Al via il nostro mini-tour nelle startup di design con un caso sartoriale, molto legato al mondo digitale
Nel suo racconto Il cappotto, Nikolaj Gogol’ narra, nella drammatica concentrazione di vicende personali e sociali del protagonista, come un capo d’abbigliamento possa essere un oggetto di vitale importanza nell’esistenza di un uomo. Vitale per la sua protezione ma anche per ciò che racconta del nostro umore, delle nostre condizioni economiche, della nostra capacità di affermazione. Akakievič, alla fine, morirà per il furto del suo cappotto, ma l’interazione con il sarto Petrovič resta una pagina memorabile del “su misura letterario”. E così, tra metri di panno, fodere di seta e colli di martora pietroburghesi, ci piace introdurre Lanieri, prima delle startup che seguiremo all’interno di un breve viaggio tra le imprese che disegnano innovazione.
Lanieri è innanzitutto un’operazione di design strategico; prima di vendere il prodotto bisogna progettare il circuito e l’esperienza. Per rendere al meglio questo concetto, Simone Maggi, founder di Lanieri, parla di “omnicanalità”, ovvero la perfetta integrazione tra i canali online e offline, chiave del maggior successo di Lanieri. Chi si avvicina per la prima volta all’abito su misura è un cliente da lavorare più nella diffidenza che non nell’allungamento del braccino, a maggior ragione se il “su misura” soffre l’assenza di materia tangibile nei paraggi. Avere la possibilità di farsi prendere le misure e avere consigli dagli style advisor, quindi, è un passaggio cruciale per convincere il novizio acquirente. Una volta superate le barriere e centrato il primo acquisto, sono indubbi i vantaggi di un ordine a distanza dall’interessante rapporto qualità/prezzo.
Ma Lanieri è anche interface design, l’attuazione di soluzioni di e-commerce supportate da interfacce ben progettate. Nel mondo del virtual dressing si nascondono poche eccellenze (già ampiamente a regime) e molte castronerie digitali (specchietti per le allodole utili per giocare un po’ in rete in un mix tra “Indovina chi?” e “Gira la moda”), molto spinte negli intenti ma incapaci di chiudere l’esperienza d’acquisto con una discreta dose di attendibilità. Ciò che emerge nel configuratore 3D Lanieri, ad esempio, oltre alla dettagliata rappresentazione del personalizzato possibile, è la sobrietà di chi nel Made in Italy continua a vedere più l’eleganza che gli effetti speciali. Alla domanda su quale sia il messaggio differente di Lanieri in materia di virtual dressing, Maggi risponde che «il configuratore 3D della camicia è stato realizzato a partire dalla necessità di rendere l’immagine finale la più fedele possibile al prodotto finito». Concetto forse debole dal punto di vista della proiezione innovativa ma incontestabile per le finalità commerciali della startup. A ciò bisogna aggiungere l’esperienza tattile grazie alla possibilità di ordinare dei campioni di tessuto.
Lanieri ha sposato quelle linee guida che i policy makers in materia d’innovazione ribadiscono da tempo: ICT e materiali avanzati (in futuro alcuni filati saranno in carbonio per proteggere il corpo dai campi elettromagnetici ed aiutare la termoregolazione) come propulsori delle industrie creative, quelle che non si cullano nella spiccata propensione al bello ma si evolvono affinché il bello sia confezionato, gestito e comunicato al meglio. «Vogliamo rendere l’esperienza d’acquisto di un capo su misura sempre più digitale e dare l’opportunità a tutto il mondo di ordinare un prodotto sartoriale made in Italy come se si fosse dal sarto italiano», conclude Maggi vestendo di visioni il futuro delle botteghe della moda peninsulare. Italians do fit better, domani come allora.
Immagine di copertina: l’atelier di Lanieri a Milano
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Last modified: 8 Giugno 2016
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