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Stefano LentoWritten by: Città e Territorio

Napoli, segni di rinascita ai margini

Napoli, segni di rinascita ai margini

NAPOLI. È da più di un ventennio che l’area di Napoli Est è al centro di politiche di sviluppo. Primo segno tangibile di questa intenzione di crescita è stato il BRIN 69, polo multifunzionale progettato dallo studio Vulcanica. Ha riguardato il riuso di una fabbrica dismessa, alle spalle della via Marina, importante arteria di collegamento cittadino. Ultimo intervento, solo in ordine di tempo, facente parte di questo importante programma di crescita è il progetto per la nuova sede dell’Università Federico II a San Giovanni a Teduccio, Comune afferente alla VI Municipalità insieme con Barra e Ponticelli.
Il primo plesso è stato inaugurato il 10 aprile, nell’ambito di una pubblica conferenza presieduta tra gli altri dal rettore Gaetano Manfredi, dal presidente della Regione Campania Stefano Caldoro e dall’assessore per la Ricerca scientifica Guido Trombetti. Il sito si trova tra via Signorini e via Protopisani, lì dove sorgevano gli ex stabilimenti Cirio, di cui non è stata conservata che la ciminiera quale simbolo del passato industriale. I fondi comunitari (45 milioni dei 160 previsti per l’intero intervento), hanno dato il via all’ambizioso progetto. A occuparsi del piano urbanistico è stato, nel 2004-2006, lo studio Ishimoto Europe, vincitore di una gara di progettazione ai tempi dell’amministrazione Bassolino. La cellula appena ultimata è parte di un programma che riguarderà una superficie complessiva di 200.000 mq. Metà dei fondi sono stati investiti per la didattica (Facoltà di Ingegneria e Giurisprudenza) e il suo futuro completamento, previsto nel 2017. La restante parte verrà, invece, utilizzata per i laboratori del CNR, un polo di sperimentazione che intende porsi come ponte tra la formazione e il lavoro. Non mancheranno spazi di aggregazione quali biblioteche e centro congressi. Piazze e parchi verranno messi a servizio della comunità che potrà beneficiare anche di parcheggi ipogei (previsti circa mille posti auto, di cui quasi la metà già realizzati). Ultimo, non in ordine d’importanza, il CeSMA (Centro per le misurazioni meteorologiche), una nuova avanguardia di riferimento per l’industria e le imprese.
Tuttavia, la trasformazione non ha perso di vista le identità locali. Gli spazi pubblici faranno da filtro con la restante parte della città per favorire le relazioni sociali. Vengono, difatti, riprese tipologie tipiche delle micro-comunità come la piazza, il cortile o il semplice slargo. Anche i volumi funzionali saranno resi penetrabili dai flussi. Fatti salvi i comparti che richiederanno privacy, la restante parte è stata organizzata con porticati e aree semi-coperte. Superfici trasparenti permetteranno un sostanziale risparmio energetico, mentre facciate ventilate con resine indurenti dovrebbero rallentare l’usura del tempo, riducendo così i costi di gestione.
L’incarico architettonico, aggiudicato a seguito di gara a Gregotti Associati, richiama alla memoria – data l’affinità per densità abitativa e stato di degrado dell’area periferica – la poco gloriosa fortuna che ha accompagnato lo Zen di Palermo, sebbene occorra fare sostanziali distinguo circa le funzioni insediate e i sistemi di connessione (su ferro come su gomma), che in quest’ultimo caso paiono maggiormente ramificati. Basterà ciò a garantire all’area di non restare isolata rispetto al centro cittadino? In base alle parole di Renzo Piano, che ha riportato le periferie al centro dell’attenzione pubblica (“L’architetto non modifica le realtà, interpreta il cambiamento e lo anticipa”), c’è da auspicare che l’intervento a San Giovanni a Teduccio rappresenti un sostanziale tassello a supporto di questo pensiero.

