VENEZIA. Pendono dal soffitto in legno come tanti emblemi di un mondo metaforicamente instabile. Il padiglione Nuova Zelanda – in due locali al primo piano di Palazzo Bollani – sceglie la strada della speculazione teorica e mette in scena un ambiente composto da tanti paesaggi alternativi. Il gruppo creativo che ha curato l’installazione – guidato da Charles Walker e Kathy Waghorn – racconta di riferimenti tanto diversi quanto spiazzanti: dalle città invisibili (di calviniana memoria) alle tecnologie utilizzate per realizzare i modelli (gusci leggeri progettati da un costruttore di barche per la Coppa America).
Le Future Islands galleggiano su un mare virtuale, quello che circonda le terre neozelandesi, e ospitano realtà diversissime: città, edifici isolati, complessi articolati, macchine, persone, animali. Elementi in parte ancorati saldamente al suolo, alcuni solo appoggiati, altri addirittura appesi e capovolti. Non c’è realismo, ma punti di vista estremi, “luoghi di possibilità che promettono stili di vita alternativi, e questa prospettiva è ora più allettante, e necessaria, che mai”, spiegano i curatori. Perché con questa costruzione volutamente ambigua e metaforica – fatta di 22 isole, 100 piccoli modelli, circa 50 tra costruzioni, progetti e speculazioni – la Nuova Zelanda (che partecipa alla Biennale per la seconda volta) vuole portare un messaggio di fragilità, speranza e responsabilità: ogni isola è autonoma, ma condivide con le altre lo stesso mare, galleggia ma è soggetta a mutamenti tanto repentini quanto potenzialmente tragici. Questo è il front osservato dall’altra parte del pianeta.
Commissario: Tony Van Raat Curatore: Charles Walker Espositori: Kathy Waghorn, Jessica Barter, Stephen Brookbanks, Maggie Carroll, Bruce Ferguson, Minka Ip, Jonathan Rennie, Rewi Thompson Sede: Palazzo Bollani, Castello 3647
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Last modified: 25 Maggio 2016
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