ROMA. Si potrebbe eccepire che non è una priorità; che – in testa la struttura per il nuoto su progetto di Santiago Calatrava a Tor Vergata – con tante opere pubbliche incompiute si potrebbe pensare a concludere quelle; che sorge a Tor di Valle in prossimità del Tevere in un’area a rischio esondazione; che consuma nuovo suolo (ma dal Campidoglio assicurano che l’area è già urbanizzata, salvo poi temere che le opere infrastrutturali non vengano concluse in tempo). Tuttavia, l’iniziativa è privata e dunque di fronte ai soldoni (americani) non si può certo fare gli schizzinosi, di questi tempi. Ma, arrestandosi allo specifico del dibattito architettonico, il progetto per lo stadio di prorietà della AS Roma Calcio (300 milioni previsti per 52.000 posti) sorprende per l’ingenuità con cui viene riproposto il fatale modello del Colosseo, assunto peraltro nella sua configurazione “moderna”, ovvero dopo le menomazioni e gli ottocenteschi restauri “in stile”, con tanto di rivisitazione dell’anello esterno interrotto quale velario (in pietra, ovviamente!). Il Colosseo, sotto il fascismo, aveva ispirato la versione quadrata nel Palazzo della civiltà italiana all’Eur quale landmark dell’inattuata Esposizione universale del 1942, mentre non in molti l’avevano considerato per la realizzazione degli impianti olimpici per i Giochi del 1960. Ora, tuttavia, nel caso in cui i club calcistici che risiedono in una città con anfiteatro romano volesso costruirsi uno stadio tutto loro, per trarre ispirazione non dovranno guardare lontanto: buon per Hellas Verona, Lucchese o, in Francia, Arles e Nîmes, o Pola in Croazia, solo per fare qualche nome. James Pallotta, presidente statunitense della squadra giallorossa, ha così commentato: “I nostri rivali avranno paura a giocare davanti al muro della curva Sud” (immaginata come volume a se stante, dalle gradinate scoscese. L’architettura è sempre pedagogia dello spazio: “Hic sunt leones” (forse ancor più che in campo).
Il nuovo Colosseo per i gladiatori di Roma
