La ricerca presentata nel padiglione austriaco (intitolata Plenum. Places of Power e curata da Christian Kühn e Harald Trapp), paragona 196 edifici parlamentari di altrettante nazioni. Partendo dalla considerazione che lidea della legittimazione democratica del potere è estesa in tutto il mondo, tanto che nessuna nazione può fare a meno di un edificio rappresentativo dellassemblea popolare (nella peggiore delle ipotesi, almeno nominalmente), ci si pone la questione se esista un filo conduttore che li accomuni.
Sulle pareti del padiglione, a mo di bassorilievi, monumenti che diventano ornamento, i modelli degli edifici (realizzati dagli studenti dellUniversità tecnologica di Vienna, in scala 1:500, quindi senza dettagli, bianchi su sfondo bianco), si susseguono senza soluzione di continuità. Dai minuscoli edifici polinesiani allarticolato esempio thailandese, gli edifici, la maggior parte dei quali edificati durante il XX secolo, visualizzano sinteticamente paradigmi culturali e linguaggi architettonici nazionalisti. E sembra essere proprio questo il filo conduttore che li accomuna; la sempre diversa risposta architettonica alla medesima domanda: la rappresentanza.
Supplemento della ricerca (sotto forma di immagini su schermo), la ricostruzione storica delledificio del parlamento austriaco, nonché il progetto per il nuovo parlamento albanese e per il centro conferenze della città cinese di Dalian (entrambi di CoopHimmelb(l)au), esempi dei cambiamenti della società attraverso larchitettura, nonché uninstallazione audio nel giardino che riprende le voci del popolo (urlate o sommesse a seconda dei casi) nei parlamenti stessi.
Un catalogo in forma di campionario colori raccoglie sinteticamente dati demografici e informazioni tecniche di nazioni ed edifici.
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