A colloquio con il progettista olandese che illustra il suo approccio e le sue esperienze alla luce delle sue più recenti realizzazioni (ultimo inaugurato, l’ampliamento del Museo Van Gogh)
AMSTERDAM. Hans van Heeswijk viene da una solida formazione ingegneristica ricevuta a Delft che è poi maturata lavorando con Aldo van Eyck ad Amsterdam. Passato presto alla libera professione, aprendo un proprio studio negli anni ’80, ha visto le molte esperienze professionali arrivare a concentrarsi, una quindicina d’anni fa, sul tema museale inanellando una serie d’interessanti esperienze nelle città olandesi. L’approccio è solido, pragmatico, i nomi importanti: ad Amsterdam l’Hermitage, all’Aia il Mauritshuis, ora il Museo Van Gogh, dove è stata inaugurata il 5 settembre scorso la nuova hall d’ingresso, sempre nella città dei canali.
Hans van Heeswijk ha le idee molto chiare sulla sua professione e sul concetto di Museo che vede pienamente inserito in una dimensione le cui caratteristiche sono dettate dalla fruizione di massa delle istituzioni culturali, non senza un’attenzione per lo spazio pubblico tipica della cultura olandese. L’industria culturale viene pienamente accettata in quanto tale, senza per questo rinunciare alla qualità e durabilità degli interventi.
Hans, che cos’è per te un museo?
Prima di tutto un museo è un edificio pubblico visitato da molti spettatori ogni giorno. Questo fa sì che i problemi logistici e di accesso sono i più importanti che un architetto deve risolvere affrontando il tema. Naturalmente il museo è uno spazio espositivo in cui possono essere mostrati quadri, sculture, installazioni, oggetti di ogni tipo, ma non credo che questo tipo di spazi siano difficili da disegnare per un architetto, mentre disegnare dei buoni percorsi in un museo come in qualsiasi altro spazio pubblico è estremamente importante e difficile. Un museo dev’essere un edificio facilmente comprensibile dall’esterno e dev’essere invitante, di modo che i visitatori, una volta entrati, possano capire com’è organizzato, possano facilmente orientarsi e sentirsi a casa. In questo modo possono rimanere nel museo più a lungo, piacevolmente, e possono trarre le motivazioni per ritornarvi frequentemente.
Dunque è più importante disegnare uno spazio per le persone che godono dell’arte, piuttosto che uno spazio per l’arte?
Ovviamente è importante disegnare uno spazio per l’arte, ma ritengo che questo non sia così difficile. Disegnare buoni percorsi e un’immagine che possa essere invitante per il pubblico è ancora più importante.
Tu hai avuto l’opportunità di misurarti molte volte con questo tipo di problemi. Puoi descriverci le tue esperienze in termini di approccio al tema?
Prima di disegnare e realizzare questi ultimi progetti nel campo museale, abbiamo compiuto delle ricerche cercando di capire cosa facesse di un edificio museale una buona architettura. Io penso che ogni museo debba avere un’entrata trasparente e spazi d’ingresso molto ampi. Quando pensiamo al vecchio Louvre a Parigi ci ricordiamo uno spazio labirintico finché nel 1991 Ieoh Ming Pei aggiunse il nuovo ingresso con la famosa piramide. Da allora quando arriviamo al Louvre vediamo prima di tutto la piramide e capiamo che l’entrata dev’essere lì; e quando ci affacciamo vediamo una hall d’ingresso molto ampia e capiamo immediatamente com’è organizzata, perché semplicemente vediamo tutti i servizi, le infrastrutture e le ali in cui sono ospitate le diverse sezioni del museo nonché i percorsi. Questo è molto importante. Questo è ciò che abbiamo cercato di fare disegnando l’estensione del Mauritshuis all’Aia, completato l’anno scorso, questo è ciò che abbiamo fatto disegnando la nuova hall d’ingresso del Museo Van Gogh, appena aperta. Abbiamo realizzato uno spazio d’ingresso molto aperto e ampio, così che il pubblico che entra dal livello stradale si rechi a quello inferiore e capisca immediatamente lo schema organizzativo dell’istituzione. In questo modo le persone si orientano da sole, si trovano a proprio agio e il museo diventa un luogo piacevole dove stare. Per chi vi lavora è un posto di lavoro efficiente, un buon edificio.
Hai citato il Louvre, capostipite dei moderni musei di massa, ma mi sembra che nelle vostre realizzazioni ci sia più attenzione alla scala umana. Non credo sia solo una questione di dimensioni, forse dipende dalla tradizione che avete in Olanda di attenzione alla qualità degli spazi per la persona. Cosa ne pensi?
