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Written by: Città e Territorio

Ritratti di città. Ravenna si riscopre città d’acqua

Ritratti di città. Ravenna si riscopre città d’acqua

La seconda puntata del viaggio nel capoluogo romagnolo porta al recupero della Darsena di Città e ai progetti che per trent’anni hanno tentato di intraprenderne la riconversione

 

RAVENNA. Il nodo della rigenerazione urbana s’intreccia con il recupero della Darsena di Città, ovvero l’ampia area ai due lati del porto-canale Candiano, nel tratto terminale – lungo circa 2 km – compreso tra il nuovo ponte mobile e la stazione ferroviaria. Negli ultimi anni è maturata l’idea di ricongiungere la città al suo mare, dal quale è stata separata per le maggiori necessità dei settori produttivi e per la presenza della stessa stazione. Se la cesura dovuta alla linea ferrata permane, la Darsena sta divenendo permeabile grazie a piccoli interventi, come la rimozione delle recinzioni demaniali e l’apertura di varchi ciclo-pedonali attraverso il tessuto consolidato sulla testata. Il riavvicinamento all’acqua e la realizzazione di alcuni interventi di riattivazione urbana stanno mostrando le potenzialità spaziali della Darsena che, tuttavia, è ancora in cerca di una vocazione.

 

La città-porto

Il distacco fisico tra il centro storico e le banchine ha costretto la Darsena nel ruolo di corpo estraneo alla città

, contribuendo ad accrescere il timore reverenziale di Ravenna verso l’acqua, nonostante ne abbia sempre tratto ricchezza e sviluppo. Il porto moderno venne costruito nel 1735 per volontà del Legato Pontificio Cardinale Alberoni, e collegato alla città tramite un canale navigabile – unico nel suo genere in Italia – che troverà la sua forma definitiva solo dopo l’Unità d’Italia e l’arrivo della ferrovia. Tra porto e stazione si intesse un rapporto strettissimo, esempio ante litteram d’intermodalità che crea le condizioni ideali per il sorgere di manufatti di servizio e stabilimenti produttivi, prima ai lati della banchina e poi nelle zone di retroporto non ancora urbanizzate. L’espansione dello scalo culmina con la grande industrializzazione compiuta dopo il secondo dopoguerra e la nascita di nuovi segmenti produttivi (estrazione del metano, industria chimica e trasformazione dei sottoprodotti agricoli). Si dovrà attendere l’inizio degli anni settanta per ridefinire la destinazione della Darsena di Città da industriale a commerciale e gli anni novanta per lo spostamento definitivo delle attività produttive e commerciali verso le aree portuali più vicine al mare con la conseguente dismissione di moltissimi manufatti, alcuni di pregevole qualità architettonica, in un’area che nel frattempo si era saldata con il centro urbano e nella quale era divenuto irreversibile lo svuotamento dei significati e dei contenuti costitutivi.

 

Un comparto iperpianificato

La riconversione della Darsena è stata accompagnata dalla pianificazione comunale in un percorso ormai quasi trentennale. Il PRG del 1993 introduce il concetto di progettazione strategica integrata e prefigura meccanismi di riqualificazione innovativi, trasferiti nel Programma di Riqualificazione Urbana della Darsena di Città (M. Vittorini, 1995). Completata la dismissione delle attività dello scalo merci, il PRU ridisegna in modo organico tutta l’area, prevedendone il recupero tramite attivazione di sub-comparti esecutivi nei quali venivano introdotti usi di tipo urbano (residenziale, direzionale); al loro interno confluiscono le potenzialità edificatorie sottratte alla “cintura verde” e il progetto della spazialità pubblica – con i suoi risvolti economici e sociali – diviene strumento per ricucire rapporti, non solo funzionali, con la città. Nel ridisegno del tessuto urbano della nuova Darsena trova spazio anche il grande Parco di Teodorico che garantisce una straordinaria cornice verde al piccolo Mausoleo paleocristiano del re Ostrogoto – uno degli otto monumenti della città iscritti dall’Unesco nella Lista del Patrimonio mondiale.

Nel 2004 Stefano Boeri firma il masterlplan che inquadra la riqualificazione attraverso quattro capisaldi: valorizzazione dell’elemento acqua e costruzione del waterfront, diffusione del verde pubblico trasversalmente ai sub-comparti come elemento di qualità urbana, predilezione degli edifici a torre in modo da concentrare le potenzialità edificatorie senza sottrarre spazi a terra, concentrazione di nuovi volumi in testa al canale integrati con una nuova conformazione a ponte della stazione ferroviaria.

La peculiare complessità dell’area ha spinto tutte le proprietà di suolo pubblico presenti all’interno del comparto a costituire nel 2009 l’Agenzia per la Darsena (liquidata nel 2013 per i tagli alle società partecipate da enti pubblici) finalizzata a gestire i rapporti con le proprietà private, a ricercare e acquisire finanziamenti, monitorare i processi di riqualificazione in atto e coordinare la progettazione sulle aree di competenza. Al fine di allargare il processo decisionale il Comune ha attivato nel 2011 il percorso partecipativo La Darsena che vorrei che ha coinvolto centinaia di cittadini in focus group, incontri e passeggiate formative e i cui esiti finali hanno contribuito alla redazione del Piano Operativo Comunale Tematico (POC Darsena), attualmente vigente.