Un nuovo ospedale per Ponticelli
Ancor più diretto il riferimento a Piano nel caso di Ponticelli, quartiere di cerniera vista la sua collocazione che lo pone nel mezzo tra la stazione ferroviaria di piazza Garibaldi e l’aeroporto di Capodichino. Qui, sulla base del modello messo a punto nel 2001 con l’allora ministro della Salute Umberto Veronesi, tre anni più tardi si pensò alla realizzazione dell’Ospedale del Mare. L’appalto pubblico con procedura di project financing bandito dalla Asl Napoli 1 vede imporsi nel 2004 la cordata guidata dall’impresa Astaldi e formata da Giustino costruzioni, Siemens, Coppola costruzioni e Girardi costruzioni. L’investimento è di 187 milioni, di cui il 57% di provenienza pubblica, per una superficie complessiva di 145.800 mq. Il contratto stabilisce che Astaldi completi i lavori in 4 anni e poi gestisca per 25 anni la struttura (84.430 mq), che prevede 451 camere (con massimo due letti ciascuna) ben connesse alle 18 sale operatorie. In aggiunta, per le restanti superfici, sono previsti un albergo, un centro commerciale, aree verdi e 1.300 posti auto interrati.
Tuttavia, i lavori non rispettano le consegne. Slittano di anno in anno a causa delle continue proteste da parte della popolazione che si oppone agli espropri delle abitazioni precedentemente oggetto di condono. Finché, nel 2010, a seguito di un’inchiesta condotta dal pm Giancarlo Novelli, vengono indagati alcuni manager della pubblica amministrazione e tutto si ferma. L’area diviene una discarica a cielo aperto prima di tornare in attività nel 2012. In fase di cantiere è evidente una forte attenzione per la normativa antisismica: il piano fondale prevede 307 isolatori sismici che rendono l’edificio uno dei maggiori esempi in termini di risposta tellurica in ambito europeo.
Resta un’incognita. Perché costruire a meno di 10 km dal Vesuvio in quella che già all’inizio dei lavori era ritenuta zona ad alto rischio? È un’evidente falla che inficia un programma con buone qualità formali. Il progetto è curato dall’architetto Pasquale Manduca in collaborazione con lo studio Ian+, cui è stato affidato il disegno del centro commerciale. L’impianto quadrato presenta una corte centrale dove una struttura posta diagonalmente, chiamata «l’albero» per le ramificazioni che la caratterizzano, mette in connessione i quattro lati dell’edificio. In stretto rapporto con la piazza esterna, il comparto circolare ad angolo che ospita la hall con gli ambulatori di primo intervento, è stato la prima cellula a vedere l’inaugurazione, lo scorso 13 marzo, alla presenza di Caldoro, del direttore generale della Asl Napoli 1 Ernesto Esposito e del commissario per l’Ospedale del Mare Ciro Verdoliva. Le opposizioni politiche vedono in questa apertura una strategia elettorale. La costatazione potrebbe non essere distante dal vero. Il personale è carente e non c’è possibilità di ricovero, motivo per cui arrivano pochi pazienti. Inoltre, i lavori vivono una nuova fase di stallo. È difficile pensare, allo stato dei fatti, che il completamento, previsto per il 2017, non sarà soggetto a nuovi ritardi.

Autore

  • Stefano Lento

    Nato a Napoli nel 1983, dove si laurea nel 2009 presso la Facoltà di Architettura. In seguito, incentra la sua ricerca sul valore dei contesti, lavorando dal 2009-2011 con gli studi Keller e Pica Ciamarra nell'ambito di concorsi internazionali. Nel 2012 collabora con "Ottagono" e in seguito con altre testate tra cui "Abitare", "Living Corriere della Sera", "Elledecor", "Frame magazine" e "Il Giornale dell'Architettura". Nel 2012 fonda STARTfortalents, piattaforma d'informazione per l'architettura, con l'obiettivo di fare comunicazione in maniera sempre più dinamica ed innovativa attraverso lo sviluppo di contenuti web e social strategy.

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Last modified: 30 Giugno 2015