I musei che abbiamo realizzato sono sicuramente più piccoli del Louvre, in Olanda non abbiamo musei così grandi. L’unico paragonabile è il Rijksmuseum, un edificio molto grande; gli altri sono edifici a piccola scala, anche se abbiamo cercato di progettarli più grandi possibile in relazione con lo spazio disponibile, spazio che nel centro delle città è sempre poco, non c’è spazio per grandi strutture. Le nostre sono soluzioni pratiche.
Qual è l’importanza dei musei nella vita culturale olandese e come vedi la vostra realtà in rapporto a quella degli altri paesi europei?
I musei sono molto importanti, non solo in Olanda ma nel mondo intero, poiché la gente ha molto più tempo libero e, per esempio, va molto più in vacanza di quanto faceva 15 anni fa. L’arte viene comunicata attraverso la stampa, la televisione, i social media e noi andiamo nei musei molto di più di quanto facevamo un tempo e, ciò che è molto interessante, i musei cercano di avere successo, di attirare numeri sempre maggiori di visitatori ogni anno. Tutte queste strutture perciò si trovano, presto o tardi, a essere troppo piccole e tutte necessitano di estensioni. I musei sono importanti per la vita culturale ed essi devono essere attrezzati per attirare le persone nel modo più delicato possibile.
Credi che tutto questo non sia contraddetto dalla sempre maggiore importanza del mondo virtuale e digitale in cui viviamo? La gente continua a visitare i musei senza essere distratta dal web ove tutto esiste…
Il web porta una quantità d’informazioni che non è minimamente comparabile con ciò che puoi trovare nella vita reale, in un museo ad esempio. In internet puoi trovare tutte le informazioni che vuoi su un dipinto, ma se non lo hai mai visto dal vero non puoi immaginare come sia stato realizzato, le textures, i colori reali, ad esempio. Internet ci dà tutte le informazioni ma noi abbiamo sempre bisogno di vedere l’arte dal vero, nei musei. Sono tutti e due strumenti d’informazione e formazione e io credo non siano in competizione fra loro, anzi si completano.
Come è cambiato il tuo lavoro nel corso degli anni, dal primo museo che hai disegnato all’ultimo, il Van Gogh?
Abbiamo finora lavorato a otto musei in Olanda. Nel primo eravamo più interessati al segno architettonico, alla qualità degli spazi espositivi e all’impatto sul tessuto urbano, nell’ultimo abbiamo lavorato di più sugli aspetti legati al funzionamento della macchina per i visitatori; potremmo dire, una macchina che inviti i visitatori a entrare e che funzioni bene come edificio pubblico. Noi siamo più interessati agli aspetti funzionali, l’architettura dei musei dev’essere senza tempo piuttosto che essere alla moda o di tendenza. Oggi la maggior parte dei musei sono delle icone, ma non penso che questo vada bene soprattutto per due ragioni. La prima è che un museo dev’essere attraente non solo quando viene aperto, ma anzi deve avere un orizzonte di almeno 25 o 30 anni: in termini architettonici dev’essere normale, funzionale e bello. Non credo in edifici “di stile”; anche se, certamente, i musei disegnati da architetti di moda all’inizio sono divertenti. I materiali devono essere normali e naturali, pietra e vetro, cemento e acciaio: devono essere solidi nei dettagli. I musei d’arte devono essere costruiti con grande qualità riconosciuta a livello mondiale, la più elevata possibile.
Perciò la tua sfida è con il tempo, il tuo lavoro dev’essere senza tempo…
Un edificio dev’essere moderno non solo quando è finito ma, anche dopo trent’anni, dev’essere attuale e non dev’essere necessario aggiornarlo.
Come vedi il futuro, come evolverà il concetto di museo nei prossimi decenni?
Penso che i musei diventeranno sempre più specializzati nei contenuti. Nel XX secolo i musei erano cubi bianchi dove si poteva esporre qualsiasi cosa. Oggi i curatori concepiscono mostre in modo sempre più scenografico, senza avere bisogno di luce naturale come in teatro, con percorsi molto drammatizzati: per questo motivo necessitano di spazi molto tecnici senza rapporto con l’esterno. I nuovi musei diverranno sempre più macchine sceniche in grado di ospitare questo tipo di mostre.
WEB: www.heeswijk.nl
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Last modified: 1 Ottobre 2015