La superficie complessiva del comparto (136 ettari) e la frammentazione del regime fondiario (circa 40 le proprietà private) hanno costituito il principale freno alla fattibilità dei programmi di recupero, insieme alla mancanza – più pratica – di requisiti fondamentali per la piena riqualificazione come la bonifica delle acque del Canale Candiano e il riassetto del sistema fognario. Per questo motivo la riqualificazione, al momento, ha proceduto per interventi slegati, realizzati in tempi diversi ed esemplificati da elementi che oggi testimoniano questo lento e difficile processo.

Il primo intervento, negli anni novanta, è il recupero di un magazzino di zolfo – l’Almagià – come sala polivalente, divenuta negli anni il simbolo della rinascita. In anni più recenti sono stati costruiti la nuova sede dell’Autorità portuale (Sardellini Marasca Architetti, 2007) e la Torre sulla Darsena (Cino Zucchi Architetti, 2011 – realizzata da ITER, una delle storiche imprese di costruzione del territorio pesantemente colpite dalla crisi).

 

Darsena PopUp

Una prima concreta risposta alla situazione di stallo nella quale versa la riqualificazione della Darsena, nonostante l’ampia strumentazione urbanistica, proviene da un progetto piccolo, se commisurato all’estensione del comparto, ma importante per la capacità di rapida riattivazione sociale dell’area. Darsena PopUp è un progetto di riuso urbano temporaneo divenuto già realtà e che pone il capoluogo romagnolo tra le città più innovative del panorama nazionale nel campo della rigenerazione urbana.

I tempi e le previsioni economiche della pianificazione tradizionale sono insostenibili e lo dimostra lo stato di totale abbandono di moltissime aree ex produttive. Partendo da questo assunto, Officina Meme dal 2012 inizia ad aprire alla città spazi inediti con eventi a carattere temporaneo che scardinano velocemente l’immagine della Darsena come area isolata incapace di attrarre funzioni urbane. Da allora lo studio ravennate elabora un metodo di progettazione urbanistica basato sulle reali esigenze degli abitanti del quartiere e finalizzato alla riattivazione sociale ed economica delle aree dismesse nel tempo intermedio tra il loro abbandono e la completa attuazione della pianificazione urbanistica.

Darsena PopUp ruota attorno allo sport, inteso come attività aggregante e trasversale a molte tipologie di utenti. Su un’area di circa 4.300 mq, compresi tra la banchina sud del canale e le nuove urbanizzazioni realizzate verso la città consolidata, trovano spazio una skate plaza, aree per il parkour e arrampicata, una piazza, campi da beach volley fruibili anche nelle stagioni fredde, un percorso per attività libere, oltre a spogliatoi, servizi e piccola ristorazione. Una volta attivate le aree sportive, troveranno spazio anche attività per la ricerca, piccoli spazi commerciali e associazioni. I nuovi volumi sono realizzati tramite la conversione di container metallici, elementi commerciali tipici delle aree portuali che tornano a ridosso della banchina per restituire contenuti a un’area in passato destinata a deposito di pietrame, ceduta in comodato d’uso dalla proprietà all’associazione Naviga in Darsena che si è fatta carico delle opere (costo pari a circa 400.000 euro di fondi interamente privati).

L’intervento, realizzato tra marzo e giugno 2016, ha garantito un nuovo portale di accesso alla banchina, mentre sul fronte canale è stata volutamente lasciata libera una fascia destinata a spiaggia, in corrispondenza dell’area massima occupabile dalle potenziali costruzioni consentite dal POC. In questo modo la cittadella dello sport potrà rimanere fruibile anche nel caso le previsioni di piano diventino attuative.

I contenuti sociali si legano a quelli tecnologici di questo intervento pilota che ha coinvolto un centro di ricerca – nell’ambito del progetto Ravenna Green Port, per lo sviluppo sostenibile delle aree portuali – nella conversione dei container da spazi commerciali in spazi di vita e nel monitoraggio costante dei fabbisogni energetici dell’intera area.

Il progetto prevede il raddoppio delle superfici riutilizzate da destinare, secondo il medesimo approccio metodologico, ad attività di ricerca legate alla tutela ambientale, in particolare del mare, servizi alla nautica e per le imprese intenzionate ad operare nella Darsena. Si tratta, pertanto, di creare le condizioni perché possa nascere un nuovo sistema socio-economico capace poi di generare in autonomia nuove forme di riqualificazione. Per questo motivo si guarda con attenzione alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Matteo Renzi che recentemente ha annunciato all’ANCI la finanziabilità di tutti i progetti partecipanti al bando per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie tra i quali il secondo stralcio di Darsena PopUp e altri 11 interventi previsti all’interno del comparto (di cui 4 pubblici e 7 privati), per un totale di oltre 12 milioni di contributi.

 

Immagine di copertina: esperimento di riuso temporaneo della sede del Tiro a segno, allestito come museo in occasione di un’esposizione sul tema del recupero e del riuso (Associazione MEME Exchange, 2012)

 

Per_approfondire

Parte 1: Ritratti di città. Ravenna cambia puntando sulla cultura, di Domenico Mollura

Autore

  • Domenico Mollura

    Nato a Milazzo (Messina), consegue la laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Palermo nel 2006. Dopo aver lavorato presso una società di ingegneria di Ravenna, esercita la professione in Sicilia, occupandosi anche di pubblicistica nel campo dell’architettura e dell’urbanistica. Dal 2009 collabora con «Il Giornale dell’Architettura»

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Last modified: 20 Aprile 2018