Lisbona. Come regalo per il suo ottantasettesimo compleanno, Jùlio Pomar ha ricevuto finalmente, con dodici anni di ritardo, le chiavi del suo nuovo atelier-museo, progettato dallamico Àlvaro Siza. Nato a Lisbona, Pomar è uno degli artisti portoghesi più importanti a livello internazionale, con un corollario di opere che vanno dalla pittura, alla scultura, oltre a disegni, illustrazioni, collage, ceramiche, tappezzerie e scenografie, senza dimenticare lattività di scrittore e poeta, con un forte legame tra arte e letteratura. Frequentò la scuola di Belle arti a Lisbona (1942-44), poi quella di Porto: insegnava quando Salazar lo espulse a causa di un suo ritratto a Norton de Matos. Realizzò la sua prima esposizione giovanissimo nel 1944, e dopo la guerra il suo lavoro fu influenzato da neorealisti come il pittore brasiliano Candido Torquato Portinari e il messicano Diego Rivera, che lo ispirarono a utilizzare larte come strumento dintervento socio-politico: Pomar infatti, forte oppositore del regime salazarista, partecipò ai movimenti di opposizione e alle lotte studentesche, episodi riflessi di un attivismo politico che ritroviamo nelle sue opere.
I lavori per latelier-museo, dalla prima idea nata nel 2000, sono durati dodici anni, a conferma di come purtroppo larchitettura sia (troppo spesso oramai) soggetta ai tempi della burocrazia. Con 900.000 euro investiti dalla Municipalità e dalla Fundação Júlio Pomar, il museo ospita da aprile più di 400 opere. In una strettissima quanto caratteristica via del quartiere di Mercês (rua Vale), di fronte allabitazione dellartista e a due passi dalla maestosa chiesa di Nossa Senhora de Jesus, un vecchio magazzino del XVII secolo in rovina è stato trasformato in spazio museale. Unopera «invisibile», quella di Siza, che lui stesso racconta avrebbe voluto ancor più silenziosa, ripulita da tutti quei terribili orpelli, «meccanismi necessari oggi per rispettare la legislazione»: perché da subito la sua intenzione era che chi camminava in strada non notasse lintervento. Tutto è stato pensato per non «disturbare» lesterno, ma anche per minimizzare i segni architettonici allinterno, in quanto a dominare devono essere le opere accolte. Dellantico magazzino sono state mantenute le parti strutturali e la copertura: la grande facciata bianca ripete il ritmo delle finestre esistenti e sfrutta lottima illuminazione naturale per linterno. Il pubblico entra attraverso un patio che conduce a un ingresso domestico: da qui il grande vuoto, un corpo centrale con un secondo livello soppalcato che costituisce lo spazio espositivo e lateralmente, quasi nascosti, magazzini, servizi e uffici, con un piccolo auditorium da 60 posti. Lobiettivo dellatelier-museo, diretto da Sara Antónia Matos, è non solo quello di conservare e divulgare lopera del maestro, ma anche di trasformarlo in uno spazio di discussione critica e di accoglienza per altri artisti.
Unaltra lezione di sensibilità, quella di Siza, che Pomar omaggia definendolo «il meno fantasista degli architetti che conosco». Daltronde, larchitetto portoghese è consapevole (data anche la durata dei lavori e le varie difficoltà sopravvenute) che rendersi invisibili richiede un progetto persino più complesso: ma in un mondo stridente di rumore, a volte è bene ricordarsi quanto sia necessario fare silenzio.
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