«Crows Eye View: The Korean Peninsula» vince il Leone dOro per la miglior Partecipazione Nazionale alla 14. Biennale di Architettura di Venezia. La giuria premia «una ricerca che supera i confini dell’architettura e guarda alla realtà geopolitica». Con un titolo ispirato allomonimo poema di Yi Sang, lesposizione restituisce i paesaggi culturali e le storie urbane di Pyongyang e Seoul, i due principali centri coreani. Nelle sei sezioni di allestimento le evoluzioni delle due città si confrontano sulla linea del tempo: il punto zero è il 1945, la tabula rasa sono i bombardamenti bellici e il tema della Ricostruzione regge la trama filmica di due percorsi drammaticamente divergenti. La lettura del visitatore non è unitaria e conciliante, ma frammentata e inevitabilmente parziale: video interviste, disegni, riviste, foto e diagrammi documentano un terreno di radici comuni, poi diviso a metà.
Seoul si trasforma in metropoli ibrida, che fagocita linguaggi indifferenti alla memoria e insegue unidea di modernità consumistica occidentale («Reconstructing life» evidenzia come la città storica sia progressivamente annullata eliminando l’uso informale dello spazio pubblico). Pyongyang persegue il mito della città socialista con rimandi espliciti alla pianificazione sovietica («Utopian Tour» lo evidenzia in una raccolta di istantanee della città e locandine della propaganda politica populista). Oltre la diversità tra due mondi, oltre una prima facile lettura dello spazio urbano, il visitatore è condotto tramite l’architettura alle origini culturali comuni che nonostante tutto permangono: le modalità abitative caratterizzate da un’alta densità e una certa idea di monumentalità (analizzata nelle due sezioni sul «Monumental State»).
Il limite è nello sguardo stesso, nelle analisi elaborate esclusivamente dalla Corea del Sud, come ci racconta Marco Bruno (MOTOElastico, curatore insieme a Simone Carena delle sotto-sezioni Borrowed City Glips e Inflatables ): il commissario e curatore del padiglione, Minsuk Cho, avrebbe voluto coinvolgere in un ruolo attivo la Corea del Nord, con l’aspirazione di usare questa occasione per riunificare almeno virtualmente i due paesi in un evento culturale di rilevanza internazionale
ma il call for project da lui inviato non ha mai ricevuto risposta oltre frontiera, arenandosi forse in quel terzo paesaggio di attori istituzionali e non, burocrazie e soggetti economici, visualizzato come scheda integrata nellimpressionante actor map of korea (sezione «Boundaries»).
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