Un workshop e una mostra alla Fondazione Plart di Napoli a favore della tolleranza e dell’integrazione sociale
NAPOLI. «Plastic Village – limite imperfetto tra architettura e design» è il titolo del progetto che l’architetto Cherubino Gambardella, con il patrocinio della Seconda Università di Napoli e la collaborazione della Fondazione Donnaregina, sviluppa in merito al tema dell’immigrazione. «Bisogna affrontare la questione dei flussi migratori che stanno interessando l’Europa», così esordisce il curatore e progettista durante la presentazione del progetto. «Migranti che fuggono da guerre e persecuzioni, poveri delle periferie, homeless per scelta ma sempre più per necessità, agitano le paure di un occidente minato dai suoi stessi figli diseredati che pericolosamente stanno abbracciando la violenza e il terrorismo. Si afferma, così, un immaginario collettivo dove il povero diventa un essere pericoloso, antagonista, potenzialmente violento, estraneo perché privo di qualsiasi diritto».
L’accoglienza è l’ambito di discussione che ha animato la tre giorni di workshop (dal 16 al 18 novembre presso le sedi della SUN) e conclusasi con una mostra, inaugurata lo scorso 3 dicembre che proseguirà fino al 9 gennaio 2016, dove viene esposto il prototipo pensato e realizzato dagli studenti del secondo ateneo campano. A ospitare l’evento è la Fondazione Plart, spazio culturale dedito allo sviluppo di prodotti polimerici che nel corso della sua trentennale attività ha esposto oggetti di design anonimo e opere di artisti contemporanei con lo scopo di sensibilizzare le persone all’uso consapevole della plastica.
Il prototipo – che propone due unità abitative con feritoia centrale per i servizi igienici comuni – presenta struttura in legno e ferro, mentre la copertura è composta da tende di plastica: i materiali sono stati scelti con lo scopo di rendere l’alloggio adattabile ad ogni esigenza e in funzione delle possibilità di riciclo degli elementi. Il progetto vuole dimostrare come anche attraverso la provvisorietà si possa fare qualità. Non più alveari isolati dai centri urbani ma architetture leggere capaci d’instaurare un dialogo con le costruzioni solide che caratterizzano le nostre città; è necessario diffondere una maggiore consapevolezza sul valore dell’estetica della necessità. Senza tetto, non dovrà incarnare il concetto di approssimazione ma restituire il valore dell’adattabilità come nuova forma espressiva da indagare.
Tale intenzione non deve essere ritenuta come un atto risolutivo nei confronti dell’emergenza immigrazione ma deve diventare la risposta a un’esigenza di ospitalità immediata attraverso nuove attrezzature a servizio degli spazi pubblici. Bisogna percepire l’abitare nomade non come un problema ma un’opportunità che il nostro tempo ci sta offrendo.
Tale approccio è ricorrente nella ricerca di Gambardella che già nel 2014, nell’ambito della mostra «Supernapoli» tenutasi presso la Triennale di Milano, indagava il futuro prossimo dei nostri territori. I suoi schizzi sono gesti provocatori che attraverso visioni utopiche intendono riaprire il dialogo su problematiche mai completamente risolte. Il Plastic Village è un’occasione d’incontro sui temi dell’architettura e un significativo passo a favore della tolleranza e dell’integrazione sociale.
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inclusione sociale
Last modified: 5 Gennaio 2016