BOLOGNA. Le vicende dellUrban Center ebbero inizio con un progetto che non aveva ancora questo nome e che, rispetto alla complessità della comunicazione odierna sulle scelte urbanistiche della città, era evidentemente più acerbo. Non così la sua architettura. Interamente in vetro, cristallina rispetto alla massa tettonica di palazzo Re Enzo che la fronteggiava, nella tradizione cittadina fu di rottura al pari dellamministrazione che la propose: la prima di centrodestra in 50 anni di governo delle sinistre. Così, quando la meteora Sergio Cofferati, nel 2004, riconquistò la città, fu facile scambiare lopera per una bandiera, e le gocce dallo studio di Mario Cucinella vennero spedite (letteralmente) al Cimitero, senza peraltro mai esservi reinstallate. Non si trattava però di un Urban-Center. Le gocce erano la parte emersa di eBo-Esposizione Bologna, padiglione informativo sui progetti della città che underground celava negli ex sottopassi di via Rizzoli (attivi dal 1960 al 2000) un percorso illustrativo delle trasformazioni urbane.
Se oggi Giovanni Ginocchini (attuale direttore di Urban Center Bologna) afferma che il ruolo di un urban center si dovrebbe cogliere nella triplice metafora di megafono – antenna – arena, il padiglione e_Bo non assolveva che al primo riferimento, anche per limpossibilità normativa di prevedere una presenza continuativa di persone in spazi interrati e ciechi: per quanto futuristiche le gocce di Cucinella erano quindi anticamera a spazi senza futuro. Ciò anche per i cambiamenti dei quali stava per essere oggetto lidentità stessa dellUrban Center: da spazio espositivo a laboratorio di partecipazione e confronto tra gli attori urbani.
Così, mentre la rimozione delle Gocce ha lasciato nuda e inutile una scala con parapetti in vetro multistrato ad aprire un varco in una piazza di porfido verso la porta sempre chiusa di un locale interrato, dal 2008 lUrban Center ha trovato – lì vicino in piazza del Nettuno – la sua collocazione nel secondo ballatoio di Sala Borsa, godendo di una superficie di circa 900 mq, abbondante luminosità naturale e quel senso di ampiezza che conferisce laffaccio sulla corte coperta di uno dei contenitori più affascinanti della città e condensatore della sua stratigrafia: dalletà romana, alla nascita delleconomia moderna in vetro e ghisa (1883-86).
La collaborazione con le strutture pubbliche che condividono lo spazio di SalaBorsa amplifica la ricettività dellUrban Center, che può espandersi nellauditorium Biagi (sala coperta al piano interrato, con pitture e decorazioni, forse opera di Edoardo Collamarini, 1924) o nel parterre dellaula coperta, con i suoi 1.200.000 accessi annui censiti. Di questi, un 10% sale le scale, trovando, al secondo ballatoio, la sede stabile dellUrban Center, recentemente riallestita dagli studi Redesign Comunicazione e RP Studio Architetti Associati per un totale di 165.000 euro, comprensivi di un plastico a grandi dimensioni dellarea metropolitana, realizzato dai laboratori del Dipartimento di Architettura dell’Università – sede di Cesena. Qui vengono proiettati come successivi layers i temi di interesse, le aree di prossima trasformazione urbana, i nuovi innesti della viabilità e persino quel people mover che ci si aspetterebbe di trovare già belle pronto sulla sua monorotaia dopo che i lavori erano stati annunciati per il 2010 e i primi passeggeri si aspettavano già per il 2013
Certamente ci si sporge sulla città con uno sguardo ottimistico, afferma Ginocchini; si intende mettere in luce una visione della città e non tanto, e non sempre, quanto si riesce a realizzare. Ma se un tempo lo strumento del progetto urbano era lonnicomprensivo disegno regolatore, oggi esso si costruisce allintersezione tra strategie di lungo periodo e interventi localizzati, assumendo la città come sistema complesso di cui è impossibile un governo deterministico delle infinite variabili. Tra queste il ruolo dellUrban Center è quello di favorire o creare relazioni, indi per cui lente Urban Center Bologna – retto da un Comitato composto da alcuni tra gli enti e le istituzioni maggiormente coinvolti nelle trasformazioni della città e del territorio – è al centro di una rete di coinvolgimenti e collaborazioni per promuovere dibattiti, riflessioni e concorsi: come quello, alcuni mesi fa, per il Bologna City Branding (cfr. Il Giornale dellArchitettura, n. 117, primavera 2014).
Un rapporto particolare, naturalmente, quello con le scuole e specialmente con lUniversità che, oltre a gestire dei box per studio e ricerche di gruppo, a dicembre ha gestito negli spazi dedicati alle mostre temporanee ben due esposizioni: la prima tappa della mostra che si concluderà nel 2015 al Maxi (Roma) Pier Luigi Nervi: gli stadi per il calcio (a cura di Micaela Antonucci, Annalisa Trentin e Tomaso Trombetti; fino al 9 gennaio), e Carlo Doglio e Bologna negli anni del decentramento (a cura di Stefania Proli; fino al 9 gennaio). Ospitale agli esiti delle ricerche dellAteneo, lesplicito tentativo di Urban Center è promuovere con familiarità una cultura di comunità, ossia una coscienza politica attiva, per cittadini che non subiscano la città ma che la considerino piuttosto come il loro possibile campo d’azione. Da queste premesse, anche la mostra permanente rifugge ogni approccio museale per cercare linterazione con il visitatore, mediante schermi touch-screen e addirittura una bicicletta che, collocata su un rullo, muove in un video i paesaggi attraversati dalle piste ciclabili realizzate o in progetto.
La partecipazione è così tanto quella che si stimola nei processi di trasformazione urbana, quanto quella che si promuove con il carattere dellesposizione, in modo tale che se lUrban Center è spazio di profezia sulla città, questa non riguarda solo la prefigurazione dei suoi oggetti e dei suoi poli, ma soprattutto dei modi attraverso i quali tali trasformazioni possono essere discusse e condivise.
Sito web: www.urbancenterbologna.it
Gli altri Urban Center: giro d’Italia in 23 tappe (a cura di IsabellaLaura La Rocca)
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