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Christine DesmoulinsWritten by: Patrimonio Progetti

Musée de l’Homme di Parigi: nel profondo dell’esistente, un percorso di luce

Musée de l’Homme di Parigi: nel profondo dell’esistente, un percorso di luce

Dopo 9 anni, riaperto il Musée de l’Homme all’interno del palais de Chaillot su progetto dell’Agence Brochet-Lajus-Pueyo e dell’Atelier Emmanuel Nebout

 

Il palinsesto

L’ala di Passy del palais de Chaillot ospita rispettivamente dal 1937 e dal 1943 il Museo dell’Uomo e quello della Marina.

La nozione di palinsesto è il cuore della sua architettura neoclassica concepita dagli architetti Léon Azéma (1888-1978), Louis-Hippolyte Boileau (1878-1948) e Jacques Carlu (1890-1976) per l’Esposizione universale del 1937. L’edificio risulta di fatto la trasformazione dell’originario palais du Trocadéro progettato da Gabriel Davioud (1823-1881) per l’Esposizione universale del 1878.

Oggi, intervenire in questo quadro emblematico significa, per un progettista, prolungare la storia per inscrivervi uno strato contemporaneo. È l’avventura in cui si sono impegnati due studi (Agence Brochet-Lajus-Pueyo e Atelier Emmanuel Nebout) vincendo nel 2006 il concorso bandito dal Museo di storia naturale per il rinnovamento del Museo dell’Uomo, collocato nell’ala destra del palazzo. Dopo 9 anni di lavori e una spesa di 32 milioni, questo grande museo-laboratorio è stato riaperto il 17 ottobre.

 

L’approccio

Onde adeguarsi agli attuali standard in termini di accoglienza del pubblico e valorizzazione delle collezioni, si è cercato di comprendere il monumento in tutta la sua portata, tenendo conto della capacità del museo d’inserirvisi senza tuttavia scomparire. L’altra specificità del programma è consistita nel conciliare in uno stesso luogo gli imperativi tecnici, funzionali e architettonici di un museo e di un laboratorio scientifico.

Nel XXI secolo, infatti, il Museo dell’Uomo intende affermarsi come un vero e proprio strumento di lavoro che offre superfici espositive e laboratori attrezzati all’avanguardia, ma anche spazi liberi di deambulazione. La sua metamorfosi è il frutto di una ristrutturazione che ha rimodellato gli interni del monumento storico al fine di farvi entrare la luce e ripensare la distribuzione. La demolizione di 1.963 mq di solai e la costruzione di 2.984 mq nuovi ha portato la sua superficie a 15.882 mq (20.000 mq il totale). La realizzazione di un mezzanino nel corpo centrale definisce uno spazio espositivo fluido e aperto verso l’esterno. Altro elemento degno di nota riguarda l’apertura di un atrio alto 16 m che rivela le tre stratificazioni storiche, collegando al contempo l’insieme degli spazi.

 

La visita

L’idea di palinsesto si percepisce fin dalla hall, che distribuisce anche il ristorante e il Museo della Marina. Quattro colonne marmoree del progetto Davioud e avvolte negli stucchi di Carlu definiscono lo spazio d’accoglienza che l’attuale intervento esalta con nuovi vetri monumentali sospesi all’originario soffitto a cassettoni. Al suolo, l’accoglienza della boutique è segnata da colonne.
Da qui, uno scalone monumentale conduce all’atrio del primo piano: immenso pozzo di luce sottolineato dalla doppia altezza e dalle recuperate vetrate dell’epoca di Davioud. Cuore pulsante del museo, l’atrio è anche snodo funzionale nevralgico, con vista impagabile sulla Senna e i giardini del Trocadéro. Attorno si distribuiscono gli spazi scientifici e quelli per le esposizioni permanenti e temporanee (con dispositivi mobili per sale comunicanti), le sale conferenze e l’auditorium nell’ex cinema Jean-Rouch, per finire con la biblioteca a chiudere in testata della manica sulla spianata dei Diritti dell’uomo.

