MILANO. A 24 ore dallapertura di Expo, il 2 maggio sono stati presentati alla stampa parte dei 19.000 mq della nuova sede di Fondazione Prada, periferia Sud di Milano, fermata ferroviaria Porta Romana. Ed è proprio seguendo i binari che dalla metropolitana si arriva allingresso dellex distilleria Società Italiana Spiriti, trasformata da Rem Koolhaas in quella che alcuni hanno già ribattezzato Pradopolis piuttosto che Miuccias Museum. Definizioni che non piacerebbero allarchitetto olandese né tantomeno ai committenti, fermi nel dichiarare che non si tratta di un museo tradizionalmente inteso, che non ha e non avrà mai legami con la moda e che vuole essere al centro dellattenzione non per il nome che porta, quanto per la qualità degli spazi, delle mostre e delle numerose attività in programma a partire dal 9 maggio.
Di certo ci riesce in quanto a qualità degli spazi: sette edifici preesistenti combinati a tre nuove costruzioni (Podium, Cinema e Torre), imponenti per materiali, forme e dimensioni ma soprattutto per il modo in cui s’innestano sui bassi fabbricati del primo Novecento, li mettono in relazione tra loro, li contaminano o li sfiorano appena. Un repertoire – come lo definisce Koolhaas – di soluzioni per un recupero lontano dal cliché del post industriale animato occasionalmente da eccezionali gesti architettonici, volto a far coesistere la dimensione del restauro filologico e quella dellindagine e della sperimentazione progettuale contemporanea.
Accanto agli intonaci e ai dettagli in ferro battuto meticolosamente ripristinati delledificio dingresso e accoglienza, ecco svettare una palazzina interamente ricoperta con foglia doro, la Haunted House, alla base della quale s’innesta il rigido volume su due livelli rivestito in schiuma dalluminio del Podium, dalle cui ampie vetrate s’intuiscono i marmi degli spazi espositivi che, complice lallestimento della temporanea Serial Classic di Salvatore Settis, sembrano voler citare la Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe a Berlino. Poi i passaggi, le rampe, le pavimentazioni che cambiano sottolineando perimetri, un altro blocco: un guscio metallico riflettente – che nasconde al suo interno il cinema -, indipendente e solenne contribuisce alla realizzazione di una piazza. Più avanti unaltra rampa conduce allex deposito degli zuccheri Eridania, spazio espositivo alto 16 metri e connesso al cantiere della torre che verrà terminata nel 2016, in cui le strutture portanti in metallo vengono sottolineate dallarancione che Rem ci ha abituato a ritrovare qua e là in molti progetti (basti pensare allintervento tedesco dello Zollverein). E ancora, tra la torre e il cinema, il recupero della cisterna, preesistenza composta da tre grandi ambienti sviluppati in altezza, ognuno dei quali dedicato a una singola opera, in cui Koolhaas riduce lallestimento al minimalismo che lega le opere tra loro.
Un repertorio ricco per davvero, in cui gli spazi si susseguono senza prevalere uno sullaltro, ciascuno a rappresentazione di peculiarità compositive e materiche, in cui gli allestimenti si dimostrano flessibili per assecondare le esigenze della Fondazione. Introducendo numerose variabili spaziali, la complessità del progetto architettonico contribuisce allo sviluppo di una programmazione culturale aperta e in costante evoluzione, nella quale sia larte che larchitettura trarranno beneficio dalle loro reciproche sfide, ha detto Koolhaas durante la conferenza inaugurale.
Meno efficace risulta invece il dialogo tra la Fondazione e il quartiere che la ospita, almeno per il momento. Limpressione è che il rapporto non sarà paritario, ovvero che questarea di magazzini, residenze popolari e laboratori artigianali non riuscirà a beneficiare dellintervento, investita com’è da un rapido processo di gentrificazione di cui già si ravvisano alcuni segnali – e in cui la Fondazione gioca inevitabilmente un ruolo importante.
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biennale venezia 2014 , rem koolhaas , venezia
Last modified: 26 Aprile 2016