In occasione della pubblicazione di un volume sul restauro, riceviamo dall’arch. Maria Paola Zoffoli, collaboratrice del RUP, una breve sintesi dei lavori che hanno interessato la facciata monumentale e hanno visto il coinvolgimento dell’Università di Firenze e di Politecnica Ingegneria e Architettura
Il restauro della facciata monumentale della sede della Banca d’Italia arricchisce la città di un intervento strategico che, come afferma Luigi Donato, capo del Dipartimento Immobili e Appalti della Banca, «intende andare oltre al mero restauro per contribuire a valorizzare il patrimonio artistico presente in molte delle nostre sedi». Il restauro del palazzo, che si trova a poca distanza dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore, ha restituito l’originaria qualità all’architettura e al suo contesto urbano ma, soprattutto, ha introdotto innovazioni che ampliano gli orizzonti del dibattito sulle metodologie e tecniche di conservazione del nostro patrimonio storico.
Nonostante non sia la prima volta che la facciata viene restaurata, è però la prima volta che la partitura architettonica viene riportata alla sua integrale leggibilità stilistico-cromatica. Ciò è stato possibile grazie al Servizio Immobili della Banca che ha coordinato un team multidisciplinare composto dai propri tecnici e da rappresentanti di varie istituzioni quali l’Università, la Soprintendenza e operatori economici locali (professionisti e imprese) che hanno lavorato in simbiosi durante tutte le fasi del restauro, stabilendo un rapporto diretto tra “cantiere” e “laboratorio”. Questa integrazione di competenze ha permesso rilievi e indagini diagnostiche fondamentali per la più accurata catalogazione del lito-tipo, per la mappatura dei degradi, ma anche per l’individuazione dei prodotti più efficaci e a minore tossicità.
Il palazzo fu progettato dall’architetto napoletano Antonio Cipolla (1823-1874) e costruito, tra il 1865 e il 1869, dalla Banca Nazionale del Regno, per trasferirvi la Direzione Generale da Torino a Firenze capitale. Il volume edificato satura il resede del Palazzo de’ Pazzi di Borgo degli Albizi ed il suo unico affaccio urbano è il fronte lungo via dell’Oriuolo. Come richiedeva lo stile dell’epoca, il progetto esibisce un impianto rinascimentale connotato da simmetria ed assialità con cui, ai tempi, s’intendeva comunicare la solidità, la severità e la sobrietà dell’Istituzione bancaria.
I lavori, che si sono protratti per oltre 12 mesi e conclusi nel luglio 2015, sono stati eseguiti da ditte specializzate nel restauro dei materiali lapidei. La collaborazione con l’Università di Firenze ha permesso d’impostare la metodologia, dirigere le fasi propedeutiche e fornire un costante supporto bibliografico e di laboratorio al restauratore; si sono cosı̀ testati nuovi prodotti, operate scelte e definito un protocollo di prassi e di ricerca che hanno concorso a definire la buona riuscita dell’intervento. Non ultimo, sotto un profilo a maggior respiro culturale, l’importanza dell’intervento ha riaperto quel dibattito storico che dalla metà dell’Ottocento s’identifica nelle due posizioni di Viollet-le-Duc e John Ruskin: il primo sostenitore della trasformazione, il secondo dell’autenticità irreversibile. Se Le Duc affermava che “restaurare un edificio non significa ripararlo nè ricostruirlo, ma stabilire la sua ultima identità contemporanea”; Ruskin rispondeva che “è impossibile restaurare un monumento storico come è impossibile risvegliare i morti”. Due posizioni filosofiche estreme che, nel caso del restauro del Palazzo della Banca d’Italia, si sono stemperate nei criteri fondanti della teoria del restauro critico di Cesare Brandi che sono la conservazione dell’autenticità dell’opera, la reversibilità degli interventi e la massima cura nell’eliminazione delle più gravi cause di degrado.
Il restauro: metodologie, tecniche e innovazioni
Il materiale lapideo che caratterizza le cornici delle finestre, i marcapiani, i sottogronda e i bugnati della facciata è costituito da pietra arenaria; mentre i tamponamenti sono in pietra calcarea. La facciata si esprime quindi attraverso la bicromia di matrice brunelleschiana, che non può prescindere dal corretto contrasto cromatico tra i materiali che definiscono il linguaggio e l’identità stessa dell’architettura. L’esteso degrado era quindi particolarmente grave perché comprometteva la leggibilità dell’intero sistema a causa della presenza di patine cromatiche nerastre, croste indurite e macchie sulle arenarie, causate dalle diverse porosità superficiali e da trattamenti precedenti. Inoltre, si manifestavano distacchi e cadute di frammenti lapidei; fenomeni di esfoliazione interessavano la maggior parte della pietra arenaria e molto estesa era la presenza di depositi superficiali e di patina biologica.
Il laboratorio del Dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Firenze (LAM), si è occupato delle indagini diagnostiche mirate a definire le cause dei processi di degrado, probabilmente imputabili ad un passato trattamento a base di acidi che ha mutato le caratteristiche d’igroscopicità e di capacità di assorbimento della pietra. Le maggiori criticità sono emerse proprio dall’individuazione e dalle modalità di rimozione di questi prodotti che hanno richiesto analisi con la tecnologia ATR-FTIR, spettroscopia vibrazionale che ha permesso d’individuare le sostanze organiche applicate nei precedenti restauri, quali silicato di etile, polimeri fluorurati e prodotti, come il gesso, determinati dall’interazione tra il materiale lapideo e gli agenti atmosferici.
