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Written by: Design

Il bilancio dei Saloni 2012 secondo la stampa internazionale

Il bilancio dei Saloni 2012 secondo la stampa internazionale

Con 331.649 i visitatori e 2.700 espositori italiani e stranieri, si è chiusa la 51° edizione dei Saloni di Milano, divisi tra Salone internazionale del mobile, Salone internazionale del complemento d’arredo, SaloneSatellite, EuroCucina/Salone internazionale dei mobili per cucina e Salone internazionale del bagno. Un bilancio ancora una volta positivo che ha segnato un incremento del 3,5% degli operatori esteri del settore. In netta crescita anche la kermesse di eventi della «Milano Design Week», che si è confermata un appuntamento di grande richiamo mediatico.
Ecco come la stampa quotidiana internazionale ha presentato il grande circo dei Saloni e del FuoriSalone.
Un’anticipazione: la svolta tecno del Salone
[…] Non c’è da stupirsi che il designer britannico Jasper Morrison abbia proposto di ribattezzare il Salone del mobile «Salone del marketing». «Credo di essere stato stimolato dal lancio di una lavatrice», ha spiegato afflitto.
Per quanto «Salone del marketing» suoni tristemente accurato, quest’ultima incarnazione della fiera di Milano potrebbe benissimo chiamarsi «Salone della macchina», perché molte delle mostre a margine si concentreranno sulle nuove tecnologie industriali, in particolare sulla stampa 3D. Realizzando i singoli oggetti con straordinaria velocità e grande precisione, questo tipo di stampa consente di personalizzarli per ogni utente. Fa inoltre risparmiare denaro ed è più ecologica, perché produce meno materiale in eccesso e giacenze invendute rispetto ai processi produttivi tradizionali.
In settimana, a Milano, la rivista di design italiana «Domus» e il centro d’arte contemporanea belga Z33 hanno allestito mostre degli esperimenti di giovani designer alle prese con nuove forme di produzione. Alla mostra «Hacked», presso La Rinascente, altri lavori sperimentali: il gruppo di design giapponese Nendo con una nuova serie di oggetti stampati in 3D alla Galleria Nilufar. Il designer britannico Tom Dixon progetta di realizzare sedie e lampade su una linea di produzione digitale dal vivo, da regalare nel corso degli eventi che sta organizzando al Museo della Scienza e della tecnica.
I sistemi digitali come la stampa 3D sono stati accolti come il futuro della produzione industriale. Di recente, la rivista «The Economist» ha previsto che la stampa 3D sarà innovativa quanto lo fu l’invenzione della locomotiva a vapore e del transistor. Finora queste tecnologie sono state usate in via sperimentale, ma potrebbero dimostrarsi allettanti per i grandi produttori di mobili europei che dominano la fiera di Milano in un’epoca in cui, dopo svariati e penosi anni di recessione, sono ansiosi di reinventare il loro modello industriale.
I mercati ufficiali del settore in Europa e in America del Nord sono ancora lenti, ma quelli delle economie in espansione come Cina, India e Brasile sono in crescita. Invece di spedire mobili voluminosi in quei mercati lontani, i mobilieri europei potrebbero sfruttare le stampanti 3D – ormai più a buon mercato – per fabbricare prodotti «on demand» […].
Alice Rawsthorn, Milan’s Annual Furniture Fair Takes a Techno Turn, «The New York Times», 15 aprile
Il comfort contro la crisi
[…] Con la crisi che avanza, la ricerca della comodità è all’ordine del giorno. Largo, quindi, a divani imbottiti e soffici come piume, e lo stesso vale per le sedie da esterno (come la poltrona trasformabile «Drop» di Leonardo Perugi per Cerruti Baleri o a cuscinetti multipli di Ligne Roset). Sono molti i marchi che testimoniano questa tendenza, come le sedie modulari «Tassello» di Bottega Veneta, dai cuscini morbidi e spessi, una collezione sviluppata in collaborazione con Poltrona Frau. O come i divani «Borgos» di Terry Dwann per Driade, la poltrona «Garment» di Benjamin Hubert per Cappellini o la linea di poltrone e sofà di Luca Nichetto per Cassina. Questo giovane designer di 36 anni ha firmato numerose creazioni, tra le quali altre poltrone, più sobrie, ma che sposano anch’esse la tendenza del 2012 a favore del comfort («Lepel» per Casamania e «Wolfgang» per Fornasaria). La morbidezza dei materiali fa venire voglia di lasciarsi coccolare. Così ci si rilassa distesi comodamente sulla chaise longue «Biknit» di Patricia Urquiola per Moroso, e non si può evitare di rannicchiarsi piacevolmente sotto la coperta del pouf trasformabile dal grazioso nome «Collerette» di Casamania. 
I colori fluorescenti ritornano di moda, quasi uno sberleffo malizioso allo scetticismo. Si tratta in particolare dell’idea del marchio italiano Limonta che per la linea «Filofluo» sceglie colori come il fucsia, il giallo, il verde acido e il rosso. Dominanti sulle sedie, i tavoli e le stoviglie, i colori fluo ravvivano con tocchi discreti e sottilissimi la biancheria per la casa e per il letto che, con gusto più classico, punta sui toni del bianco.
