Il Montenegro partecipa alla Biennale con «Solana Ulcinj», progetto basato su quattro ipotesi per il futuro dell’ex salina Bajo Sekulic, divenuto un importante biotopo per gli uccelli migratori: intervista a Bart Lootsma, uno dei curatori
Il Montenegro partecipa alla Biennale con «Solana Ulcinj», progetto commissionato da Dijana Vucinic e curato da Bart Lootsma e Katharina Weinberger, basato su quattro ipotesi che delineano quattro differenti futuri sostenibili per l’ex salina Bajo Sekulic nei pressi di Ulcinj, la città più a sud del Montenegro. La salina è un biotopo completamente artificiale che ha assunto importanza globale come nodo cruciale nei modelli migratori degli uccelli. Solana Ulcinj è quindi la prima linea di tutti i tipi di conflitti: tra natura e cultura; tra locale e globale; tra economia e consapevolezza ambientale. I quattro progetti (accompagnati da tre simposi) sono stati sviluppati per la Biennale da ecoLogicStudio (Londra, formato dagli architetti italiani Claudia Pasquero e Marco Poletto), LOLA Landscape Architects (Rotterdam), LAAC (Innsbruck) e The Trigger 50/50 (Podgorica; quest’utlimo scelto a seguito di un concorso nazionale). Per saperne di più abbiamo intervistato Lootsma.
L’ex salina di Ulcinj presenta una condizione di potenzialità e punti di debolezza che la accomuna ad altre aree di produzione ugualmente abbandonate in cui si mescolano impronte umane e natura. Qual è la peculiarità di questo lavoro rispetto ad altri che stanno affrontando temi analoghi?
Infatti, in tutto il Mediterraneo e nell’Adriatico ci sono saline simili che non sono più in uso. Il sale non è qualcosa dal valore simile all’oro, poiché oggi la maggior parte del sale nel mondo proviene dalla Cina ed è molto economico. Solana Ulcinj è una delle più grandi saline del Mediterraneo. Ciò che la differenzia dalle altre è che l’acqua deve essere pompata dal mare Adriatico per evaporare su un alto plateau. Questo richiede energia e quindi denaro. Anche se molte saline di tutto il Mediterraneo possono essere riserve naturali, Solana Ulcinj è una tappa fondamentale per gli uccelli provenienti dal Nord Europa e dalla Siberia che volano in Africa e in Asia e viceversa. È la loro ultima stazione di carburante prima di attraversare il Mediterraneo o la prima che incontrano quando vengono da sud. 250 delle 500 specie di uccelli che esistono in Europa sostano qui. A causa della sua dimensione, la salina di Ulcinj è difficile da proteggere dai bracconieri. Ci sono quindi delle potenzialità a Solana Ulcinj, ma è difficile capitalizzarle senza danneggiare la fauna selvatica. Per attirare gli uccelli, l’acqua salata deve essere pompata continuamente. In altre parole: deve funzionare come una soluzione salina, anche se una salina di questa portata non è più redditizia. Pertanto, abbiamo invitato quattro studi con esperienza nella concezione di riserve naturali, al fine di elaborare dei masterplan che rendessero Solana una riserva naturale economicamente sostenibile. La maggior parte degli studi vedono delle opportunità nella combinazione di un funzionamento ridotto come salina per produrre sale di alta qualità e fanghi medicinali, accanto a forme leggere di turismo. Opportunità si trovano anche nella sinergia con la produzione agricola nella salina e dintorni. Oggi, è più facile pensare a organizzazioni in rete con partner multipli. È però fondamentale che le pompe continuino a funzionare e che gli uccelli non siano disturbati.
Che cosa significa per una realtà piccola come il Montenegro trovarsi all’interno di una grande kermesse come la Biennale di Venezia con una proposta forte come quella del vostro progetto?
Per il Montenegro questa è una grande occasione. La Biennale offre l’opportunità di trovare fondi per pagare i progetti e di interessare quattro studi internazionali nell’elaborazione di proposte per Solana Ulcinj. Questo sarebbe stato molto difficoltoso altrimenti. Finora solo i grandi investitori e i paesi europei più grandi hanno avuto i fondi per investire in progetti per Solana. Tuttavia è evidente che hanno anche altri interessi. La Biennale offre a Solana Ulcinj una visibilità internazionale che incoraggerà un dibattito pubblico. Più importante della stessa Biennale sono i tre convegni che organizziamo in Montenegro e alla Biennale. Il catalogo è un giornale che viene distribuito anche in Montenegro con un giornale regolare. Visto che il primo simposio, in cui abbiamo formulato il programma, si è tenuto a Ulcinj con un’ampia partecipazione di politici, ambientalisti, progettisti e abitanti della regione, il nostro progetto ha suscitato un dibattito prima ancora dell’apertura della Biennale. Questo non è stato sempre facile per noi, naturalmente, e a volte abbiamo letteralmente avuto la sensazione di compiere un “Reporting from the front”.
Come è nato il vostro coinvolgimento come curatori del progetto Solana Ulcinj e come pensate che si svilupperà?
