PARIGI. Porte de Pantin, al margine del boulevard périphérique e del boulevard Serrurier a nord della capitale, il sito che riunisce il parco della Villette e la Cité de la musique, manca di legante; e ciò nuoce al suo vigore attuale. Annunciare nel 2007 l’arrivo di una Filarmonica su un terreno stretto tra il parco e le infrastrutture era dunque di buon auspicio, come lo era Jean Nouvel, designato dal concorso internazionale, architetto poco soggetto al fascino delle forme ma eccellente nell’esaltare le potenzialità dei siti.
Un progetto ambizioso dal budget sottostimato
Con questo «Centro Pompidou» della musica, un nuovo pezzo degno del Grand Paris andava a iscriversi con la doppia ambizione di realizzare sia una sala a capacità variabile da 2.400 a 3.600 posti per la musica sinfonica, sia una struttura popolare accessibile a tutti con sale espositive e di prova, studi, ristoranti, gli uffici dell’orchestra di Parigi ma anche spazi esterni vivibili.
Nouvel ha risposto a queste sollecitazioni attraverso l’architettura vigorosa d’una collina abitata che si radica nel parco, dominata dalla copertura accessibile in belvedere di fronte al panorama della capitale. Sfiorando il flusso automobilistico del boulevard périphérique – di cui costituisce un evento attraverso la presenza di uno schermo gigante -, la «collina abitata» ridiscende lungo una rampa magistrale che si fa passeggiata urbana verso la punta dell’isolato e il boulevard Serrurier. L’interno ospita una seconda e altrettanto inedita promenade architecturale che si fonde con la prima. Al cuore, l’immensa sala per concerti avvolgente e modulabile, studiata con l’architetta Brigitte Métra e due dei più grandi specialisti di acustica al mondo, s’apparenta a un gigantesco strumento capace d’immergere lo spettatore in un universo che restituisce le specificità di ciascun brano.
Il progetto, stimato a 200 milioni nel comunicato che annunciava i risultati del concorso e finanziato per il 45% dal Ministero della Cultura e della comunicazione, per il 45% dalla Municipalità e per il 10% dalla Regione Ile-de-France, sembrava nascere sotto buoni auspici. Tuttavia, in seguito le cose si compromisero. Le divergenze legate alle modalità di finanziamento e alla sottostima del budget, salito a circa 381 milioni, l’arresto del cantiere nel 2010, la sua ripresa da parte dell’impresa Bouygues nel 2011, gli «arbitrati esitanti della committenza», una «gestione mediocre», i ritardi di cantiere e i «capricci» dell’architetto furono i motivi evocati per riferire i conflitti tra committenza, imprese e progettisti. Di conseguenza, la Corte dei conti stilò ben presto un circostanziato rapporto e il cantiere, più o meno sostenuto dagli attori politici successivi, proseguì tra gli ondeggiamenti fino alla recente inaugurazione.
Una fine di cantiere burrascosa
L’estate scorsa, quando alcuni ingegneri senza rapporto con l’intervento ma familiari al tema delle grandi opere visitarono il cantiere, non erano in pochi a scommettere che il concerto inaugurale previsto il 14 gennaio 2015 sarebbe stato posticipato di qualche mese per permettere la conclusione dei lavori. Fin dal 2013 Pierre Boulez, cosciente del peso d’un progetto così prestigioso, aveva d’altronde raccomandato a Laurent Bayle, presidente della Filarmonica, di rodare bene la sala prendendo il tempo di farla testare prima d’invitarvi le principali orchestre internazionali. Tuttavia, essendo come sembra pervenute rapidissime le prenotazioni, il concerto inaugurale dell’Orchestra di Parigi ha nondimeno avuto luogo alla data prevista ma all’interno di un edificio incompleto, in presenza del presidente della Repubblica François Hollande (che si è trattenuto per tutta la durata del concerto, proprio all’indomani dei tragici fatti legati agli attentati terroristici) ma nella deliberata assenza di Nouvel. L’architetto ha chiarito a mezzo stampa: «Il disprezzo, in questi ultimi due anni, per l’architettura, per il mestiere di architetto e per l’architetto del più importante programma culturale francese di questo inizio secolo, m’impediscono di esprimere il mio accordo e la mia soddisfazione circa la mia partecipazione all’inaugurazione, all’interno di un’architettura che oscilla tra la contraffazione e il sabotaggio. Tale situazione deve aprire un dibattito circa i compiti dell’architetto, della committenza e dell’impresa nella nostra società, così come sul controllo dell’impiego del denaro nell’edilizia pubblica». Nouvel ha inoltre deplorato d’essere stato scartato «Per prerogativa del direttore generale della Filarmonica», a vantaggio d’una pianificazione e di scelte economiche guidate da un «cost killer» in merito alle opzioni architettoniche e tecniche, mentre compete logicamente all’architetto di controllare e autorizzare le spese. Ha poi precisato che la crisi economica «non è automaticamente crisi culturale e crisi architettonica» ma che richiede «strategia e invenzione», mentre «la paura di rivelare l’escalation dei costi» porta a ricercare «un capro espiatorio, essendo l’architetto perfetto per questo ruolo». E ha concluso denunciando alcune «decisioni economicamente disastrose» che alla fine causeranno «il sacrificio dei risparmi allungando tempi e costi».
