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Caro Sgarbi, sei una mezzacapra (quanto all’architettura)

Caro Sgarbi, sei una mezzacapra (quanto all’architettura)

Riceviamo e pubblichiamo una lettera in risposta ad un commento del noto critico d’arte nei confronti del Palazzo di Giustizia di Firenze progettato da Leonardo Ricci

 

Vittorio Sgarbi ha recentemente “postato” su Facebook la seguente “bestialità”: «Il nuovo Palazzo di Giustizia di Firenze è un luogo di perversione sessuale, di una bruttezza sordida». Tempo fa (all’inaugurazione dell’Auditorio), Sgarbi si era espresso – a caldo – in merito al nuovo Teatro dell’Opera di Firenze con una dichiarazione irriverente e colorita ma non del tutto inappropriata: queste nuove architetture sembrano un po’ tutte, all’esterno, delle “scatole di scarpe”. Il parere, pur nella sua semplicità, coglie in profondità uno degli aspetti di fondo della principale tendenza dell’architettura contemporanea, che sviluppa da tempo una ricerca formale sul “gioco sapiente” dei corpi di fabbrica, limitando all’essenziale – per non dire eliminando – gli elementi architettonici tradizionali: tolti tutti o quasi i “delittuosi ornamenti” non restano che le scatole, di scarpe appunto. Sorprende allora – ma forse non troppo, dato il personaggio – quanto espresso con altrettanta icastica semplicità e coloritura su Facebook.

Muovendo da quel parere sul Teatro dell’Opera, usato per sottolinearne la contrapposizione, in un articolo pubblicato dalla Fondazione Professione Architetto dell’Ordine di Firenze scrivevo a proposito del Palazzo di Giustizia di Leonardo Ricci (1918-1994), l’allievo indubbiamente più dotato di Giovanni Michelucci: «Un clima diverso si respira a Novoli al cospetto dell’imponente mole del nuovo Palazzo di Giustizia brillantemente realizzato [postumo, nel 2012; ndr] sulla base del progetto di massima di Leonardo Ricci. Il “gesto” architettonico è quanto mai manifesto, in perfetta coerenza con tutta l’opera di Ricci, e la grande massa volumetrica viene trattata con notevole sapienza formale, articolata e frastagliata attraverso soluzioni diversificate per elementi e per materiali, ottenendo un risultato di grande fascino spaziale -in senso quasi scultoreo- e ambientale, tanto da dominare tutta la zona e di fatto l’intero panorama della città al pari del Cupolone. Si tratta di un’opera senza dubbio datata, essendo stata concepita più o meno all’inizio degli anni ’80 riprendendo il discorso già svolto nel Palazzo di Giustizia di Savona, nella quale l’autore ha inteso cimentarsi anche con elementi, materiali e “mode” intervenuti successivamente alla maturazione della sua poetica più genuina e originaria, legata principalmente alla forza (bruta) e alla plasticità del cemento armato. Certamente anche qui ci vorrà un po’ di tempo per valutare la funzionalità di una macchina così complessa tenuto conto che Ricci aveva un rapporto con gli aspetti funzionali tra l’ideologico e l’estetico, si dovrà probabilmente indulgere non poco, limitandosi a sottolineare – per contro – i pregi delle soluzioni per alcuni degli spazi interni sotto il profilo squisitamente architettonico».

L’uscita di Sgarbi mi pare pertanto sguaiata, triviale e addirittura ignobile, da perfetto incompetente nei confronti dell’architettura; e mi lascia un po’ stupito per il fatto che esca dalla bocca di un critico d’arte assai stimato e, peraltro, stimabile, dal momento che ritengo l’opera di Ricci di valore estetico “assoluto” in un quadro tendenziale riferito alla cultura occidentale. Per contro, non mi sorprende il fatto che ben 24.000 umani (o web-umanoidi?) abbiano cliccato “mi piace”: il mezzo, l’ignoranza, l’impreparazione, l’incompetenza, il pregiudizio ideologico, il senso estetico del “villaggio globale” pilotato senza ritegno dai mass media producono – inevitabilmente – questi risultati, che non devono però allarmare più di tanto. Il tempo è galantuomo e penso che in un futuro neanche troppo lontano fasce sempre più ampie di “cittadini del mondo” possano apprezzare e godersi l’opera di Ricci.

Autore

  • Enzo Cancellieri

    Architetto, nato a Usini (SS) nel 1949 e residente a Firenze, dove esercita l'attività nel proprio studio professionale, occupandosi della redazione di piani e progetti nel settore del recupero e della riqualificazione a scala urbana, nonché di progettazione e direzione lavori nel settore dell'edilizia pubblica e privata, principalmente nei rami del restauro e della ristrutturazione. Dal 1981 al 2000 è stato impegnato nell'opera di ricostruzione del centro storico di Salvitelle (SA), gravemente danneggiato dal terremoto dell'Irpinia del 1980. A Firenze e dintorni ha curato il restauro di molteplici edifici monumentali e, dal 2005, si occupa del restauro della Basilica di Santa Croce

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Last modified: 13 Settembre 2016