Ma è sul piano della creazione che l’emozione ci sorprende, come di fronte all’atelier dei sogni pensato dai due designer Maurizio Galante e Tal Lancman per la boutique milanese Cerruti Baleri. Uno spazio in cui tutto si mescola, cose personali e oggetti del cuore, progetti e abbozzi dei loro lavori sotto forma di disegni, calcoli e schizzi di colore bianco su sfondo nero. E non mancano le loro ultime realizzazioni, come il pouf «Tattoo», con le venature dell’ametista, della malachite e del marmo di Carrara, reinventato in formato maxi con un’opzione modulabile: un piano circolare in acciaio zincato che permette al pouf di trasformarsi in un tavolino. Oppure la poltrona in stile Luigi XV in marmo di Carrara, la «Louis XV goes to Sparta», o le sontuose sedie «Luigina» nelle stesse tonalità… Insomma, uno stile per la casa che può ben definirsi design «di alta moda».
Mélina Gazsi, A Milan, Un design sage et confortable,
«Le Monde», 20 aprile
Dal lavoro artigianale al lavoro digitale
[…] Quest’anno, però, c’è stato un gruppo di designer alternativi che ha stravolto la logica tradizionale dell’evento. Si tratta degli smanettoni che sfidano i concetti di manifattura di lusso e mobili prodotti in serie, rubando le luci della ribalta a un migliaio di lanci di sedie appariscenti.
Alcuni si sono riuniti a Palazzo Clerici, a un tiro di schioppo dal Duomo, in una mostra dal titolo «The Future in the Making», curata dalla rivista di design italiana «Domus». Alla vista di quei designer accalcati intorno ai loro portatili in una sfarzosa ambientazione barocca veniva da pensare come sia decisamente plausibile che saranno loro a ereditare il pianeta. In questa mostra tutta dedicata ai mezzi di produzione alternativi ecco l’«Endless Robot» del designer olandese Dirk Vander Kooij, che stampa sedie fatte con la plastica riciclata dei frigoriferi. C’era anche una serie di mobili riuniti sotto il titolo «Autoprogettazione 2.0», un omaggio al progetto di Enzo Mari del 1974, in cui si svelava il design di alcuni pezzi d’arredo fai-da-te che la gente poteva montare con assi di legno e chiodi, solo che questi nuovi sono ovviamente gli equivalenti digitali open source realizzati con macchine tagliatrici computerizzate. Nella sala per banchetti affrescata c’era la «Thing-O-Matic» della MakerBot, un’economica stampante 3D che sfornava tartine digitali alla Nutella. Da anni le stampanti 3D vengono annunciate come una rivoluzione industriale, ma ora che si possono acquistare al prezzo di un buon portatile stanno finalmente diventando accessibili non solo per i designer professionisti, ma anche per gli appassionati. Questi metodi fai-da-te sovvertono il tradizionale rapporto triangolare fra designer, produttore e consumatore, perché adesso si può essere tutti e tre. […] Oltre a questi progressi tecnologici stanno emergendo nuovi modelli industriali, in particolare il sito di crowdfunding (finanziamento collettivo) Kickstarter, presente alla mostra. Se una semplicissima radio riesce a trovare un milione di dollari di finanziamento collettivo, i produttori tradizionali si vedranno rapidamente minare il loro controllo del mercato. L’aspetto che però mi ha colpito della mostra di «Domus» è stata la presentazione di una via alternativa per il design italiano. Il circuito stampato «Arduino» (il pezzo centrale del kit che usano tantissimi smanettoni e programmatori-designer) è stato realizzato dall’italiano Massimo Banzi, esperto di design dell’interazione. In realtà, stabilire la nazionalità non conta: niente potrebbe essere più lontano dallo spirito del design open source. Eppure quella di Banzi e dei suoi collaboratori, da lui resi gli eredi digitali di Mari, è un’intrigante storia alternativa di «design italiano», che propone altre strategie rispetto ai meri tentativi di rifilare sempre più divani di qualità ai cinesi e ai russi. In tutta Milano la tensione fra produzione in serie e autoproduzione, fra lavoro artigianale e lavoro digitale, era in primo piano […].
L’altra storia milanese di quest’anno è stata il revival del centro cittadino come punto focale degli eventi del FuoriSalone. Da molti anni, ormai, la città era scissa, con la sede principale della fiera decentrata nelle sale espositive di Rho e gli eventi a margine concentrati nelle ex zone industriali di Tortona e Lambrate. Quest’anno Tortona è stata un’ombra di se stessa. Le mostre migliori erano allestite nei sontuosi palazzi del centro il cui affitto, grazie alla recessione, è all’improvviso abbordabile. Oltre a «The Future in the Making» a Palazzo Clerici, i minimalisti giapponesi di Nendo hanno esibito i loro mobili (tutti sottili linee nere) sullo sfondo di Palazzo Visconti. La Galleria Nilufar ha invece esposto a Palazzo Garzanti gli arredi «Multithread» di Kram/Weisshaar, progettati per rivelare gli elementi portanti.