Quali mezzi per quali ambizioni?
Il dibattito aperto da Nouvel solleva molteplici questioni. In merito alla messa in opera d’un’architettura emblematica e complessa finalizzata a servire le ambizioni culturali d’una società e ad accrescere l’attrattività d’una città sulla scena internazionale, il costo finale della Filarmonica è così aberrante? Nulla è meno certo se lo si compara ad altre strutture equivalenti in Europa, il cui costo si approssima ai 400 milioni. Il confronto con la Filarmonica di Amburgo, griffata Herzog & deMeuron e ancora inconclusa, il cui budget è passato da 77 a 789 milioni, è eloquente.
Un progetto simile è d’altronde un prototipo architettonico che necessita una sapiente messa a punto e può anche attraversare diversi rischi che vanno dall’escalation dei prezzi delle materie prime alle modificazioni normative, passando per le richieste delle svariate commissioni; tutti fattori suscettibili di far lievitare i budget nel corso del tempo. Ciò conduce a interrogarsi sulla responsabilità della committenza al momento della valutazione iniziale. In proposito, la Francia s’è da tempo distinta per una vera e propria cultura della committenza pubblica di cui i grand projets presidenziali di François Mitterrand furono il vessillo negli anni ottanta. In ossequio a una politica architettonica pubblica ambiziosa, gli architetti e le loro idee erano rispettati, e gli arbitrati erano oggetto di un dialogo con i grandi committenti. Se allora, come sovente accadeva, il varo dei progetti prevaleva sulla giusta valutazione del loro prezzo iniziale, i mezzi erano in seguito adattati. Da quando le risorse economiche si sono rarefatte, le difficoltà perdurano nella valutazione dei costi, ancora troppo spesso sottostimati. Tuttavia, ormai, qualsiasi deriva suscita le critiche. In un Paese le cui imprese edili figurano tra i leader mondiali del settore, non risulta dunque più facile imputare tali critiche all’architetto piuttosto che non ad altri attori della filiera? Se è difficile rispondere senza un’analisi precisa dei costi della Filarmonica e della loro ripartizione, ci si può chiedere se delle relazioni più serene tra committenza, architetto ed esecutori non avrebbero condotto a soluzioni più condivise a vantaggio dell’opera, della sua economia, degli usi e della durata. In ogni caso, ci auguriamo che da qui a qualche mese l’architettura del nuovo prototipo parigino risuoni infine di tutto il suo splendore.
www.philharmoniedeparis.fr/fr/batiments
Version française
La philharmonie de Paris, un prototype inauguré sans son architecte
Porte de Pantin, en lisière du boulevard périphérique et du boulevard Serrurier au Nord de Paris, le site qui réunit le parc de la Villette et la Cité de la musique manque de liant ce qui nuit à sa vigueur contemporaine. Annoncer en 2007 larrivée dune Philharmonie sur un terrain coincé entre le parc et les infrastructures était donc de bon augure dautant Jean Nouvel, son architecte, peu sujet à lattrait des formes excelle par contre à faire monter la puissance des sites.
Un projet ambitieux au budget sous-évalué
Avec ce « Centre Pompidou » de la musique, un nouveau morceau digne du Grand Paris allait être écrit avec la double ambition de créer une salle à jauge variable de
2 400 à 3600 places pour la musique symphonique et un équipement populaire accessible à tous avec ses salles dexposition et de répétition, des studios, des restaurants, les bureaux de lorchestre de Paris et des espaces extérieurs actifs.
Jean Nouvel répondait à ces enjeux culturels et urbains, par larchitecture vigoureuse dune colline habitée qui sancre dans le parc, dominée par une toiture accessible en bélvédère face au panorama du Grand Paris. Frôlant le flot routier du « périf » en créant lévénement par un gigantesque écran, elle redescend au fil dune rampe magistrale en promenade urbaine vers la pointe de lîlot et le boulevard Serrurier. Lintérieur est le cadre dune seconde promenade architecturale tout aussi inédite qui se fond avec la première. En son cur, limmense salle de concert enveloppante et modulable étudiée avec larchitecte Brigitte Métra et deux des plus grands acousticiens du monde, sapparente à un gigantesque instrument propre à immerger le spectateur dans un univers qui restitue les spécificités de chaque morceau.
