VENEZIA. Primo evento nel suo genere, il convegno “La ricerca che cambia” organizzato dal 19 al 20 novembre scorso presso la Scuola di Dottorato dell’Università IUAV a Palazzo Badoer, fa il punto sullo stato di avanzamento della ricerca architettonica in Italia.
Premessa e sfondo del convegno – come recita il comunicato – le modificazioni normative del recente decreto ministeriale in materia di dottorati che hanno mutato totalmente il quadro di queste strutture. Si è tentato quindi di valutarne le ricadute sui prossimi anni e le prospettive che queste aprono (e spesso chiudono) nelle discipline del progetto.
L’iniziativa ha saputo farsi interprete dello spirito di comunità e raccogliere la richiesta di confronto avanzata su più fronti del mondo accademico, mettendo a sistema le conoscenze, le ricerche e le figure attraverso le diverse scuole che su temi a volte complementari si trovano a confrontarsi quotidianamente senza, troppo spesso, alcuna interazione in tempo reale.
Esiste infatti un desiderio di fare rete, ovvero si percepisce la necessità di un sistema coordinato e forse centralizzato in cui i ricercatori possano essere messi in condizione di lavorare al meglio ottimizzando i loro sforzi, in cui le scuole possano sentirsi parte di un sistema paese con un alto obiettivo comune e da questo declinare le proprie specializzazioni. Una rete per ora solo auspicata, lontana dall’essere strutturata e che difficilmente si vedrà la luce nonostante i buoni intenti degli organizzatori e degli intervenuti: difficile infatti immaginare che gli interessi frammentati nelle decine di scuole e sedi distaccate passino in secondo piano a vantaggio del coordinamento comune di una sola regia.
Il convegno è stato comunque un momento in cui si è cercato di operare una sintesi, seppur parziale, dei risultati, dei temi oggetto di ricerca, e dalla quale sono emersi obiettivi comuni e interessanti proposte per il futuro. Un’analisi basata sui dati forniti dallapprofondita ricerca portata avanti da Mauro Marzo e Lorenzo Fabian (cfr. documento riassuntivo allegato), con numeri impietosi e confronti sul territorio nazionale ed estero che mettono in evidenza problemi a volte noti e a volte assolutamente nuovi. Si va dal numero di scuole di architettura in Italia, al numero di studenti, dalle scuole dottorali agli ambiti di ricerca. Ambizioso obiettivo è quello di poter predisporre un grande database aggiornato in tempo reale dei lavori di ricerca in funzione dei soggetti e delle scuole che permetta un’ottimizzazione del lavoro e una migliore coscienza comune dell’avanzamento della disciplina. Una piattaforma che metta tutti in condizione d’interagire e di far progredire un settore troppo spesso costretto a fare meramente i conti con tagli e riduzioni di strumentazioni, nonchè con riforme che riscrivono se stesse.
Un quadro che, se osservato esclusivamente sotto questa prospettiva, può apparire sconsolante e che è evidentemente rappresentativo della crisi del sistema paese ma che, proprio negli intenti del convegno e della risposta che questo ha suscitato, conferma un fermento e un interesse che sono il simbolo di una resistenza culturale e intellettuale che, seppur da sola non sufficiente, fa ben sperare per il futuro.
Restano però dei limiti, ed è importante sottolineare le divergenze e i differenti punti di vista rispetto all’interpretazione dello stato odierno in cui versa la ricerca. Inoltre sono colpevolmente mancate le dovute e forse attese considerazioni (non si dica che non era questo il momento per farle) sul vero problema di fondo della ricerca e prima ancora dell’insegnamento dell’architettura in Italia: la proliferazione di scuole e facoltà, il moltiplicarsi di corsi e para-corsi che servono solo ad aggirare i limiti imposti dai test d’ingresso. Davanti a queste divergenze sullanalisi della situazione, è difficile attendersi convergenze su un progetto comune di crescita. Una volta di più, ne emergono i campanilismi, gli orientamenti di scuola (a volte interessati) e le posizioni preconcette.
Ma proprio rispetto a un siffatto panorama istituzionale e disciplinare emerge la bontà dell’iniziativa messa in piedi dalla scuola di dottorato dello IUAV che ha avuto se non altro il merito di far aprire gli occhi sui problemi ma anche di permettere a giovani ambiziosi ricercatori di condividere preoccupazioni, questioni, conoscenze sentendosi finalmente parte di una comunità. Di fronte alla gran mole di paper ricevuti è stato predisposto un imponente, anche se certamente perfettibile, sistema di valutazione e selezione anonimo e altamente qualificato, al fine di consentire la più coerente aderenza alle parole chiave proposte. Da parte di chi scrive, ricercatore e relatore tra gli altri in occasione del convegno, non può che venire l’auspicio che non si tratti di un esperimento concluso, quanto piuttosto di un sistema coordinato che, magari sotto forma di appuntamento itinerante, possa annualmente (o forse con cadenze più ampie) fare il punto e riorganizzare il suo percorso e i suoi obiettivi.
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