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Cristina FiordimelaWritten by: Professione e Formazione

Migliore+Servetto, allestimenti come espansione della cornice

Migliore+Servetto, allestimenti come espansione della cornice

Dalla Leonardiana di Vigevano alla mostra di William Klein a Milano, dal percorso multimediale al paesaggio multimodale: l’allestimento secondo Migliore+Servetto Architects, tra permanente e temporaneo

«Lavorare sulla cornice, espandere lo spazio percepito attivando la sovrapposizione di piani mediatici eterogenei, per comprendere un paesaggio multi-modale che si estende oltre i nostri sensi»

. Sono le prime battute scambiate con l’architetto Ico Migliore a proposito di “Leonardiana. Un museo nuovo”, il museo dedicato a Leonardo da Vinci al Castello di Vigevano«Un nuovo modo di pensare al museo», affermano i progettisti, poiché l’allestimento inverte le corrispondenze tra reperto e display in uso nelle esposizioni permanenti. In questo caso l’originalità dell’assetto museografico è nella coincidenza tra display ed oggetti esposti.

L’architettura del castello, conservata con le trasformazioni succedute nel corso del tempo, funge da ambulacro alla vita della corte degli Sforza, di cui sono evocate le relazioni tra Leonardo, Ludovico il Moro e Beatrice d’Este. Il castello è nel contempo artefatto “autentico” esposto, architettura museale e snodo nevralgico di una visione più estesa volta a comprendere il paesaggio come parte integrante di un museo diffuso urbano, di cui la Leonardiana costituisce il caposaldo di un comparto che sarà completato anche dall’adiacente Museo della calzatura, i cui lavori sono in corso.

«La luce come il display fisico-mediatico di memoria spaziale – space time media», secondo F.P. Grunert (2014), sviluppa l’articolazione di un «viaggio dentro ai contenuti, attivato dall’intersezione di cornici multi-modali, ossia di molteplici attitudini alla conoscenza, che implicano il coinvolgimento totalizzante del corpo nello spazio», sostiene Migliore. L’allestimento è progettato per campi, piuttosto che per itinerari, resi visibili dal disegno di una spazialità definita dall’insieme d’inquadrature che allargano o focalizzano la percezione e la lettura di paesaggi cognitivi sensibili. «Il dispositivo è progettato come oggetto multimediale che espandendo o riducendo la cornice, provoca diverse modalità di accesso ai contenuti. La luce è il dispositivo per descrivere e includere il paesaggio come parte della narrazione. Per la Leonardiana, non essendoci limiti imposti dalla conservazione dei reperti, in quanto restituzioni virtuali degli originali, abbiamo lavorato in sinergia con la luce naturale. Illuminazioni puntuali si miscelano con effetti luministici scenici e con le diverse intensità delle proiezioni, fino a sfumare nelle variazioni imprevedibili della luminosità prodotta dal contesto urbano e dal suo intorno. La luce è qui trattata come in una composizione musicale, che opera per accenti narrativi, passando dai supporti digitali, all’astrazione grafica dei testi, fino alle matericità dell’architettura. La luce pervade e definisce lo spazio del museo, senza svelare le proprie sorgenti». Il procedere per aree dà il senso della misura, come possibilità di cogliere «la complessità del pensiero di Leonardo, cogliendo simultaneamente la sua visione d’insieme sulla conoscenza e addentrandosi negli approfondimenti che abbiamo definito come lento rilascio, ossia attivatori di ricerche personali sia sul contenuto che sulla macchina espositiva, sul museo in continua metamorfosi».

Tale esperienza museale si ritrova a tratti attraversando l’opera di William Klein, allestita dallo Studio Migliore+Servetto Architects nel Palazzo della Ragione a Milano, fino all’11 settembre. I grandangoli di Klein ci sospingono dentro alle sue composizioni paradossali on the road, come autoritratti mossi da uno sguardo o-sceno che egli definiva antifotografia. In modo analogo lo sguardo si svolge come un abbraccio sovrumano che si divarica e si ricongiunge lungo gli assi ortogonali che stabiliscono i campi di osservazione dell’assetto espositivo. L’opera di Klein si disvela in continue andate e ritorni: dalle cornici di Klein all’impalcato che ripartisce il grande salone di origine medievale in stanze aperte, definite da leggeri telai illuminati, che inquadrano l’architettura trascendendola. L’allestimento incrementa, come in una realtà aumentata, la sovrapposizione e la dilatazione dei piani narrativi assemblati da Klein, lavorando sulla tensione tra opera esposta e display, come coincidenza tra forma e contenuto. «Il progetto di allestimento ripercuote il sistema di morfing delle città contemporanee nel continuo travaso tra permanente e temporaneo», conclude Servetto.

 

Immagine principale: Leonardiana, I codici

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 13 Luglio 2016