 

Le testimonianze

Precisa Emmanuel Nebout: «Mentre in passato era piuttosto inviso, tornare 75 anni dopo su un edificio di tale potenza necessita di approcciarlo con empatia per tentare di donargli il meglio di sé in quanto, oggi, nessuno metterebbe in discussione la ricomposizione operata nel 1937 dall’equipe di Carlu. Esso è parte fondamentale della storia di Parigi e del periodo di ridefinizione di tutta l’area sistemata attraverso le grandi Esposizioni universali». E Olivier Brochet aggiunge: «Carlu mena la danza; e la direzione data alla nostra proposta di concorso era di tornare chiaramente sui suoi passi. Le curve e la dolcezza d’origine del progetto di Davioud, demolito all’80%, forniscono la chiave della nostra risposta, consistente nell’averne restituito un po’ dell’architettura nel grande guscio in cui Carlu l’aveva avvolta. La principale difficoltà è consistita nel tener conto della complessa storia del luogo, cercando il giusto tono per evitare che il nostro intervento risultasse un epifenomeno legato agli effetti della moda. Escludendo che si debba reintervenire se non a lungo termine, il nostro contributo deve resistere almeno mezzo secolo, e quanto è effimero per natura deve restare in questo ordine. Infatti, si trattava di distinguere fin dalla concezione ciò che era effimero da ciò che era solido».

 

La museografia

Affidata a Zen + Dco e basata su principi di reversibilità, si è riappropriata degli spazi introducendo elementi più effimeri al servizio di contenuti in evoluzione. Talvolta un po’ invadente a detrimento degli spazi limpidi delle grandi gallerie, essa valorizza abilmente il mezzanino e la scala che gli architetti hanno realizzato al centro del percorso. Tra la teatrale verticalità del palazzo e l’allestimento di busti e calchi (in totale, oltre 70.000 reperti), s’instaura un dialogo fertile.

 

La sicurezza

Come tutti i musei parigini e francesi, il Museo dell’uomo – aperto poco prima dei terribili attentati perpetrati dall’IS il 13 novembre scorso – ha rafforzato i suoi dispositivi di sicurezza, in rapporto ai gradi di allerta nazionale adottati. Ciò si è tradotto nell’installazione di varchi di controllo supplementari e in una presenza più attiva degli agenti per il controllo di visitatori e bagagli. In generale, i progettisti che oggi intervengono nei musei devono integrare la presenza di questi dispositivi nella riflessione spaziale, poiché ormai si tratta di un imprescindibile componente del programma.

 

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Per_approfondire

Il ruolo di Permasteelisa

Il gruppo ha curato il coordinamento tra le imprese partecipanti (impianti elettrici, meccanici, audio/video, allarme), attraverso l’integrazione delle apparecchiature sia funzionali che multimediali. Per l’allestimento, ha curato la realizzazione e installazione di oltre 2.000 supporti custom-made per le opere, contenuti all’interno di 30 vetrine espositive climatizzate con dimensioni fino a 12 m di lunghezza per 4 di altezza, pari a oltre a 800 mq complessivi di vetri con 20 composizioni diverse, tutti serigrafati a disegno con grafiche studiate dagli architetti per il progetto. Permasteelisa ha inoltre realizzato due cabine interattive e tre tavoli custom-made, due sculture architettoniche in vetroresina oltre a tavoli in vetroresina e metallo e a sculture in bronzo.
Nella ristrutturazione sono state adottate soluzioni architettoniche in grado di preservare la struttura esistente: carichi ridotti e ripartiti per alleggerire i solai, l’inserimento tra edificio e strutture di materiali antivibranti, lo studio dei basamenti delle opere al fine di nascondere il supporto stesso e l’installazione di soffitti in tessuto per il mascheramento degli impianti.

Autore

  • Christine Desmoulins

    Giornalista e critica di architectura francese, collabora con diverse riviste ed è autrice di numerose opere tematiche o monografiche presso diverse case editrici. E’ anche curatrice di mostre: in particolare «Scénographies d’architectes» (Pavillon de l’Arsenal, Parigi 2006), «Bernard Zehrfuss, la poétique de la structure» (Cité de l’Architecture, Parigi 2014), «Bernard Zehrfuss, la spirale du temps» (Musée gallo romano di Lione, 2014-2015) e «Versailles, Patrimoine et Création» (Biennale dell'architettura e del paesaggio, 2019). Tra le sue pubblicazioni recenti: «Un cap moderne: Eileen Gray, Le Corbusier, architectes en bord de mer» (con François Delebecque, Les Grandes Personnes et Editions du Patrimoine, 2022)

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Last modified: 17 Dicembre 2015