Leggo sul sito web del Giornale dellArchitettura (www.ilgiornaledellarchitettura.com) lintervento del professor Gasparrini sul tema di Via dei Fori Imperiali e con tutte le migliori intenzioni faccio veramente fatica a capire come il mantenimento della strada possa risultare
pienamente compatibile con un approccio alla valorizzazione delle vicende urbane storiche che sappia fare i conti, senza moralismi e preconcetti, con la necessaria compresenza dellintero palinsesto delle tracce di età antica, medievale e moderna.
Ho studiato a lungo con mio padre negli anni ottanta e novanta questi luoghi per conto della Soprintendenza Archeologica di Roma, soffermandomi sulle intenzioni e gli effetti degli interventi di epoca fascista, per giungere alla conclusione che non cera allora nessun disegno lungimirante, ma invece tanta ignoranza e approssimazione.
Lintento di celebrare lera fascista nel Ventennio si è manifestato attraverso la creazione di enormi arterie stradali; tra Piazza Venezia e il Colosseo, ma anche verso la Passeggiata archeologica (Via del Mare), tra il Colosseo e ledificio della FAO, ecc.; ha proseguito la stagione delle trasformazioni conseguenti allUnità e più avanti delle celebrazioni militari culminata col monumento a Vittorio Emanuele e il parziale sventramento del principale colle capitolino. Ma tutto ciò è avvenuto sbrigativamente, rozzamente, senza la minima attenzione per le complesse stratificazioni di una città pluri-millenaria e senza nemmeno tenere in conto lorografia dei luoghi; ciò che è ragione fondativa della città di Roma stessa (cfr. Leonardo Benevolo e altri, Studio per la sistemazione dellarea archeologica centrale, De Luca editore, 1985).
Via dei Fori Imperiali ad esempio non solo traversa in diagonale a 7-8 metri di altezza i diversi recinti dei Fori Imperiali scampati come il Foro alla crescita della successiva città medioevale; ne impedisce la percezione esatta e addirittura cancella degli elementi geografici del paesaggio naturale preesistenti allinfrastrutturazione antica. Elementi senza i quali non si capisce la natura monumentale dellarea archeologica; elementi senza i quali la stessa posizione del Colosseo diventa misteriosa. Mi riferisco ad esempio alla collina della Velia, spianata dalla strada per permettere la visione del monumento di Roma antica più famoso da Piazza Venezia, che a tuttoggi impedisce di leggere il suo genius loci, ossia un anfiteatro sorto nel punto più basso di un catino allintersezione di diversi rilievi (Palatino, Oppio, Celio e, appunto, Velia).
Il tema della cancellazione della strada dunque è una posizione culturale che non ha bisogno di trovare radici in risarcimenti o contrapposizioni ideologiche. Ha giustificazioni molto più semplici, dirette e solide. Rintracciabili addirittura in una planimetria quotata dellarea.
Non basta una ragguardevole distanza temporale da determinati accadimenti per far rientrare tutto nel polveroso faldone della storia. Ci sono delle fasi nella trasformazione dei luoghi in cui si è operato con la pervicace intenzione di manomettere, distruggere e fuorviare e che non possono essere genericamente ricondotte a una sequenza naturale dei fatti storici. È un compito possibile del nostro tempo riconoscere queste situazioni e intervenire di conseguenza.
Brescia, 18 febbraio 2014
Alessandro Benevolo
Studio Architetti Benevolo