In una recensione del Salone del mobile di Milano è consuetudine riunire i prodotti migliori dell’anno e, oserei dire, le «nuove tendenze scottanti». Questo, però, non è stato un anno particolarmente significativo per i prodotti innovativi, poiché molte ditte hanno preferito andare sul sicuro o rispolverare vecchi classici. Perciò accettiamo il fatto che c’è una storia più avvincente da raccontare. La crescente ondata del design partecipativo, delle rapide tecniche di produzione e hacking (rimaneggiamento) comincia a sfidare l’ortodossia del design milanese, facendoci dimenticare i prodotti e inducendoci a pensare ai processi, perché le fiere del mobile del futuro non troppo lontano serviranno a esporre nuovi servizi e tecnologie, non soltanto oggetti.
Justin McGuirk, From handicraft to digicraft: Milan’s furniture fair looks to the future, «The Guardian», 23 aprile
In bilico tra la ragione e il sogno
Milano, la fiera del design, che inizia sempre con un ricevimento mondano, ha aperto flirtando con il grottesco in occasione della serata dedicata a Kartell. All’arrivo di Philippe Starck e di Lenny Kravitz – sì, ha rivestito la poltroncina Starck «Mademoiselle» di pelliccia!!! – innumerevoli iPad e iPhone, ormai moderne protesi per gli occhi, si sono levati per fotografare le due star inghiottite dalla folla.
Al Salone del mobile la tecnologia era ovunque, con un «bling-bling» continuo, una miriade di cavi elettrici, e l’iPad che figurava come «guest star», come nell’ultima lampada del marchio Flos, «D’E-light», disegnata dallo stesso Starck. Ma era anche il primo salone senza Berlusconi e sotto il regime di austerità di Mario Monti. In questo contesto di crisi, la manifestazione si è rivolta alla ricerca di nuovi modelli economici di produzione.
Cuscini. Tutte le grandi case produttrici di arredamento contemporaneo hanno dovuto contenere la loro ricerca sfrenata di novità. Al polo fieristico di Rho-Pero, le marche si sono concentrate sui loro punti di forza. Vitra ha presentato una riedizione delle icone di Jean Prouvé, Kartell ha esaminato la storia delle sue celebri sedie, Flos ha riacceso le sue lampade più famose. Mattiazzi invece si è fatto notare con l’impeccabile poltrona in legno «Medici», del tedesco Konstantin Grcic […]. Le novità erano rare e poltrone e divani cambiavano semplicemente colore o si equipaggiavano con eserciti di cuscini. I brasiliani Campana, ad esempio, hanno rinvigorito la poltrona «Cipria» di Edra con della pelliccia, rendendola più sofisticata.
In città, invece, nel FuoriSalone, dove si passa da palazzi a aree industriali dismesse, Kvadrat, la ditta danese di tessuti, ha riunito vari giovani designer internazionali che hanno progettato un’armoniosa serie di morbidi arredi tra cui spiccava la tenda yurta «Welcome», per Mermelada Estudio di Barcellona. Ikea, l’ambiziosa multinazionale svedese, ha presentato la sua collezione «PS 2012» (Post Scriptum) nel quartiere di Lambrate: in testa di gondola, la sedia in rete metallica colorata di Wiebke Braasch, prezzo 149 euro. Sawaya & Moroni hanno invece presentato la sedia «Meteo-Out» del 2011, semplice come un filo e progettata da William Sawaya, il quale ha anche firmato un modello nuovo, la «Feifei», in plastica e dalla linea più scultorea.
Do it yourself. Lungo le strade, ci si poteva imbattere nella leggerissima scarpa «Flyknit» di Nike, nella lattina di salsa di pomodoro Gran Ragu reinterpretata dal designer Stefano Giovannoni, o nella casa automobilistica Audi che ha partecipato alla messa a punto della «R8 Ultra Chair». Concepita da Clemens Weisshaar e Reed Kram, questa sedia sarà testata da 4.000 persone le cui morfologie verranno registrate al fine di arrivare a una seduta perfetta.
Ma in questo turbinio barocco, una questione, in particolare, emergeva ogni volta: quella del design autoprodotto. Questa tentazione del do it yourself, il fai da te, è già stata sperimentata nel 1974 dall’italiano Enzo Mari con «Autoprogettazione». Mari dava ai clienti dei progetti di mobili che chiunque avrebbe potuto realizzare usando tavole di legno standard. Alla Triennale i designer belgi hanno offerto un’ottima sintesi del nuovo contesto in cui quest’arte di sapersi arrangiare ritorna di moda: la crisi economica, la difesa dell’ambiente, internet e l’open source, la stampa digitale in 3D e la difesa di un nuovo artigianato in contrasto alla produzione industriale. Il tutto accompagnato da un desiderio di maggiore contatto umano come quello che si’instaura in queste piccole comunità di creatori […]. 
Anne-Marie Fèvre, Innovation. Le 51e Salon du meuble a oscillé entre raison pour les grandes marques et rêves d’autoproduction pour de nouveaux petits laboratoires, «Libération», 29 aprile.

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Last modified: 18 Luglio 2015