Ce projet estimé à 200 millions deuros dans le dossier de presse annonçant les résutats du concours darchitecture et financé pour 45% par lEtat (ministère de la culture et de la communication), 45% par la ville de Paris et 10% par la région Ile-de-France semblait placé sous de bons auspices. Mais ensuite, les choses se gâtèrent. Outre les divergences liées au mode de financement et la sous-estimation du budget, passé depuis à environ 381 millions deuros, larrêt du chantier en 2010, sa reprise par Bouygues en 2011, les « arbitrages hésitants de la maîtrise douvrage », un « pilotage médiocre », des retards de chantier et des « caprices » darchitecte, furent autant de motifs évoqués pour relater les conflits entre maîtrise douvrage, entreprises et maîtrise duvre. La Cour des comptes fit dailleurs très tôt un rapport circonstancié et le chantier plus ou moins soutenu par les acteurs politiques successifs se poursuivit dans les remous jusquà la récente inauguration.
Une fin de chantier houleuse
Lété dernier, quand des ingénieurs sans rapport avec louvrage mais familiers des grands équipements visitaient le chantier, ils nétaient pas rares à parier que le concert inaugural prévu le 14 janvier 2015 serait repoussé de quelques mois pour permettre lachèvement des travaux. Dès 2013, Pierre Boulez, tout aussi conscient des enjeux dun projet aussi prestigieux avait dailleurs recommandé à Laurent Bayle, président de la Philharmonie, de bien roder la salle en prenant le temps de la faire tester avant dy faire venir les plus grands orchestres internationaux.
Les réservations ayant semble-t-il été engrangées plus vite que lombre de Lucky Luke, le concert inaugural de lOrchestre de Paris eut néanmoins lieu à la date prévue, en présence du président de sa République mais en labsence délibérée de Jean Nouvel dans un édifice inachevé. Larchitecte sen expliqua par voie de presse : « Le mépris, ces deux dernières années, pour larchitecture, pour le métier darchitecte et pour larchitecte du plus important programme culturel français de ce début de siècle, minterdisent dexprimer mon accord et ma satisfaction par ma participation à la soirée douverture, dans une architecture qui oscille souvent entre la contrefaçon et le sabotage. Cette situation doit ouvrir un débat sur les missions de larchitecte, du maître douvrage et de lentrepreneur dans notre société, ainsi que sur le contrôle de lutilisation de largent public dans les constructions publiques. »
Déplorant davoir été écarté « Par décision régalienne du directeur général de la Philharmonie » au profit dun planning et déconomies régies par un« cost killer » aux dépend des options architecturales et techniques alors quil revient logiquement à larchitecte de contrôler et signer les dépenses. Il précise que la crise économique « nest pas automatiquement crise culturelle et crise architecturale » mais quelle demande « stratégie et invention » alors que « la peur de la révélation de lévolution des coûts » amène ici à rechercher « un bouc émissaire, larchitecte étant parfait pour ce rôle ». Et de conclure en dénonçant des « décisions économiquement désastreuses » qui feront finalement « le sacrifice des économies en allongeant délais et coûts. »
Quels moyens pour quelles ambitions ?
Le débat ouvert par Jean Nouvel soulève plusieurs questions. Eu égard à la mise en uvre dune architecture emblématique et complexe voué servir les ambitions culturelles dune société et à accroître lattractivité dune ville sur la scène internationale, le coût final de la Philharmonie est-il si aberrant ? Rien nest moins sûr si on le compare à dautres équipements équivalents en Europe dont le coût avoisine les 400 millions deuros. La comparaison avec la Philharmonie de Hambourg, toujours inachevée et dont le budget serait de 77 à 789 millions est dailleurs éloquente.
Un tel projet est par ailleurs un prototype architectural qui nécessite une mise au point savante et peut aussi traverser divers aléas allant de lévolution des prix des matières premières à celle des normes en passant par les exigences de différentes commissions qui sont autant de facteurs susceptibles de faire évoluer les budgets au fil des ans. Ceci conduit à sinterroger sur la responsabilité des commanditaires dun ouvrage lors du chiffrage initial. A cet égard, la France sest longtemps illustré par une véritable culture de la maîtrise douvrage publique dont les grands projets du président Mitterrand furent le porte étendard dans les années 80. Au nom dune politique darchitecture publique ambitieuse, les architectes et leurs concepts étaient respectées et les arbitrages faisaient lobjet dun dialogue avec de grands maîtres douvrage. Si le lancement des projets prévalait alors souvent sur la juste évaluation de leur prix initial, les moyens étaient ensuite ajustés. Depuis que les moyens économiques se sont raréfiés, des difficultés perdurent dans lévaluation du coût des projets encore trop souvent sous-estimés mais désormais, toute dérive des coûts suscite des critiques. Dans un pays dont les groupes de BTP sont dans le peloton de tête mondial, nest-il pas alors plus facile dimputer ces critiques à larchitecte plus quà dautres acteurs de la construction ? Sil est difficile de répondre sans une analyse précise des coûts de la Philharmonie et de leur répartition, on peut se demander si des relations plus sereines entre la maîtrise douvrage, larchitecte et les entreprises nauraient pas débouché sur des solutions plus concertées au profit de luvre, de son économie, des usages et de sa pérennité. Souhaitons en tout cas que dici quelques mois larchitecture du nouveau prototype parisien résonne enfin de tout son éclat.