Al via la terza edizione del Master “Architettura|Ambiente” di NewItalianBlood, dedicato alla riqualificazione del comprensorio litoraneo intorno a Castel Volturno, nel Casertano. Qui un report sull’area e sugli esiti della precedente edizione
La Domitiana è una retta di asfalto nero, lunga cinquanta chilometri. Comprime spazio e tempo, bellezze e contraddizioni, mito e archeologia, relitti e dune tormentate dal vento, abuso e dannazione sociale, ombra argentata di pinete e fallimento della politica, richiamo di muezzin e canto tribale, migrazione d’uccelli e materia incisa, negazione dello sguardo. Interseca e lambisce sinuosità dolci e salate, le acque di un mare che affanna con la depurazione e quelle di fiumi, canali, acquitrini e Regi Lagni che nascondono alla vista gli scarti dell’entroterra.
La strada voluta da Domiziano, e che oggi identifica l’intero comprensorio di Castel Volturno e dei suoi dintorni, dal Garigliano fino Villa Literno/Cuma, è fatta di sabbia e griglie compatte di calcestruzzo, sprawl urbano, cave di fossa, ruderi e dismissione. A questo asse si agganciano grappoli di vita, nuclei abitati dei più disparati, accenni di città lineari fondate di getto, superfetazioni abusive che hanno strappato al suolo un’improbabile infrastrutturazione di strade e sottoservizi, realtà disneyane dalla vita breve di un’estate, quinte urbane come set cinematografici, abbandono diffuso. Questa sorta di caos primordiale resta schiacciato sulla costa e, in minima parte, verso l’entroterra proprio dalla statale. Castel Volturno è nel mezzo. Città sospesa in un’artificialità che si espande anarchicamente sopra una sublime naturalità di cui si avverte la forza prorompente.
Percorrere questa città lineare è un’esperienza emozionale, esemplificazione d’instabilità.
Nel degrado assoluto, spesso rischiosamente estetizzato, sono fiorite però occasioni di sperimentazione concreta con il lavoro del Master “Architettura|Ambiente” di NewItalianBlood attraverso il superamento dell’illusoria e presuntuosa restituzione della forma urbis alla quale ancora oggi si tenta di ricorrere. Il disegno si è rivelato nell’emersione strategica delle potenzialità puntuali. All’interno di un paesaggio in continuo movimento, instabile, lento ma evidente, con progressivi cambiamenti della linea di costa o degli argini, sono stati intercettati i luoghi d’intervento che diffondono graduale rigenerazione ad un contorno costruito d’imperturbabile fissità.
Assecondando la naturalità fisica, confrontandosi con la precarietà, utilizzando la materia senza l’ansia sofisticata della perfezione, compattando parti tra esse omogenee, convertendo all’uso produttivo edifici confiscati alla camorra e destinati prima sciattamente alla sola residenza, in un rinnovato concetto di “casa del lavoro comune”, intercettando e riprogettando luoghi simbolo, segnando linee di connessione del tutto imprevedibili, mettendo in rete di coerenza i valori intrinseci del sociale, Carla Barbanti, Paolo Coppola, Gianluca Casuccio, Michele Iorio, Marika Maione, Nicolina Masiello, Simona Murro e Joseph Alan Valia hanno dimostrato come superare la dimensione surreale di questa terra congelata oggi in un fermo/immagine.
L’esperienza del Master NewItalianBlood ha prodotto un modello teorico e architettonico replicabile ovunque essendosi innestato su un unicum assoluto, luogo/senza luogo che tiene in sé tutte le contraddizioni della città contemporanea. Il masterplan della costa domiziana è una linea di spazio e tempo che congiunge punti/fuoco, sparsi e generatori d’inaspettata bellezza.
Scarica il bando della terza edizione
Il reportage fotografico di Giovanni Izzo e i progetti della precedente edizione del Master
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brownfields , landscape architecture , paesaggio , rigenerazione urbana
Last modified: 8 Maggio 2016
[…] continuità con le edizioni precedenti, a cui avevamo dedicato un minuzioso report, il master propone progetti concreti da condividere con amministrazioni, associazioni e imprese […]