È una domanda a cui è difficile rispondere. Il coinvolgimento dipende dalle autorità del Montenegro. Avremo il terzo simposio pubblico in luglio a Kotor, all’interno di Kotor Architectural Prison Summer School. I risultati saranno ripresi nel piano regionale che il Montenegro sta preparando per la zona e che dovrà essere terminato entro fine anno, perché il Montenegro si rende conto che la questione di Solana Ulcinj è estremamente urgente. All’ultimo convegno alla APSS di Kotor nel 2015, l’ex presentazione della Biennale montenegrina, dedicata alla grande ma decadente architettura turistica socialista, è stata discussa con grande successo. La prima competizione internazionale che ne è scaturita è stata appena vinta da Sadar+Vuga e HHF. Quindi, in Montenegro, cercano davvero di afferrare l’occasione che offre la Biennale. C’è anche un interesse da parte delle scuole di architettura provenienti da tutto il mondo per lavorare su Solana Ulcinj. Così probabilmente il nostro coinvolgimento non finirà con l’apertura della Biennale.
Vi sono state delle relazioni tra gli studi coinvolti in questa prima fase del progetto? Hanno lavorato insieme per delineare una strategia comune?
Consapevolmente non abbiamo spinto alle collaborazioni in questa fase. L’obiettivo del progetto è, in primo luogo, quello di sfondare l’impasse tra i “conservazionisti” da un lato, che vogliono solo preservare senza considerare che il Montenegro è un paese povero con soli 800.000 abitanti e con le più eccezionali riserve naturali di cui prendersi cura, e la corrente dei proprietari dall’altro, che lo vedono come un investimento. Pertanto, è più importante dimostrare che non ci sono solo una, ma diverse altre opportunità e ottenere un riscontro da parte dei professionisti e della popolazione.
Durante lo sviluppo del progetto c’è stato un coinvolgimento delle persone del luogo? Quali sono le loro richieste per il futuro dell’area?
C’è stato un simposio a Ulcinj già nel mese di febbraio in cui abbiamo chiesto alla gente di partecipare con le loro richieste e desideri. A parte il fatto che si sono resi conto del brano eccezionale di natura che hanno nel loro cortile di casa, con pellicani e fenicotteri e tanto altro, sono interessati al lavoro. Perché, a seconda della stagione, Solana Ulcinj ha dato lavoro da 300 a 700 persone. In generale, in tutta l’ex Jugoslavia, le privatizzazioni e la seguente de-industrializzazione sono state un’esperienza traumatica per molti. Su questo nel catalogo c’è un saggio significativo.
Il prossimo passaggio dovrebbe essere il lancio di un concorso internazionale. Quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati?
Non sono sicuro se il prossimo passo debba essere un concorso internazionale. È più importante che il piano regionale sia realizzato in modo tale che Solana Ulcinj diventi una riserva naturale altamente protetta e sia correttamente inserita nel suo ambiente circostante, che si sta sviluppando rapidamente a causa del turismo costiero. Inoltre, è importante che i diritti di proprietà vengano cancellati. Nel frattempo è fondamentale che il governo continui a prendersi cura del pompaggio e si prenda maggiormente cura della sorveglianza del sito per prevenire il bracconaggio. Dopo di che, occorre scrivere e gestire dei buoni programmi. Quando tutto questo sarà realtà, allora si potranno lanciare diverse competizioni.
Dopo la Biennale, come immaginate il futuro di questo luogo?
Speriamo che resti un luogo dove la natura e la cultura, gli uccelli e le persone possano coesistere, per usare il motto del progetto di LAAC.
Chi è Bart Lootsma
Nato nel 1957 ad Amsterdam, è storico, teorico, critico e curatore nel campo dell’architettura, del design e delle arti visive ed è docente di Teoria architettonica e direttore dell’Institute for Architectural Theory, History and Heritage Preservation dell’Università di Innsbruck, nonché anima della piattaforma architecturaltheory.eu. Ha insegnato nelle Università di Vienna, Lussemburgo e Norimberga, al Berlage Institute di Rotterdam ed è stato anche responsabile della ricerca scientifica dell’ETH di Zurigo. Ha diretto il Dipartimento di 3D-Design dell’Accademia delle Arti di Arnheim e ha tenuto numerosi seminari e conferenze in diverse accademie di architettura e arte nei Paesi Bassi. È stato guest curator di ArchiLab a Orléans (2004) e corrispondente per le riviste «AO. Forum», «de Architetto», «ARCHIS», «ARCH+», «l’Architecture d’Aujourd’hui», «Daidalos», «Domus» e «GAM». Ha pubblicato numerosi articoli su riviste e libri; con Dick Rijken è autore del volume Media and Architecture (VPRO/Berlage Institute, 1998). Tra i suoi testi: Superdutch: New Architecture in the Netherlands (Thames & Hudson, London/Princeton Architectural Press, New York/DVA 2000); ArchiLab 2004: La ville à nu/The naked city (HYX, 2004) e, più recentemente, Reality Bytes: Selected Essays 1995 to 2015 (Birkhauser, 2015). Ha fatto parte di diverse commissioni governative, semigovernative e comunali in diverse città dei Paesi Bassi, tra cui il Comitato Servizi di Arnheim, il Consiglio per le Arti di Rotterdam, il Fondo olandese per le Arti, il Design e l’Architettura, il Consiglio per la Cultura della Corona Olandese. È stato membro del Comitato di esperti della XI Mostra Internazionale di Architettura a Venezia (2008), presso il Ministero tedesco per la Costruzione e la pianificazione, nonché curatore della Schneider Forberg Fondation di Monaco di Baviera. Attualmente è membro della Commissione per l’Architettura a Innsbruck e del Consiglio per la Cultura architettonica del Gabinetto del primo ministro austriaco a Vienna.
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alejandro aravena , biennale venezia 2016 , paesaggio , reporting from the front
Last modified: 27 Maggio 2016