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Michele RodaWritten by: Senza categoria

«The floating piers» sul lago d’Iseo: 10 buoni motivi per vedere Christo

«The floating piers» sul lago d’Iseo: 10 buoni motivi per vedere Christo

Perché andare entro il 3 luglio nel piccolo paese di Sulzano (Brescia)

 

Perché «The floating piers» è davvero un’opera straordinaria, senza timore di (ab)usare questo aggettivo. Coniuga land art e paesaggio. La dimensione artistica con quella pubblica e di fruizione collettiva (24 ore al giorno, ingresso senza biglietto). Le suggestioni intellettuali con gli stimoli percettivi. Il massimo dell’artificialità con il rispetto per la natura. La necessità di evacuare le passerelle con il maltempo – come già successo sabato sera, il giorno dell’inaugurazione – è emblematica.

Perché Christo che passa in barca per guardare la sua opera (in un curioso corto-circuito di chi osserva cosa) e riceve applausi e urla dai visitatori assiepati sulle sponde (“bravo!”, “Grazie!”) dice molto di cosa sia l’arte contemporanea. E di che cosa rappresentino le sue figure di spicco.

Perché i numeri raccontano d’investimenti senza paragoni: 200.000 cubi modulari in polietilene, 75.000 mq di tessuto steso sui percorsi, 15 milioni di euro. Un milione per ogni giorno di apertura. Ed è anche uno strano, e pare di successo, modello d’integrazione pubblico-privato. Il privato (qui è l’artista) finanzia integralmente l’opera, in piena autonomia. Enti ed istituzioni costruiscono le condizioni per sfruttare al massimo l’evento. Trovandosi spesso a rincorrere un po’ affannosamente. Ma il risultato è che un’idea visionaria si è concretizzata. In Italia.

Perché si può davvero camminare sulle acque! L’effetto è unico, grazie ad un misurato equilibrio idraulico. Le passerelle (in totale 3 chilometri) sono larghe 16 metri: nelle parti laterali (le sponde) i cubi galleggianti sono parzialmente pieni di acqua così da abbassarsi esattamente al livello del lago. Non c’è differenza tra percorso e acqua, non c’è parapetto, non c’è separazione. Solo una lunga linea retta, ma instabile e fluttuante, che si modifica con le onde. Vietato però nuotare, dentro il lago. Camminare sull’acqua sì, bagnarcisi i piedi assolutamente no.

Perché è un grande evento. In tutto e per tutto. Compreso il caos dei trasporti il giorno dell’inaugurazione e la contestazione sociale che ha rallentato i treni della linea Brescia-Edolo: rami sulle rotaie e striscioni contro la famiglia Beretta, proprietaria dell’omonima fabbrica di armi e dell’isola di San Paolo.

Perché è proprio intorno all’isola di San Paolo che l’installazione territoriale riesce a raggiungere l’apice del suo fascino. Le passerelle circondano i muri parzialmente in acqua creando una nuova sponda. Abbracciando moli, muretti, darsene, alberi. Stare lì significa confrontarsi con una realtà ribaltata: il suolo che si muove, le architetture d’acqua come le uniche fondamenta solide, gli edifici che trovano – come mai successo prima d’ora – una sorta di viale d’ingresso. Dove, di solito, c’è l’acqua.

Perché affascina non soltanto percorrendola, a pelo dell’acqua o lungo le rive. Salendo sulle montagne di Monte Isola i collegamenti galleggianti si offrono come sorprendenti direttrici, linee rette che disegnano una nuova geografia.

Perché è un’immersione in un colore, il giallo, che riesce a connotare tutto. Non solo rivestimento ma brand perfettamente riuscito. Il giallo accompagna lungo strade e ferrovie di accesso, si staglia sul blu del lago e contro il verde della vegetazione delle coste. Vira sulle gradazioni che vanno dall’oro (quando splende il sole) all’arancione (quando è umido e bagnato). Ma è anche la natura del tessuto a creare, complici i passi dei visitatori, piccole increspature che arricchiscono la percezione, in una continua modifica.

Perché il tessuto giallo invade alcuni tratti dei lungolago, entra nei borghi storici ricoprendoli come fosse una coltre di neve. Sorprende come un elemento apparentemente banale sia in grado di trasformare radicalmente i luoghi.

Perché un evento globale rivoluziona, anche se per pochi giorni, il tran tran dei tranquilli paesini di lago. Le facce e le espressioni degli abitanti – che nemmeno in un anno vedono le persone che adesso passano nel giro di poche ore – esprimono sorpresa e soddisfazione. Con un pizzico di ritrosia, come quella di chi cura il proprio orto affacciato sulle passerelle. Perché va bene l’arte, ma le erbacce mica le strappa Christo.

 

Tutte le foto sono dell’autore

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Autore

  • Michele Roda

    Nato nel 1978, vive e lavora a Como di cui apprezza la qualità del paesaggio, la tradizione del Moderno (anche quella svizzera, appena al di là di uno strano confine che resiste) e, soprattutto, la locale squadra di calcio (ma solo perché gioca le partite in uno stadio-capolavoro all’architettura novecentesca). Unisce l’attività professionale (dal 2005) come libero professionista e socio di una società di ingegneria (prevalentemente in Lombardia sui temi dell’housing sociale, dell’edilizia scolastica e della progettazione urbana) a un’intensa attività pubblicistica. È giornalista free-lance, racconta le tante implicazioni dei “fatti architettonici” su riviste e giornali di settore (su carta e on-line) e pubblica libri sui temi del progetto. Si tiene aggiornato svolgendo attività didattica e di ricerca al Politecnico di Milano (dove si è laureato in Architettura nel 2003), confrontandosi soprattutto con studenti internazionali. Così ha dovuto imparare (un po’) l’inglese, cosa che si rivela utilissima nei viaggi che fa, insieme anche alla figlia Matilde, alla ricerca delle mille dimensioni del nostro piccolo mondo globale

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Last modified: 12 Luglio 2016