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Rachele MichinelliWritten by: Professione e Formazione

Nuovi spazi per un lavoro smart: il punto in una panoramica internazionale

Nuovi spazi per un lavoro smart: il punto in una panoramica internazionale

E’ ormai un’idea condivisa che l’ambiente di lavoro incida in modo decisivo sull’efficienza e sul benessere dei lavoratori

; nello specifico delle realtà aziendali, esso può notevolmente migliorare quella dei knowledge workers, i cosiddetti lavoratori della conoscenza.
Secondo questo principio, molte società stanno rinnovando e ristrutturando le proprie sedi, anche alla luce di una serie di fenomeni di eccezionale portata che negli ultimi anni hanno radicalmente modificato le dinamiche lavorative: gli effetti della globalizzazione, le conseguenze della crisi economica e l’utilizzo sempre più diffuso delle tecnologie avanzate.
Scompare così la vecchia concezione della postazione fissa, dei lunghi corridoi scanditi da celle-ufficio e delle tonalità grigio neutro che caratterizzavano molte pareti interne; per alcuni lavoratori scompare addirittura l’obbligo del timbro del cartellino, momento topico dell’immaginario collettivo che sembra ormai un retaggio dell’obsoleta mentalità fordista.
Oggi molte corporates parlano di smart working, intendendo con questa espressione un approccio al lavoro mirato a una maggiore responsabilizzazione e autonomia dei lavoratori nella gestione delle proprie mansioni, e soprattutto focalizzato al conseguimento dei risultati; le nuove strategie aziendali, infatti, visto quanto insegnato dalla crisi, non possono più aderire a modelli rigidi di organizzazione, né permettersi costi aggiuntivi per il mantenimento di spazi obsoleti o non adeguati alle sopravvenute esigenze.
Di conseguenza, i workplace devono raggiungere un elevato livello di funzionalità e comfort in modo da facilitare i risultati attesi; per questo motivo, all’interno di essi, gli ambienti sono appositamente studiati a seconda del tipo di attività da svolgersi e, a differenza di quanto succedeva in passato con il modello dell’ufficio cellulare e ripetitivo, ogni dispositivo spaziale risponde a specifiche necessità di lavoro. Il nuovo assetto spaziale, caratterizzato da grande varietà di ambienti e da maggiore dinamicità degli impiegati nel loro utilizzo, favorisce l’interazione fra i knowledge workers, garantendone allo stesso tempo condivisione di competenze e socializzazione. In questa logica rientra anche la realizzazione di aree destinate a servizi aggiuntivi per l’intrattenimento e il relax, elementi che possono contribuire alla crescita di dedizione alla filosofia aziendale.
Nella tendenza generale di riassetto degli spazi destinati al lavoro, le aziende della net economy, in totale espansione economica e in controtendenza rispetto al trend generale, sono state di riferimento, soprattutto per la messa a punto di modelli spaziali atipici. All’interno di esse, infatti, sono emerse soluzioni progettuali originali soprattutto grazie alla particolare tipologia di lavoratori a cui sono destinate, ovvero giovani creativi con orari di permanenza aziendali continui e flessibili. Queste imprese, diventate colossi finanziari come ad esempio Facebook, Microsoft o Google, sono state pioniere di sperimentazione e hanno per la prima volta introdotto il concetto di spazio lavorativo informale
Per questo motivo, all’interno delle aree di lavoro, gli impiegati possono spostarsi in skateboard o in bicicletta, passare da un piano all’altro tramite scivoli, lavorare semisdraiati in apposite chaise longue o seduti in comodi divani, come succede ad esempio nella sede della Cisco di San Francisco, disegnata da Studio O+A di Los Angeles, lo stesso studio che si è occupato della progettazione del quartier generale di Facebook. Nei nuovi uffici Cisco, risultati dalla fusione con Meraki, gli impiegati sono stati addirittura invitati, tramite interviste preliminari, a esprimere i propri desiderata in merito all’edificio da ristrutturare e, in seguito al rinnovamento, possono partecipare attivamente allo spostamento di oggetti e arredi.
Grazie alla grande dimestichezza nell’utilizzo di sistemi informatici, tali aziende sviluppano anche indagini dettagliate sulla struttura delle proprie risorse umane, per capire quale possa esserne l’ambiente ideale, a livello fisico, virtuale e sociale. E’ il caso di Microsoft che, nello studio Work Place Advantage Concept, ha definito delle linee guida per customizzare gli ambienti a seconda delle tipologie di lavoratori a cui sono destinati; nel documento sono definiti cinque categorie di impiegati, dal cosiddetto Residential che trascorre la maggior parte del proprio tempo in sede, al Nomad che invece raramente lavora in ufficio. Questi criteri sono stati applicati anche per il rinnovamento della sede di Vienna in cui, oltre a dispositivi spaziali specifici per le attività lavorative, ne compaiono altri decisamente atipici concentrati in un volume pluripiano che rappresenta il cuore dell’edificio: fra questi il Think Tank, area destinata al relax, il TV corner e una serie di ambienti destinati a lounge.