Dopo una prima pulitura con pennelli per togliere il pulviscolo secco, si è passati alla messa in sicurezza della facciata, con opere di pre-consolidamento con micro-perniature in vetro resina e silicato di etile in emulsione acquosa a bassa percentuale che costituisce un’importante novità nel panorama dei consolidanti a bassa penetrazione. Sono seguiti interventi mirati alla fermatura del materiale litoide quali pre-incollaggi e velinature di contenimento.
La pulitura si è svolta in fasi successive che hanno compreso:
1. trattamento biodeteriogeno, cioè l’eradicazione di organismi infestanti quali alghe, muschi e licheni. Sono state utilizzate miscele di sali di ammonio quaternario al 3% in acqua con tre cicli di applicazione, uno ogni 5 giorni.
2. impacchi con acetone e acetato di n-butile in parti uguali supportate da polpa di carta e sepiolite con interposta carta giapponese; il tutto coperto da foglio di alluminio per limitare la forte volatilità dei solventi.
3. consolidamenti con silicato di etile sino a saturazione dei supporti, differenziando per porosità, quindi per capacità di assorbimento in modo da garantire per tutta la superficie un’uguale resa del trattamento.
4. stuccature e microstuccature con calce idraulicizzata a freddo, cotta a bassa temperatura ed esente da sali solubili (max 0,5%) e aggregati in curva granulometrica in funzione delle diverse esigenze degli spessori di applicazione.
5. le aree ritenute cromaticamente non compatibili, come le vecchie ricostruzioni in cemento dei dentelli del sottogronda, sono state patinate per adeguarle cromaticamente al contesto. Si sono utilizzate terre naturali in acqua e resina acrilica al 5%.
6. l’ultimo intervento ha previsto un trattamento idrorepellente a base di resine silossaniche insolvente white spirit su tutta la superficie della facciata.
Dopo un attento esame e specifiche indagini, la Banca in accordo con la Direzione Lavori, ha deciso di rimuovere lo strato superficiale di malta che mascherava il paramento in pietra calcarea. È cosı̀ riemersa l’intensità materica della facciata e le originali lumeggiature della pietra con tonalità dal nocciola chiaro al terra di Siena che si contrappongono al colore compatto della pietra serena. Contrasti cromatici cari alla tradizione architettonica fiorentina che fanno risaltare le profondità e le texture della trama dell’apparato architettonico cosı̀ come progettato in origine. Con questo spirito di ricerca, il restauro ha rispettato la storia e anticipato il futuro.
Fotografie di Pietro Savorelli con Benedetta Gori e Damiano Verdiani
Il libro
Palazzo della Banca d’Italia a Firenze. Restauro della facciata monumentale, a cura di Cristina Donati (Roma 2016)
Crediti del progetto di restauro
Committente: Banca d’Italia – Servizio Immobili
Cronologia: inizio lavori luglio 2014 – fine lavori luglio 2015
Capo Dipartimento Immobili e Appalti, Banca d’Italia: Luigi Donato
Capo del Servizio Immobili, Banca d’Italia: Tommaso Giacomino
Responsabile Unico del Procedimento: Luigi Volpe, Banca d’Italia – Servizio Immobili
Collaboratori del R.U.P.: Maria Paola Zoffoli, Stefano Bolla
Direttore Banca d’Italia, Firenze: Elisa Zappone
Ufficio segreteria di Firenze – Addetti al settore immobili: Domenico Lo Turco, Lorena Nannini, Germana Gozzi
Soprintendenza di Firenze – Responsabile di Zona quartiere San Giovanni: Vincenzo Vaccaro
Progettista e Direzione lavori: Beatrice Gentili, Politecnica Ingegneria e Architettura
Coordinatore per la sicurezza: Pierangelo Gallicani, Soc. Techniconsult
Responsabile del rilievo e mappatura dei degradi: Maria Di Benedetto, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Firenze
Gruppo di ricerca: Mila Martelli, Filippo Nobili, Pietro Seghi
Responsabile indagini diagnostiche: Carlo Alberto Garzonio, Responsabile DST LAM, Dipartimento di Scienze della Terra – Laboratorio materiali lapidei e di geologia del paesaggio e dell’ambiente, Università degli Studi di Firenze
Gruppo di ricerca: Daniele De Luca, Elena Pecchioni, Marilena Ricci
Raggruppamento temporaneo di imprese: SIRAM s.p.a. (impresa mandataria)
Impresa subappaltatrice: Consorzio EACOS – socio esecutore: Civitas Pietra, Direttore Tecnico: Mauro Berrettini, Consulente tecnico del restauro: Marco Bacci
Capo cantiere: Carlo Bianchini
Scheda tecnica dell’immobile
Committente: Banca Nazionale nel Regno d’Italia
Luogo: Via dell’Oriuolo 37/39, Firenze
Progettista: Antonio Cipolla (1823 – 1874)
Cronologia: 1865 – 1870
Importo dell’opera: 784.000 Lire
Superficie interna lorda: 1.900 mq
Piani: 3
Altezza: 25 mt.
Lunghezza: 52 mt.
Superficie facciata: 1.300 mq
Superficie effettiva della pietra in facciata: 1.860 mq di cui:
Pietra poco lavorata: 645 mq
Pietra mediamente lavorata: 905 mq
Pietra molto lavorata: 253 mq
Pietra per balconi: 57 mq
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firenze , restauro
Last modified: 13 Gennaio 2017