Conclusa l’edizione 2015 con la vittoria di un edificio mediatizzato e datato (The Interlace di Ole Scheeren a Singapore). Dopo 4 anni in Asia, il World Architecture Festival torna in Europa approdando a Berlino, ma occorre rivedere il format
SINGAPORE. Giunto al suo ottavo appuntamento, il World Architecture Festival (WAF) si è tenuto anche quest’anno all’interno del Marina Bay Sands Convention Center, dal 4 al 6 novembre. L’evento ha seguito un calendario articolato secondo l’ormai collaudato timetable fitto d’incontri, dibattiti e presentazioni (crits) – che vedono la partecipazione in persona degli autori dei progetti candidati ai premi -, oltre alle prestigiose keynotes e le lectio magistralis: alcune delle quali, in occasione dei cinquant’anni dall’indipendenza della città-stato asiatica, ne hanno celebrato l’unicità storico-urbanistica.
A fare da cornice all’evento è stata la mostra dei progetti selezionati, elaborati da studi di 46 Paesi e raggruppati in 30 categorie per un totale di 338 opere. Ognuna si è contesa gli awards non solo delle rispettive sezioni di appartenenza ma anche delle tre grandi “famiglie”: “Future Projects”, “Landscape Projects” e “Complited Projects” da cui è stato scelto il “Building of the Year” che quest’anno è andato a The Interlace di Singapore, firmato da Ole Scheeren quando era ancora partner di OMA. Il complesso residenziale è stato selezionato dal super jury, composto per l’edizione 2015 dagli architetti Peter Cook, Sou Fujimoto, Manuelle Gautrand affiancati da Alan Balfour, direttore di ArchDaily – il weblog di architettura che con i suoi 300.000 collegamenti/giorno è nel settore il più cliccato al mondo. Il verdetto dei vincitori è stato reso noto in occasione della cena di gala di venerdì 6 che ha chiuso la tre giorni di Singapore, diretta come sempre dall’inossidabile Paul Finch, deus ex machina nonché fondatore del Festival.
È stato celebrato anche il miglior progetto di arredo selezionato nell’ambito di “Inside”, World Festival of Interiors, evento indipendente dedicato all’architettura d’interni che dal 2013 affianca il WAF – a coprire anche questo settore “minore” della progettazione. La super giuria, composta da Gilda Bojardi (direttrice di “Interni”) insieme agli architetti Colin Seah e Sadie Morgan, ha incoronato col titolo di “World Interior of the Year” un hotel a Melbourne disegnato dagli australiani March Studio.
Anche quest’anno Australia, Singapore e Regno Unito hanno raccolto gran parte delle nomination, a conferma che il successo di un concorso tanto globale come il WAF necessiti essere rappresentativo di quelle regioni del mondo dove l’economia è più dinamica. Forse per questa ragione la nona edizione del festival si terrà il prossimo anno a Berlino. La notizia, svelata a chiusura dei lavori, sembra confermare i rumors secondo i quali l’organizzazione del WAF stava da tempo pensando di lasciare Singapore, delusa dall’economica asiatica in crisi (causata dall’arresto della “locomotiva” cinese) e attratta da quella tedesca, più rampante. Novità 2016 sarà anche il lancio di eventi regionali come il WAF Dubai, in programma il 10/11 febbraio, che dovrebbero operare come una sorta di piattaforma più compatta ma con gli stessi contenuti. Nel frattempo, per lasciare un bel ricordo di sé, il WAF si è congedato da Singapore regalandole per il disturbo, come già accaduto per la prima edizione asiatica, il primo premio – un edificio ormai datato e abbondantemente mediatizzato negli ultimi tre anni.
Con questo ritorno in Europa, Finch&Co potrebbero cogliere l’occasione di rivedere un format ormai inflazionato e noioso, facendo ri-decollare quell’Ufo mediatico un po’ scassato – perché pezzo meccanico del London Festival of Architecture – partito da Barcellona nel 2012 e planato accidentalmente sulla moquette di un casinò. L’edizione di Berlino potrebbe essere l’occasione per risolvere il conflitto d’interessi che vede (da sempre) alcuni componenti delle giurie essere anche concorrenti in gara nonché professionisti molto vicini al direttore e alla sua cerchia. Inoltre sarebbe utile ridurre i prezzi dei diversi pacchetti/tickets che, oltre a tagliar fuori una grossa fetta di pubblico giovane, sembra far desistere progettisti sezionati dal partecipare all’evento, dovendo anche coprire le spese della trasferta, senza avere nessun riscontro concreto se non quello di vedersi citati nel sito del festival. Il fatto poi che non ci sia un catalogo a testimonianza di un “anno mondiale di progettazione”, non aiuta a riflettere sul reale contributo che questa rassegna dà all’architettura.

MdAA, Tree House a Roma, unico studio italiano ad aggiudicarsi un primo posto (sezione Residential), WAF Interior 2015
Per approfondimenti e l’elenco dei vincitori:
www.worldarchitecturefestival.com
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Last modified: 17 Novembre 2015