Potrebbe sorprendere come nell’era della tecnologia della comunicazione sia davvero pressante la necessità di promuovere il massimo contatto possibile fra i dipendenti, tramite la realizzazione di vari spazi di relazione quali sale riunioni di ogni tipo, aree ristoro, caffetterie, sale conferenze, anfiteatri informali etc.; una riflessione più attenta svela, invece, come questa iniziativa sia volta a contrastare il pericoloso effetto di alienazione e isolamento che può produrre l’utilizzo continuo di apparati tecnologici. Il campus Google di Londra dimostra come su questo imperativo siano previste addirittura sedi speciali. Nell’edificio di sette piani nel centro della capitale del Regno Unito, Google ha realizzato un ambiente dedicato al coworking delle start up; un container rosso posizionato al centro di una delle aree lavoro rappresenta quasi un monito alla circolazione delle informazioni in modo universale. Nella sede Google di Tokyo, invece, è visibile come questa corporate globale cerchi d’inserirsi nella cultura locale. Il progettista ha tradotto questa specifica richiesta introducendo, negli ambienti interni, gli elementi caratteristici del paesaggio urbano, come ad esempio lo Yatai il tipico chiosco alimentare, o il Sento, il mattone delle residenze tradizionali. Questa scelta progettuale soddisfa al contempo la necessità di costituire un sistema facilmente riconoscibile dai numerosi visitatori esterni.
Le declinazioni progettuali del brand aziendale rappresentano in ogni caso una costante in quasi tutte le realizzazioni, considerando anche l’obiettivo non secondario d’incentivare fra i dipendenti il senso di appartenenza. Nella sede della Coca Cola di Berlino i colori della famosa marca diventano addirittura motivo di facciata e contribuiscono a sottolineare l’effetto landmark del nuovo edificio. Allo stesso modo, la sede svizzera di Unilever, multinazionale che ingloba molte marche note, è un contenitore multicolore in cui le aree sono suddivise in quattro tipologie a seconda dell’attività di gestione dei vari brand. Anche i colori dell’olandese gruppo Corio, leader nel settore retail, sono motivo ricorrente nei rivestimenti e negli arredi della sede madrilena, ricavata all’interno di un ex cinema.
In modo inatteso, i nuovi modelli di spazi aziendali sono stati adottati anche da enti bancari: ecco come la nuova sede della Swedbank, uno scrigno trasparente aperto al contesto urbano, lasci intravedere al suo interno i coloratissimi ambienti di lavoro. In Italia è invece da segnalare il caso Unicredit che, oltre alla recente inaugurazione della nuova sede di Milano, ha avviato a partire dal 2008 un percorso di avvicinamento a una nuova concezione degli spazi di lavoro per la trasformazione di alcune sedi del proprio gruppo. Il processo verrà applicato entro il 2015 anche a tutto l’headquarters milanese e comporterà anche l’adesione a nuovi stili di leadership.
La panoramica internazionale delle realizzazioni selezionate dimostra come questa rivoluzione di sistema sia diffusa a livello globale e come la preoccupazione di molte aziende sia proprio quella di garantire un’adeguata risposta alle nuove modalità di lavoro. Le soluzioni scelte, per certi aspetti ancora sperimentali, sottolineano comunque l’importanza di questi ambienti in cui le persone trascorrono ancora gran parte della propria vita.

Autore

  • Rachele Michinelli

    Laureata in Architettura a Ferrara nel 2002, dal 2001 al 2003 lavora a Parigi. Nel 2007 è visiting professor all’Universidad Nacional de Colombia di Bogotà. Nel 2009 consegue il dottorato presso il Politecnico di Torino. Dal 2006 collabora con Il Giornale dell’Architettura. Dal 2013 al 2015 è docente a contratto presso il Politecnico di Torino, nell’a.a. 2016/17 tutor presso l’Alta Scuola Politecnica dei Politecnici di Milano e Torino. Dopo una decennale esperienza come project manager e consulente alla direzione presso Studio Rolla per la gestione d'importanti trasformazioni urbane, fra cui il nuovo stadio della Juventus a Torino, nel 2018 fonda il proprio studio Viadelpino a Genova, occupandosi principalmente di consulenze procedurali e tecnico amministrative

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Last modified: 30 Giugno 2015