VENEZIA. Grazie all’accordo firmato fra la Biennale e il Ministero del Commercio estero e del Turismo (Mincetur) assieme alla Fondazione Wiese, si è ottenuto il diritto di ospitalità per un periodo di ventanni di uno spazio esclusivo allinterno di un edificio restaurato nellArsenale. Lorganizzazione della mostra, dal titolo «In/Formal», è stata finanziata dalla Fondazione Wiese e dal quotidiano peruviano El Comercio.
Incontriamo gli architetti Josè Orrego e Sharif Kahatt, rispettivamente commissario e curatore del padiglione nazionale. Urban encounters for the next 100.
Qual è la vostra visione per i prossimi 100 anni?
«La nostra mostra si concentra sul fatto costruito e sullesperienza di abitare lurbanità. Si cerca di esporre le idee sviluppate nelledilizia urbana come prodotto culturale di una società in un processo di modernizzazione. Intendiamo valorizzare il lavoro degli architetti peruviani, nel riscattare una cultura architettonica esistente capace di assorbire e appropriarsi delle idee moderne per produrre unurbanità propria».
Di fronte a questo boom economico senza precedenti, come si vede il Perù rispetto ai vicini paesi latinoamericani?
«Crediamo che il Perù attraversi una situazione economica unica che gli permette di cominciare a promuovere opere pubbliche per la società. Case popolari, arredo urbano, infrastrutture, sviluppo sociale, sono i vari campi che necessitano di nuovi interventi. Per questo, principalmente, abbiamo bisogno di un progetto di nazione e volontà politica. Ora il Perù ha la congiuntura ideale per cominciare a produrre progetti urbani e architettonici che si avvicinino alle aspirazioni sociali dei suoi abitanti e che migliorino la qualità di vita di tutti i peruviani».