Report dal Museo Civico di Santa Caterina, dove si assiste al progressivo smantellamento della pinacoteca, trasformata in contenitore espositivo al servizio delle mostre curate da Marco Goldin. Un “adeguamento funzionale” attraverso un affidamento d’incarico diretto e senza un progetto organico, mentre nessuno si chiede che cosa sia realmente accaduto agli spazi museali negli ultimi due anni
TREVISO. Con l’inaugurazione, a fine ottobre, delle tre mostre ideate da Marco Goldin si chiude il lungo iter che ha portato alla trasformazione del Museo Civico di Santa Caterina in contenitore espositivo temporaneo. Il curatore trevigiano, dopo aver ricevuto altrove in Italia diversi dinieghi per la mostra dedicata al ventennale della sua società Linea d’Ombra, torna – con i suoi Impressionisti – fortemente voluto dall’amministrazione cittadina là dove il suo successo ha avuto inizio. Ma le trasformazioni al museo evidenziano criticità nella procedura seguita e incertezze sul risultato finale.
Ad oggi si è giunti al disallestimento della collezione permanente della pinacoteca: la maggior parte delle opere rimarrà nei depositi sino a primavera poichè il curatore (che promette di sceglierne alcune tra le più note per porle temporaneamente in dialogo con le sue mostre) ha ottenuto in toto la disponibilità degli spazi in precedenza da esse occupate. A rimanere invariate saranno la sezione archeologica e l’ex chiesa di Santa Caterina.
La ricostruzione dei fatti, condotta attraverso delibere comunali, lascia emergere un quadro in cui il nuovo destino del museo è stato deciso dall’amministrazione in assenza di una direzione scientifica per i musei civici, in cui l’affidamento dei lavori di adeguamento funzionale e impiantistico è avvenuto per determina dirigenziale (ossia incarico diretto) a soggetti privati (l’architetto Edoardo Gherardi, allestitore della società Linea d’Ombra, e l’ingegnere Carlo Chiodin dello Studio Dimensione Progetto), in assenza di un progetto unitario e coerente ma realizzato invece per successivi stralci secondo le richieste di Linea d’Ombra e senza un dettagliato piano museologico e museografico. Abbiamo chiesto alla Soprintendenza di fare luce su alcuni passaggi.
Com’è stato possibile che l’ulteriore concessione di spazi sia stata richiesta il 19 aprile 2016 e approvata da una delibera il giorno seguente con riferimento a un parere favorevole della Soprintendenza del 25 marzo? Gli architetti Andrea Alberti e Giuseppe Rallo, rispettivamente dirigente e funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e per le province di Belluno, Padova e Treviso, rassicurano: «Un’ulteriore variante del progetto è stata approvata tra giugno e luglio (a lavori già iniziati nel mese di maggio, ndr)». Esiste un piano museologico? «Un documento è stato inviato ancora nel 2015» affermano, ma Luca Maioli, storico dell’arte della stessa Soprintendenza, precisa: «Non è stato consegnato un piano museologico definitivo bensì parziale; un elenco di opere per far fronte a questa situazione anomala e temporanea. Nel 2015, contestualmente alla presentazione del progetto di adeguamento funzionale, abbiamo chiesto alcune garanzie e il Comune ci ha assicurato che, a mostre concluse, il museo sarà oggetto di riallestimento secondo un piano museologico definitivo per il quale verrà istituita un’apposita commissione scientifica. In futuro la pinacoteca dovrà tornare a occupare gli spazi originari (stanze primo piano e manica lunga) più il mezzanino. Alle esposizioni temporanee verranno dedicate la cosiddetta ala Foffano e la sala ipogea che sarà oggetto di lavori di risanamento». «Questo indirizzo è stato accettato dall’amministrazione cittadina, ribadiscono Rallo e Alberti: l’intervento attuale porta migliorie che a mostre concluse potranno essere confermate o reinterpretate. Le singole stanze non versavano in condizioni di eccellenza e tutte le operazioni saranno reversibili al 100%». Anche le grate alle finestre e le inferriate dei singoli ingressi «sono state approvate come soluzione temporanea». Alla «temporaneità» si appella anche Maioli pur ammettendo le criticità. «Un piano organico lo abbiamo richiesto. Teniamo la situazione sotto controllo ma l’iter autorizzativo non mette a repentaglio la tutela delle opere. Lo smembramento della collezione ha carattere di temporaneità. Non si tratta di una resa da parte della Soprintendenza». Però lo sembra. «Mi permetto di dissentire. Nessun danno è stato fatto», chiude Maioli.
Mentre Ugo Soragni, a capo della Direzione generale Musei del Mibact, afferma di non disporre «alla luce del mio incarico attuale, di notizie aggiornate sulla vicenda che spetta comunque alle Soprintendenze territoriali competenti», di parere nettamente critico è la consigliera comunale Maristella Caldato: «Per come si sono svolti i fatti l’intera questione sarebbe meritevole di una segnalazione alla Magistratura. Vorrei fare qualche azione di verifica. Non si tratta di una preclusione nei confronti di Linea d’Ombra o di Goldin. Di fatto un bene pubblico viene dato a un privato (che risulta anche il finanziatore dell’ultimo stralcio dei lavori nelle sale aggiuntive) con un canone di affitto (20.000 euro) di cui il Comune non ha ancora introitato nulla e un accordo per la bigliettazione che non prevede per la Municipalità alcun guadagno economico derivante dall’iniziativa. Al museo spetterà il solo introito per la sede museale: 6 euro per Santa Caterina (15 euro è il costo del biglietto per le mostre di Linea d’Ombra, ndr). Il contratto sottoscritto ha dei punti oscuri. Inoltre il beneficio promesso per la città è tutto da dimostrare. E manca da parte dell’amministrazione un piano di comunicazione per sostenere anche in futuro il flusso turistico».
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Immagine di copertina: Museo di Santa Caterina, chiostro interno. Il cantiere per apporre le inferriate alle finestre del piano superiore (agosto 2016)
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Last modified: 4 Ottobre 2016