TORINO. Sta al progetto di architettura definire le funzioni, oppure solo la premessa di un chiaro ed esaustivo programma funzionale – avallato da approfonditi studi di fattibilità – può condurre ad auspicabili esiti architettonici di qualità?
Il dilemma, intrinseco a numerosi concorsi d’idee, si fa palese nel caso di «MRF Mirafiori», contest internazionale a procedura aperta per il riuso delle ex aree logistiche Fiat a Mirafiori, i cui esiti sono stati resi noti a inizio luglio.
Il concorso
Redatto in collaborazione con la Fondazione Ordine degli Architetti Torino, il bando è stato lanciato in aprile da Torino nuova economia (Tne), società partecipata da Comune di Torino, Città Metropolitana e Regione Piemonte che dal 2005 opera per attuare uno degli obiettivi del Protocollo di Intesa finalizzato al mantenimento nell’area di Mirafiori di un polo di attività produttive: un comparto di 300.000 mq da restituire al tessuto urbano mediante interventi di riqualificazione urbanistico-edilizia e di valorizzazione socio-economica.
Obiettivo del concorso era l’individuazione di un utilizzo temporaneo per l’ex Dai, capannone industriale di grandi dimensioni (circa 37.000 mq su una superficie complessiva del lotto di 142.000 mq che comprende anche l’edificio dell’ex Gommatura), in struttura metallica con campate alte fino a 12 m, dismesso dal 2005. Il fabbricato sorge nell’area già parzialmente recuperata, nel lembo ovest, con l’insediamento del Centro del design del Politecnico di Torino (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 95, giugno 2011), progetto di demolizione-ricostruzione firmato Isolarchitetti e oggi sorta di palma nel deserto di un comparto in attesa di trasformazione e completamente privo di servizi.
Nell’intento di avviare un’esplorazione di possibili strade per un intervento dalle particolari ambizioni urbane – indagate anche attraverso le esigenze emerse da un percorso partecipativo con la cittadinanza gestito dallo studio Avventura Urbana -, la committenza si è affidata, in prima battuta, ad architetti e ingegneri. Da un lato, investendone l’operato di una valenza demiurgica (solo in parte smorzata dalla raccomandazione che fosse «indispensabile lavorare con gruppi multidisciplinari [ma in realtà non vi era obbligo di coinvolgere altre competenze professionali; n.d.a.] per rispondere a criteri di: riconversione dell’area in relazione al vissuto, alla storia e all’identità storica; inserimento nel paesaggio urbano; flessibilità funzionale e compositiva; sostenibilità economica e ambientale»); dall’altro, denotando una carenza di visione prospettiva, nel momento in cui il bando sosteneva che «Il committente acquisisce, a seguito della corresponsione dei premi, le prime 8 proposte classificate da intendersi quale concept su cui sviluppare il successivo studio di prefattibilità» e che «A conclusione del concorso, l’ente banditore inviterà gli autori delle idee premiate ad una gara con procedura negoziata senza bando, per l’affidamento dello studio di prefattibilità riguardante l’utilizzo temporaneo del capannone ex Dai». Si annunciano dunque tempi lunghi, entro un quadro dai contorni ancora assai vaghi: infatti, non sono stati resi noti nè budget di riferimento, nè un cronoprogramma che quantificasse la “temporaneità” del riutilizzo; entrambi gli aspetti sono così stati lasciati alla discrezione dei concorrenti, i quali li dovevano indicare – anche qui, senza carattere vincolante – nella relazione descrittiva di accompagnamento agli elaborati grafici. Chiaro dunque come la competizione sia stata concepita soprattutto quale volano per innescare auspicabili interessi da parte di svariati attori – in primis i developers – e per condividere inediti immaginari.
