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Sebastiano BrandoliniWritten by: Inchieste

Expo dopo Expo. Le aree dismesse faranno la Milano del futuro

Expo dopo Expo. Le aree dismesse faranno la Milano del futuro

Come annunciato la scorsa settimana, proponiamo un primo abstract inerente uno dei contributi del libro Expo dopo Expo. Progettare Milano oltre il 2015, pubblicato a cura del Master Architettura Paesaggio (acquistabile in forma e-book e cartacea al sito www.paesaggio.it)

Ci sono legittime aspettative circa il futuro dell’area milanese dell’Expo, che in pochi anni è stata ben infrastrutturata (più che collegata fisicamente ai suoi bordi) e si trova oggi al centro della metropoli. Da anni si ripete che si sarebbe dovuto pensare all’urbanistica e alla funzione del dopo-Expo prima che ci fosse Expo stessa, per evitare successivi problemi di degrado, abbandono, ghettizzazione, spreco e figuracce a scala internazionale. Ciò (come forse si poteva intravedere nella sfera di cristallo) non sta avvenendo. A mio giudizio non costituisce un grave problema.

Non penso che l’area dell’Expo possa o vada trattata diversamente da tante altre aree problematiche, più o meno altrettanto grandi per misura e importanza, che ricadono nella costellazione a macchia di leopardo che è la metropoli milanese. Anzi penso che l’abbandono e il degrado siano elementi fondamentali della metropoli contemporanea, non soltanto perché inevitabili ma perché sono parti del suo contenuto, della sua identità, forse pure della sua bellezza. E quindi penso che il plausibile abbandono e la dismissione dell’area Expo a partire da novembre 2015 (fino a quando non si sa, ma comunque fino a che i mercati immobiliari – pubblico o privato – riescano a produrre un’idea e un programma plausibili di trasformazione) vadano visti come una possibilità piuttosto che come una fatalità.

Già una cinquantina di anni fa Robert Smithson e Gordon Matta-Clark, artisti americani il cui lavoro possedeva una forte valenza politica, si sono occupati di cave, di condomini derelitti, di bellezza post-industriale. In tutta Europa constatiamo quotidianamente che interi brani di territori ex-urbani e di paesaggi stanno tornando a stati di semi-naturalità. Va detto che ciò non corrisponde necessariamente a uno stato di crisi economica, e neppure a un qualche malgoverno del territorio. La vera sfida nelle metropoli di oggi non è dunque tanto quella di trasformare sempre e comunque le aree post-industriali abbandonate e dunque di rimuoverle dalla nostra mente e dal nostro sguardo, quanto quello di riuscire a conviverci che possano restare così come sono, usandole in modo innovativo e lasciando che seguano il loro corso.

Ecco altre grandi aree abbandonate o sottoutilizzate o in attesa di sviluppo a Milano: alla Bovisa, a Varedo, a Sesto San Giovanni, a Settimo Milanese. E poi gli immani scali ferroviari (via Farini, Porta Romana, Porta Genova, Segrate), e le aree militari (via Monti, via Novara, e certamente ce ne sono tante altre). Sul sito della Regione Lombardia si trovano centinaia di aree dismesse, forse tutte più piccole dell’area Expo ma la cui massa critica è di gran lunga maggiore e la cui invasività territoriale sarebbe in grado, se messa a frutto, di condizionare lo sviluppo di tutta la metropoli. Solo insieme, le aree dismesse faranno la Milano del futuro; di questo ho parlato diverse volte con l’amico Paolo Pomodoro.

Per immaginarsi un futuro convincente (e che non sia una banale operazione immobiliare di scarso interesse) anche della “relativamente piccola” area Expo, serve fare un salto di scala, usare l’arma della visione politica, tener d’occhio la metropoli e convincersi che questa esiste per davvero e può fare la differenza. Nonostante su carta l’area metropolitana di Milano esista, per ora essa è soltanto un retino amministrativo e virtuale, non certo fisico. Non conosco nessun progetto che si sia prefissato di diventare metropolitano, al posto di essere soltanto urbano. Non sento nessuno discutere dell’area Expo rispetto al sistema degli spazi verdi (Parco Sud, Parco delle Groane), rispetto alla Fiera, rispetto ad altre aree dismesse, o rispetto a Rho che vanta ben 50.000 abitanti. È di queste cose, credo, che bisognerebbe ora dire qualcosa.

 

Didascalia immagine di copertina: Milano, stazione Lambrate (foto di Davide Maccioni per ACMA)

 

Articolo principale:

Expo dopo Expo

(di Antonio Angelillo)

Autore

  • Sebastiano Brandolini

    Nato nel 1959, nel 1982 si laurea a Londra presso l’Architectural Association. Dal 1982 al 1996 lavora nella redazione della rivista «Casabella». Ha insegnato presso lo IUAV di Venezia, le Università di Ferrara e Genova, la Kent State University di Firenze e il CEPT di Ahmedabad in India. Dal 2008 insegna presso l’ETH di Zurigo, indagando temi attinenti il rapporto tra urbanistica e paesaggio. Nel corso degli anni ha scritto di architettura su «D-La Repubblica delle Donne», «Ottagono», «Elle Decor» e «L’Architetto». Ha scritto libri-guida sull’architettura recente di Milano (2005) e Roma (2008), monografie sullo studio finlandese Gullichsen Kairamo Vormala e su Alberto Ponis; inoltre è suo un volume illustrato sulle cartoline del Monte Rosa. Recentemente ha pubblicato un testo sul trekking nella metropoli milanese. Il suo studio di architettura, insieme ad Alba Gallizia, ha sede a Milano e si occupa principalmente di progetti di edilizia privata.

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Last modified: 8 Novembre 2015