Torino. Finalmente, a quasi ventanni di distanza dallapprovazione del Prg di Gregotti e Cagnardi che aveva prefigurato il volto della nuova città, si possono vedere i primi esiti della grande trasformazione infrastrutturale e urbana connessa alla realizzazione del Passante ferroviario. Il 9 dicembre scorso, in concomitanza con lentrata in vigore dellorario invernale di Trenitalia, ha preso avvio il Servizio ferroviario metropolitano (Sfm) che utilizza le tracce delle vecchie linee puntate radiocentricamente su Torino per servire tramite il treno lintero territorio metropolitano e buona parte di quello provinciale. Se infatti le trasformazioni connesse al recupero delle grandi aree industriali dismesse (le famose «spine») potevano dirsi sostanzialmente compiute già verso la fine dello scorso decennio, più complessa appariva invece essere la partita infrastrutturale, con la titanica opera del Passante che, anche in virtù di radicali modifiche del progetto intervenute in corso dopera (ad esempio il passaggio in tunnel sotto il letto del fiume Dora al posto delliniziale attraversamento in rilevato), ha subito notevoli incrementi di costi e dei tempi di realizzazione.
Ma il momento dellinaugurazione del Sfm è finalmente giunto. Cinque linee di ferrovia metropolitana che forse permetteranno, nel corso del futuro, di far perdere a Torino il triste primato di capitale delle polveri fini, generate soprattutto dal traffico automobilistico delle decine di migliaia di city users che ogni giorno vi affluiscono. Ma lSfm rappresenta in potenza anche molto di più: la possibilità di costruire un governo urbanistico della città metropolitana «nei fatti», muovendo dal telaio del ferro per ripensare mobilità e nuove configurazioni del territorio urbano. Cè però anche il rovescio della medaglia: il Sfm entra in esercizio a pochi mesi di distanza dalla chiusura di diverse linee ferroviarie storiche, soprattutto in aree montane o periferiche, sostituite da servizi su gomma, apparentemente più economici. Una scelta forse non proprio lungimirante, connessa al business economico ed elettorale della gestione delle autolinee locali, che però potrebbe essere rimessa in parte in discussione proprio dalla volontà di estendere il Sfm allintero spazio regionale.
La realizzazione del Passante e lavvio del Sfm trovano però riscontro anche sul piano fisico e architettonico, e non solamente su quello della pianificazione. Sempre il 9 dicembre è stata infatti inaugurata una parte rilevante della lunga galleria in acciaio e vetro della nuova stazione di Torino Porta Susa, progettata dalla società francese Arep con Silvio dAscia e Agostino Magnaghi a valle di un concorso internazionale vinto dal raggruppamento. Allesterno ledificio è praticamente terminato, e nel passaggio dai render alla realtà costruita questa sorta di bislungo drago vetrato (385 m di lunghezza, pari a un Tgv, con unaltezza che varia tra i 3 e i 12 m) sembra aver assunto un tono colloquiale e domestico, capace di caratterizzare positivamente il grande vuoto urbano in cui sorge. Incagliandosi nel suolo, il «drago» ha infatti reso maggiormente coglibile lenorme esplanade generata dal raddoppiarsi in questa zona della sezione del viale della «Spina centrale».
Questampia piazza longitudinale (vera e propria «centralità lineare», per rimanere al linguaggio del Piano di Gregotti e Cagnardi) è delimitata al contorno da una collezione di edifici alti: il grattacielo di Intesa San Paolo firmato Renzo Piano Building Workshop in corso di costruzione, certo, ma anche la torre per uffici e abitazioni realizzata da Bbpr nel 1959, il Palazzo Sip di Ottorino Aloisio (ora della Provincia) del 1966, gli uffici della Rai di Aldo Morbelli e Domenico Morelli, del 1968. Una spazialità inedita per Torino, valorizzata proprio dalla nuova stazione, rispetto alla quale forse mancano ancora delle chiavi interpretative collettive. Sarà interessante vedere se la nuova stazione sarà capace di offrire, una volta entrata totalmente in funzione, quella ricchezza spaziale fatta di salti di livello, «sfondati» verticali e trasversalità urbane promessa nel progetto. Certo che già oggi questarea è oggetto di una profonda metamorfosi innanzitutto in termini di spazialità e strutturazioni urbane, di usi e funzioni, proponendosi come il nuovo vero luogo centrale di Torino, anche se non ancora inscritto nellimmaginario collettivo.
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