Gli esiti
Così, su una rosa di 45 concorrenti, la giuria (presieduta da Cino Zucchi e composta da Francesco Luccisano, capo segreteria tecnica MIUR, Giorgio Giani, presidente Fondazione Ordine degli Architetti, Maria Quarta, Direzione ambiente, governo e tutela del territorio della Regione Piemonte, e da Diego Nigra, membro del Cda di Tne) ha opportunamente selezionato la shortlist degli 8 sulla base di differenti orientamenti, offrendo alla committenza un ventaglio di opzioni possibili, sia in termini di destinazioni d’uso (ricorrenti entertainment, produzione, green e spazi multifunzionali) che di metodologie d’intervento rispetto al costruito (fino alle ipotesi di autocostruzione). Ha prevalso il raggruppamento guidato da Recchiengineering srl (con Land Milano srl, Immagine e territorio – Strategie e strumenti di Livio Dezzani sas, Cristiano Picco, +Studio e Roberta Musso). Tra le motivazioni, riferite il 3 luglio durante l’afosissima premiazione all’interno dello stesso ex Dai da Zucchi in persona (che a Torino è di casa, avendo firmato nel 2011 l’ampliamento del Museo nazionale dell’automobile – con coordinamento e direzione lavori proprio a cura di Recchiengineering -, così come il nuovo quartier generale Lavazza, ora in cantiere), la proposta è stata scelta perchè «affronta tutti i temi e gli obiettivi enunciati dal bando con strategie programmatiche, spaziali e architettoniche di grande coraggio e di indubbia qualità. […]. I volumi di forma circolare che contengono le nuove funzioni – un acceleratore di start up, spazi per co-working, artigianato, un centro per l’automobilismo e il car design, spazi per musica e la ristorazione – sono tenuti insieme da vuoti collettivi di forma libera che connettono gli accessi da corso Settembrini con il sistema di spazi aperti tra i due capannoni, aprendo in maniera decisa l’ex stabilimento alla città. La rimozione parziale dello schermo murario esistente dona una nuova scala e una nuova presenza urbana alla sequenza di colonne metalliche che articola il fronte e l’interno, mentre una grande passerella semicircolare sospesa sopra l’ingresso principale costituisce un convincente segno architettonico del nuovo ruolo che il complesso vuole assumere nel quartiere e nella città. Lo spazio alberato esistente dietro il capannone Dai ospita degli orti urbani e un grande spazio eventi, mentre per l’ex Gommatura sono previsti un vivaio e degli atelier».
Tuttavia, visto il tono della consultazione, le proposte classificate seconda (Studioata con Loredana Pia Raimondo, Valerio Fogliati e Bruno Maiolo) e terza (PAT Architetti Associati con CZ Studio Associati, Francesco Fossati, Fabio Busatto, Bellissimo srl, Jones Lang LaSalle Spa e Lorenzo Pavese), limitandosi a indicazioni prevalentemente di masterplan, paiono forse più in linea con la necessità di tracciare ipotesi di larga massima le quali, ancor prima che con l’architettura, vanno misurate con le effettive fattibilità e con le attese del mercato e della cittadinanza. La shortlist vede poi al quarto e quinto posto due architetti outsider (Tiziano Cirigliano e Mario Cipriano), mentre, a interrompere il monopolio dei capigruppo torinesi, al sesto posto l’ingegnere cagliaritano Tonino Fadda davanti a Mario Cucinella Architects e all’engineering genovese Dodi Moss srl. Quattro le menzioni mentre, tra le firme di rilievo escluse, studio Bargone, Benedetto Camerana (con Metrogramma), Derossi Associati, Santo Marra, Microscape e Claudio Nardi.
Del concorso sono infine apprezzabili sia l’entità dei premi (10.000 euro al primo, 5.000 al secondo, 4.000 al terzo e 2.000 ciascuno agli altri 5), sia la snella richiesta, accanto alla relazione, di un’unica tavola formato A0 che ha così permesso di verificare l’efficacia delle proposte anche sul piano della restituzione grafica.
Per saperne di più:
www.concorsomirafiori.it (bando, graduatoria completa e tavole dei selezionati e menzionati)
www.torinonuovaeconomia.it (elementi di contesto)
[…] Download Image More @ ilgiornaledellarchitettura.com […]