochi colleghi (tra tutti la compagna di Università e di vita Nicoletta Cosentino, il “maestro” Alessandro Anselmi, gli allievi Eugenio Cipollone e Paolo Orsini). Comune a tutti i lavori è il rigore nel controllo del progetto, che tende a rispondere attentamente al programma funzionale, interpretando il senso profondo del tema posto e il ruolo dell’edificio, e a seguire altrettanto meticolosamente la logica di un principio formale che è lo stesso autore a darsi, spesso come meccanismo geometrico; tuttavia, non una gabbia rigida ma un dispositivo in grado di generare al tempo stesso ordine e complessità spaziale.
Ma l’aspetto più evidente che la mostra restituisce è la particolare propensione di Cellini per il disegno, non solo nel suo ruolo strumentale di rappresentazione del progetto ma anche come forma autonoma d’indagine sull’architettura. Tra i più abili della sua generazione a disegnare con le tecniche tradizionali (a testimonianza, in una teca vengono esposti strumenti ormai rari negli studi di architettura), Cellini dimostra anche una sorprendente disponibilità alla sperimentazione delle tecniche più recenti: per le viste si passa dalle prospettive colorate a matita (particolarmente originale la vista “subacquea” del ponte dell’Accademia, 1985) o a pennarello (foro pubblico per la XVII Triennale di Milano, 1987), agli acquerelli (torre per telecomunicazioni a Shanghai, 1986), al disegno a mano libera del progetto sulle foto dello stato attuale, anche rielaborato anche al computer (teatro romano di Spoleto, 2005; parco urbano di Bagnoli, 2006), alla riproduzione degli effetti a mano libera con i programmi di grafica (Centro congressi a San Miniato, 2004), ai più recenti rendering (riqualificazione del Mausoleo di Augusto, 2006; Yenikapi Tranfer Point a Istanbul, 2012).
Purtroppo, la possibilità di apprezzare il carattere degli spazi resta spesso confinata alla dimensione cartacea. Nella mostra infatti si può leggere anche il racconto di una serie di occasioni mancate, prima di tutto per il nostro Paese, dove la condizione del fare architettura è stata minata negli ultimi cinquant’anni da troppe difficoltà che hanno mortificato una generazione in grado di esprimere autentici talenti.
Mostra: “Francesco Cellini. Strumenti e tecniche del progetto di architettura”, a cura di María Margarita Segarra Lagunes, MACRO Testaccio – padiglione 9 B, fino al 15 gennaio 2017
Libro: Francesco Cellini, Electa, Milano, 2016 (con un saggio di Francesco Dal Co)
Immagine di copertina: progetto per un parco urbano nell’area ex Italsider, Bagnoli, Napoli 2006-2009 (con Insula Architettura e Ingegneria, Francesco Riccardo Ghio, 3Ti Progetti Italia, Turner & Townsend Group Ltd)
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Last modified: 29 Novembre 2016